Abbattere le barriere di Luciano Magrini

Abbattere le barriere Abbattere le barriere La conferenza di Londra dei ministri degli esteri degli Stati Uniti, della ' Gran Bretagna e della Francia, non ha dimenticato l'emigrazione. Prima di separarsi i tre ministri hanno consegnato ai giornalisti il testo di una dichiarazione con la quale, riconoscendo che l'eccesso di popolazione di alcuni paesi europei costituisce uno dei più gravi fattori delle attuali difficoltà e dell'odierno squilibrio del mondo, « ritenendo desiderabile compiere un esame generale delle varie attività esplicate in questo campo per'determinare sé vi siano ulteriori passi da compiere, hanno deciso di designare i loro esperti affinchè discùtano insieme e si consultino con gli esperti degli altri governi interessati, particolarmente la Germania e l'Italia, che hanno il maggiore interesse nel problema». Linguaggio assai cauto, e con scarsi spiragli di speranza e di luce, in confronto alla tempestosa eloquenza atomica che accompagna il nuovo costume diplomatico della guerra fredda. In un paese come il nostro, esuberante di braccia disoccupate e che va esperimentandd da alcuni anni lè vane e illusorie fatiche dei cosiddetti esperti, la dichiarazione dei tre grandi non è tale da aprire, il var<fo a irriflessivi ottimismi. Da tre anni il problema dell'emigrazione è diventato l'appannaggio di una moltitudine di esperti che discutono, progettano e concludono con fallaci previsioni presto smentite dalla cruda realtà. Si discusse di emigrazione al Comitato di cooperazione economica europea che svolse i suoi lavori dal luglio al settembre 1947 a Parigi e concluse fissando in una tabella statistica i bisogni di manodopera dei diversi Stati prima della fine del 1948. La Francia dichiarava di aver bisogno di 290.000 lavoratori, la Gran Bretagna di 120.000, la Svezia di centomila, la Svizzera di 73.000, ir Belgio di 61.000, l'Austria di 18.000, l'Olanda di 9300 e il Lussemburgo di 5400. In tutto 677.000 lavoratori, dei ffi&li l'Italia avrebbe dovuto fornire una cifra preponderante. Ma, tanto per citare solo i tre Stati che presentavano la maggiore richiesta di manodopera, l'emigrazione italiana nel 1948 fu limitata a 30.710 lavoratori per la Francia, 1713 per la Gran Bretagna e 594 per la Svezia. Sei mesi dopo l'esercitazione degli esperti del Comitato di Parigi, un nuovo torneo si apriva a Roma alla prima Conferenza internazionale per la manodopera europea. Gli esperti riconoscevano che le cifre segnate a Parigi avevano subito una ingente diminuzione sia per le misure di ordine interno miranti a realizzare un miglior impiego della manodopera nazionale, sia «perchè molti pae* si avevano ridotte le loro valutazioni che erano risultate eccessive». La conferenza di Roma creò un Comitato permanente di coordinazione dei movimenti europei della manodopera con sede a Roma allo scopo di offrire uà palestra ai pensamenti degli eaperti, ma l'E.MI.CO. non diede i risultati che si attendevano; una sua inchiesta sulle condizioni agricole della Fran eia e le possibilità di una nostra emigrazione in que sto settore si rivelò una ben povera e superficiale cosa. Questo organismo si trovò esautorato quando, su proposta dei nostri rappresentanti in seno all'O.E.C.E., venne costituito a Parigi un litro Comitato di esperti >er la manodopera che non iiede e non dà maggiori risultati di quelli che l'hanno preceduto. Ecco perchè la pia del collegio degli esper 'ti escogitata dalla conferenza di Londra non riaccende egli animi quella fiducia he sarebbe desiderabile, li tre grandi avrebbero ito opera più saggia se ossero esaminato il profila dell'emigrazione dopo jjr considerato, con ilfuJjata coscienza, la legisla£ie immigratoria degli pli da essi rappresentati, ji un serio proposito di j-(-3ione delle misure an.nigratorie dei singoli ~-e*iti può aprire la via a Job. pratica ed efficiente so/luzione internazionale. Abj»!^ biamo già avuto occasione Idi illustrare" su queste CO' lonne le difficolta e le re trizioni opposte alla nostra migrazione dal governo ancese, e non è il caso di peterci. In Gran Bretagna o straniero può immigraper ragioni di lavoro sose è in possesso di un esso di assunzione ri•3>o Hai ministero del oro britannico su richie sta di un datore di lavoro inglese. Estremamente limitato è il campo di lavoro consentito dal governo britannico agli immigranti, e per l'agricoltura i permessi di lavoro vengono rilasciati solo quando si tratti di lavoratori che già furono in Inghilterra come prigionieri di guerra. Il permesso ha la validità di un anno e i lavoratori non possono cambiare il mestiere per il quale sono stati ordinariamente assunti. Nell'America del Nord la nostra emigrazione è bloccata dall'Immigration Act del 1924 cb^sppart* ;ttìf provvedimento di carattere razziale inteso a porre termine alla dilagante emigrazione dei paesi europei di origine latina. Le quote che con la precedente legge del 1901 erano state dedotte dal censimento statunitense del 1910, con la legge del 1924 furono ricavate dal precedente censimento del 1890, epoca in cui la grande emigrazione italiana nel Nord 'America non si era ancora verificata. Ne venne di conseguenza che la quota italiana risultò di 5802 unità, ridotta dopo la guerra di 3 unità in seguito alla cessione delle isole del Dodecanneso alla Grecia. Per la Gran Bretagna, che non ha un problema di emigrazione e di disoccupazione come l'Italia, la quota annua è di 65.721 persone; per la Germania di 25.907; per, l'Irlanda di 17.853; ecc. Ogni sforzo affinchè l'Italia potesse usufruire delle quote inutilizzate durante la guerra (che ammontano a circa 35.000) è- rimasto finora, vano. Dal 1904 al 1910 entrarono negli Stati Uniti 1.254.000 emigranti italiani; dal 1924 il permesso di immigrazione è stato ridotto ad una cifra irrisoria. La dichiarazione di Londra dice che i tre ministri ritengono « che una sistematica indagine sulle possibilità di rendere maggiormente mobili le popolazioni possa contribuire in modo rilevante, alla risoluzione del problema». Questo è il punto che va considerato e che può essere risolto nello spirito e nella lettera delle ripetute affermazioni di alleanze e di amicizie. Occorre abbattere le, barriere, rimuovere gli ostacoli che contrastano e impediscono la circolazione e la possibilità di occupazione alle fòrze del lavoro. Luciano Magrini Il IM1111 ■ I i 11M111M11L1111 ì 1 i • M11E i 111:11 £ I ■ 111M M M M T