Testimonianze sul comunismo di Paolo Serini

Testimonianze sul comunismo Testimonianze sul comunismo A brevissima' distanza dall'edizione originale, è uscita, sotto il titolo Testimonianze sul comunismo (Milano, Edizioni di Comunità), la traduzione italiana del volume The God thatfailed («Il dio che è fallito »), nel quale Richard Crossman, deputato laborlsta e vicedirettore del noto settimanale The New 8tatesman and Nation, ha raccolto le testimonianze sul loro « viaggio verso 11 comunismo e sul loro ritorno » di sei intellettuali tra 1 più rappresentativi di oggi: Arthur Koestler, il nostro SiIone, il romanziere negro Richard Wrlght, André Glde, .11 giornalista americano Louis Fischer e 11 poeta Inglese Stephen Spender. Gli ultimi tre non fecero mai parte della gerarchia interna del Partito comunista (il Fischer anzi non fu nemmeno Iscritto al partito) e rimasero, per cosi dire, alla soglia di esso. Ma tutti e sei,, per un periodo più o meno lungo, aderirono al credo marxista, videro nel comunismo « una manifestazione del regno di Dio in terra e piegarono il loro ingegno a lavorare per il suo avvento », sino al giorno In cui, < scoperto l'abisso tra la propria visione di Dio e la realtà dello Stato comunista», se ne allontanarono, attraverso vicende e peripezie talora drammatiche. E valgoiiiiiniiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiHiiii ih iiiiiiiiiiiiiiuiii no, quindi, a simboleggiare 11 curriculum Ideale di molti esponentl della « Intelligenza » democratica dell'Occidènte negli anni tra il 1925 e il 1939. La vicenda di Glde è la più nota; quella di Silohe, la più ricca d'interesse politico, specie per noi italiani; ma la più patetica è quella del «povero negro » Wright, per il quale 11 distacco dal comunismo rappresentò una dolorosa tragedia (« Poiché — egli scrive — 10 sapevo nel mio cuore che mai più avrei potuto sentire la vita con quella chiara immediatezza, mal più avrei potuto esprimere una speranza cosi appassionata, mal più impegnare coel totalmente la mia fede »). Forse l'editore italiano avrebbe fatto bene a conservare al libro il suo titolo originario: 11 quale precisa meglio 11 significato che ebbero per gli scrittori sopra citati l'esperienza comunistica e l'esito deluslvo di essa. Tanto più che i saggi qui raccolti non costituiscono solamente delle testimonianze negative sul comunismo: «divinità che ha mancato » alla promessa di creare una società nuova nella quale «11 libero sviluppo di ciascuno sia la condizione del libero sviluppo di tutti ». Valgono altresì a illuminare la profonda crisi in cui s'è travagliata, nel periodo tra le due guerre (e si travaglia tuttora), la democrazia occidentale. Come osserva 11 Crossman nella sua Introduzione, nessuno può apprezzare 1 valori di quest'ultima più e meglio di chi sia passato attraverso l'esperienza comunistica. Ma, come 1 talenti della parabola evangellca, tali valori, se non vengono fatti fruttificare, • non tardano a perdere pregio e attrattiva. Se, dopo 11 '30, tanti uomini di cultura — per natura ed educazione gelosi della loro indipendenza e poco sensibili alle suggestioni del miti sociali — si volsero al comunismo e si piegarono ad accettarne la dura disciplina fu perchè avevano perduto la fiducia nella democrazia liberale e nella sua capacità, e volontà, di sconfiggere 11 fascismo e di adeguare se stessa ai propri principli. « La loro conversione fu frutto della disperazione ». Certo (osserva 11 Crossman), « oggi è facile vedere il carattere isterico di quella disperazione: il fascismo; in fin del conti, fu sconfitto senza l'abolizione delle libertà civili che 11 comunismo necessariamente richiede ». Ma la vicenda di quegli uomini vale anche oggi a « rammentarci la terribile solitudine degli antifascisti del la prima ora ». E, insieme, ad ammonirci che 11 richiamo ai principli di libertà ha efficacia e valore Bolo se essi non ven gano invocati a difesa o a pigra giustificazione dell'esistei! te, ma Intesi e attuati nella loro funzione liberatrice e rln novatrice. Come scrive lo Spender, ai termine del suo saggio (che di tutti è, Ideolo¬ gicamente, il più denso e persuasivo), «gli interessi del pochi che a questo ■ mondo si preoccupano dei valori di libertà debbono identificarsi con quelli del moltissimi che hanno bisogno di pane; altrimenti, la libertà sarà perduta». Tanto più che oggi, anche tra gli uomini di cultura, il senso della libertà s'è fortemente affievolito ed esercitano, Invece, una crescente attrattiva gli ideali della pianificazione « razionale » della società, del lavoro e della sicurezza per tutti e (come osserva 11 Crossman) di « un'attiva fratellanza di lotta, che implichi il sacrificio personale e la abolizione delle differenze di classe e di razza ». Ne offre un significativo esempio il caso di due patriarchi del laborismo, Sidney e Beatrice Webb: 11 cui nome resta legato alle origini del movimento « fabiano », alla fondazione j della London School of Economica e del New 8tatesman, a classiche opere sulle. Trade Unions e sull'amministrazione locale inglese. Costanti assertori del principio della necessità del gradualismo e dell'osservanza del metodo liberale nell'attuazione dell'Ideale socialista, 1 Webb, negli ultimi anni della loro vita, pur non convertendosi al comunismo, si fecero tuttavia convinti e attivi difensori, nel loro paese, del regime sovietico, del suo carattere democratico, delle sue conquiste materiali e della sua etica sociale che essi Illustrarono In una voluminosa opera, di cut è usclta in questi giorni la traduzione Italiana (Il comunismo sovietico: una nuova civiltd, Torino, Einaudi, due voli.). Non che non facessero esplicite critiche a molti aspetti del regi me staliniano: specie per quan to concerne la «plaga dell'ortodossia » e la repressione del pensiero Indipendente o, In un altro campo, i metodi usati nella « liquidazione » del (culolei. Ma, al di sopra d'ogni riserva di carattere liberale, c'era In loro la soddisfazione di vedere attuati, in un gran de paese, principli per 1 quali avevano combattuto per più di mezzo secolo: dall'abolizione del profitto e dalla pianifica zlone dell'economia al full employment, alla soppressione delle differenze di classe e di razza, alla diffusione dell'istruzione tra 11 popolo. Se alla loro opera (pubbli cata la prima volta nel 1935, ma ristampata con aggiunte e aggiornamenti nel '37 e nel '42) si chiederebbe Invano una soddisfacente risposta agli interrogativi e alle obiezioni che l'esperienza sovietica ha suscitato nella coscienza democratica dell'Occidente, essa offre. In compenso, nelle sue 1600 pagine, un vasto o nutrito quadro storico-descrittivo dell'URSS, delle sue Istituzlo ni, della sue organizzazione economico-sociale che può servire, per il lettore non specializzato al pari che per lo studioso, come un utile strumento d'informatine e di lavoro. Paolo Serini ESSI HI

Persone citate: André Glde, Arthur Koestler, Beatrice Webb, Einaudi, Fischer, London, Louis Fischer, Stephen Spender, Webb, Wright

Luoghi citati: Milano, Torino, Urss