Il programma difensivo tracciato da Giuliano di Guido Guidi

Il programma difensivo tracciato da Giuliano IL PROCESSO DI VITERBO Il programma difensivo tracciato da Giuliano Negare ad ogni costo - "A Portella della Ginestra eravamo dodici quindi gl'imputati sono innocenti „ - Il terribile brigadiere (Dal nostro inviato speciale) \ pViterbo. 20 giugno. Un'ora ciascuno e altri quattro imputati hanno proclamato la propria innocenza e nello stesso tempo ritrattato ogni loro precedente confessione o ammissione. Tutto con una regolarità e con un metodo che ha dell'impressionante, con un'adesione perfetta, sincronizzata quasi, con il programma nient'affatto complesso tracciato da Salvatore Giuliano nel memoriale con cui si è presentato ai giudici e nella lettera esplicativa inviata per posta al suo avvocato (« A Portella della Ginestra eravamo solamente in dodici, quindi i « picciotti » detenuti oggi sono assolutamente innocenti e le loro confessioni sono i risultati delle torture e delle sevizie alle'quali furono sottoposti»). Furono i carabinieri.. E non c'è mai da sbagliarsi a perdere il filo del discorso o dello svolgimento dei lavori. Si può andar via tranquillamente a metà udienza, fare una passeggiata, fumare una sigaretta, tornare magari dopo un'ora ed essere certi che un imputato — non ha importanza quale, tanto è lo stesso — nel preciso momento in cui si entra, sta spiegando al giudici che egli è una « vittima Innocente », che furono i carabinieri a scrivere, inventandoselo, quello che risulta nei verbali. E non importa che da quel verbale risultino tanti particolari, tanti episodi narrati con una precisione e una minuziosità di un'evidenza schiacciante; non importa che uno, ad esempio, abbia spiegato a suo tempo come sparò solamente con la pistola e non col fucile che si era inceppato; non importa che un altro abbia indicato con esattezza dietro quale masso si appostò per scaricare la propria arma; non importa che un terzo abbia riferito allora il contenuto di un discorso fatto da Giuliano ai suoi uomini prima di entrare èn azione (« Picciotti, è ora di muovere guerra al comunismo, che ha rovinato me e gli altri costringendoci alla latitanza» ) ; non importa che un quarto abbia-chiarito che le armi pesanti erano state trasportate ..fin sul monte Pavelet, a picco sul Pian desila Ginestra, a dorso di- mulo; non importa che un altro ancora abbia fatto 1 nomi di tutti quelli che all'azione presero parte. Non importa nulla di tutto questo: l'importante, il necessario è negare. Negare con tono vibrante, negare con accento sommesso, negare con gesto teatrale, ne- fare in lingua italiana, negare ì dialetto siciliano. E nello stesso tempo accusare: accusare i carabinieri, accusare il giudice istruttore, pur di convincere gli altri della propria innocenza. C'è stato In verità, ad un certo momento, una atmosfera di perplessità fra gli imputati, ed è stato precisamente quando, a difesa del suo lontano collega di Palermo, si è alzato il Pubblico Ministero, dott. Guarnera, per ricordare a tutti come si riservasse di agire in rapporto a delle accuse degli imputati che suonavano come delle vere e proprie offese «all'integrità e onorabilità del magistrato ». Ma è statò un attimo solo, che gli altri hanno accorciato le distanze dei loro calibri, preferendo indirizzare 1 propri! colpi su obiettivi più vicini e meno difesi. In tal modo, tutto è ricaduto sulle spalle di Don Pasquale, il brigadiere che, sevizie o meno, può essere definito senza tema di smentita il deus ex machina di questo pro> cesso. Fu lui ad occuparsi delle Indagini; fu lui a regolare, con una certa abilità pratica e senza troppi sottintesi, 1 di' versi interrogatori. Fu lui a trovare il bandolo della matassa, che al principio era in. ve rita piuttosto complessa, fu lui che secondo gli imputati si « lavorò » tutti, tenendo ben i ibgmmvtpvlLlcdtsmpgcntpbcrcsB[ presente che il fine giustifica i mezzi, con busse e sevizie, il tutto poi condito con una buona dose di minacce, sicché, gli arrestati nireferirono firmare una confessione, confermata d'altronde più tarili davanti al magistrato e smentita solo ora in udienza, che per poco non ha assunto il valore di una condanna all'ergastolo. La colpa è di don Pasquale Dominata in tal ;riodo dall'alta figura di Don Pasquale, che un giorno forse verrà a deporre (anche ad altri sottufficiali hanno mosso accuse specifiche diversi imputati, ma sono stati dei semplici colpi di assestamento per raggiungere poi l'obiettivo principale con maggiore precisione), l'udienza è andata avanti monotona e regolare, con la presentazione di quattro scialbi personaggi, un bovaro, un contadino, un bracciante, un ragazzo tubercolotico che ha continuato a spezzare l'atmosfera pesante con dei secchi intermittenti colpi di tosse. Ha cominciato a narrare subito Domenico Pretti; lo hanno seguito sullo stesso tono Giuseppe Tinervia e Giovanni Russo; ha terminato poi Antonio Terranova. E il racconto, per tutti, è andato avanti uguale, monotono, improntato alla stessa maniera. Vane sono state le contestazioni, le domande, le richieste di spiegazione, i confronti tra le confessioni di ieri e le dichiarazioni di oggi. Un solo elemento li ha contraddistinti tra loro: l'età. Due di essi infatti, al momento dell'episodio di Portella della Ginestra, non avevano compiuto diciassette anni. Per il' resto ogni particolare è identico all'altro come gocce d'acqua, tanto che a redigere il verbale degli interrogatori il cancelliere non deve mai avere avuto il timore di incorrere in uno sbaglio, in una inesattezza. E domani sarà la stessa cosa. Non è difficile prevederlo. Si tratterà allora di dare un nome e un volto a delle frasi ormai ripetute fino alla noia. Guido Guidi

Persone citate: Antonio Terranova, Domenico Pretti, Giovanni Russo, Giuliano Negare, Guarnera, Pasquale Dominata, Portella, Salvatore Giuliano

Luoghi citati: Viterbo