"La Parigina" di Henry Beeque al Carignano

"La Parigina" di Henry Beeque al Carignano "La Parigina" di Henry Beeque al Carignano e a Passano gli anni, e sempre più terso e trasparente appare il disegno di questa commedia bellissima. La Parigina del Becque ha sessantacinque anni di vita, ma la sua freschezza- è intatta. Uno stile secco, il fraseggio scarno ed essenziale, la mirabile nudità e proporzione del discorso scenico, l'hanno preservata da ogni possibile guasto o infradici atura. E' netta e agile; uno spirito vigilantissimo, amarisslmo, ironico, la regge su quel ritmo, di battuta in battuta, che è il suo Vero velato splendore. Vi sono scene agganciate con tale maestria comica e teatrale, con una densità di attacchi, di repliche, di allusioni, con un così sicuro accrescersi di umore e di fantasia, da ricordare certi passaggi del Molière. Ptrciò non ci interessa gran che sapere se essa sia più o meno attuale, così come poco ci interessa decidere se è attuale o no la' « situazione » dell'Ecolc des femmes o di Dandin. La Parigina è entrata nella perennità delle opere d'arte, e ormai questo solo conta. E i suoi personaggi, i casi, i sentimenti, sempre e ancora ci avvincono non perchè più o meno rispondano' a sentimenti e casi e preoccupazioni d'oggi, ma perchè figurati appieno in un linguaggio senza incrinature. Clotilde è la donnetta borghese che cerca di condurre una vita assestata, comoda e dignitosa, non senza piaceri e piacevolezze — e con qualche piccola fugace terza avventura — tra il marito e l'amante; e per ottenere questo miracolo famigliare si esercita a un continuo gioco di equilibrio e di menzogne.. In quel suo destreggiarsi tra il marito Du Mesnil e l'amante. Lafont (vecchio amante geloso, esigente, pedante, un secondo marito) è tutto il suo destino. Clotilde non è soltanto la coquette di buon senso, la libertina accomodante, l'avveduta amministratrice della sua felicità: è la bugiarda. Rappresenta integralmente quel tanto di falso, di infido, di traditore che tormenta la vita dell'uomo, aman¬ te o marito, sempre un po' infelice, sia ch'egli ignori placidamente, sia "che tenti di conoscere l'intimità, il segreto della donna che gli sta accanto. Ma non per questo eterno femminino, e non per i caratteri, pur eterni, dell'inquietudine, del sospetto, della malinconia dì Lafont, o della buaggine di Du Mesnil, la commedia è durevole e valida in ogni tempo. Ma perchè questa utoria banale, ben al di là del suo piatto « verismo », è diventata un'opera di poesia. Non stupisca la parola, per un Becque. Dell'opera di poesia essa ha persino la verecondia. Quel discernimento, quella penetrazione, e quella ritrosia insieme, che ci lasciano intrawedere qua e là ben più profonde piaghe umane di quelle dette e dichiarate, e che pur sempre s'accordano alla misura, alla decenza stilìstica, all'incanto dell'arte. Possiamo intuire di Clotilde molte cose; ma la maestria è questa, che l'autore ci fa bensì immaginare, sfiorare appena appena le più ascose bassezze e; bruttezze di lei, quel tanto che basta alla cognizione di un dramma umano, ma non si lascia sfuggire motto che laceri il tessuto spiritoso e spirituale della commèdia. Egli si mantiene sempre a flore dell'umano, di ciò che è umano, in una luce eguale, e amena, che è quella dei classici. E se abbiamo detto poesia è proprio per questo affinarsi della favola quotidiana, pel suo arridere al senso comico, pel suo convertirsi in immagine La parigina è oggi un'immagine poetica e incorrotta; anche se fu inventata, trovata da un temperamento di scrittore pessimista e verista. E ancora una postilla vorremmo aggiungere: se la fortuna della commedia non fu mai pari al suo merito, lo si deve non a una sua presunta aridità, o allontanante durezza, o tran sitorietà di argomenti e di modi; ma anzi a questa raggiunta altezza di tono, nella quale lo spirito, !a satira, l'ironia, la compassione, l'intelligenza e il brio sono dissimulati con raffinatezza esemplare. A cogliere il fraseggio sa¬ liente dall'intimità e pur smorzato, ci vuole orecchio casto, accorto, esercitato a percepire la disadorna verità dell'espressione comica, quella che non si corrompe in false e ostentate intenzioni, in artificiose risonanze, ma è limpida, semplice, dischiusa. Non sempre quest'arte, spoglia di ciò che è inutile, trionfa dell'oratoria scenica, avventante e fastosa. La simpatica Compagnia del Piccolo Teatro della Città di Milano ha rappresentato ieri sera, al Carignano, La Parigina degnamente. Testo studiato, garbatezza, accorgimenti 'àbili e spiritosi. Tutto quello che una commedia come questa — che s'accentra su un personaggio di grande rilievo, la protagonista, e su un altro scavatissimo e brillante, Lafont — tutto ciò ch'essa può concedere alla regìa, è stato fatto e sfruttato da Giorgio Strehler. In un'incorniciatura scenografica gustosa, e sobria (bellissimi e sobri i vestiti), il giuoco e il movimento così squisitamente ameni della commedia, si sono svolti con esattezza di scatti, con sapida comicità, con intenzioni accorte. Lilla Brignone era Clotilde; e sostenne la parte più che ardua, con costante, sorvegliatissima scaltrezza; se non vi fu in lei una certa vaporosità o leggerezza di trasporti, di invenzioni improvvise, che sono la maschera istintiva e incantevole della crudele donnina, vi fu sempre l'attenta percezione del personaggio, e un'espressività variata, spesso acuta, in certi tocchi appena patetici gentilissima, Antonio Battistella era Lafont, colorito e un po* facile; piacevole ma non sempre velato dall'amarezza che il personaggio reca con sè. Felice negli effetti della sua parte più comunicativa e «fatta» (come si dice) il Feliciani. Garbati la Norsa e 11 Pierfederici. Spettacolo che reca al pubblico una commedia di grande stile, e la fa conoscere con giusta, sagace lumeggiatura; il che vuol dire spettacolo degno di lode e della più vivace simpatia. Gli spettatori hanno dimostrato simpatia e consenso con cordiali, calorosi e rinnovati battimani ad ogni atto. f.b.

Luoghi citati: Lilla Brignone, Milano