Non è un glorioso rudere ma un teatro vivente
Non è un glorioso rudere ma un teatro vivente A SIRACUSA CON I POETI ANTICHI Non è un glorioso rudere ma un teatro vivente Non ci si sente relegati nel dominio dell'archeologia - Un prodigio è avvenuto: siamo spettatori senza ricordi, senza cultura, "pari ignoranti,, di fronte alla grandezza e alla poesia di Eschilo, di Euripide... (Dal nostro inviato speciale) Siracusa, maggio. Vi sono opere, spettacoli e autori che resistono alle prove più singolari; resistono alle celebrazioni, alle commemorazioni, ai discorsi, ai panegirici : e allora vuol dire che sono davvero opere grandi, autori immortali. A me, ad esempio, è toccato di dover leggere nei giorni scorsi una cinquantina di articoli sul Teatro greco di Siracusa (per via di un concorso, che poi fu vinto da Giovanni' Calendoli). Per ore e ore ho trangugiato i saggi critici più stimabili e le più alate rievocazioni, e a un certo punto temevo di venir sopraffatto, le medesime parole scappavan fuori da ogni articolo e sì inseguivano come mosche nella mia testa: Eschilo, Euripide, la cavea, il sole radioso, il cielo splendente della Sicilia, e il luminoso Jbnio, e le digradanti scalee, e il Fato, e il Furore, e le zàgare, le latomie, i tiranni... La gioia della scoperta Domani, dicevo tra me l'ultimo giorno di quel letterario supplizio, allo spettacolo non ci vado... Non ci vado, perchè vedrei tutto sotto specie di articolo, di « pezzo di colore », di « gustosa rievocazione erudita», e queste parole che sempre si ripetono, da mosche diventerebbero vespe, e mi assalirebbero, mi toglierebbero ogni piacere di guardare e udire per conto mio... Chi ci libererà dalle frasi d'obbligo? Chi ci farà assistere a « qualcosa » su questa terra, senza gli spettri alle nostre spalle dei secoli di critica, di esegesi, di disamina che accompagnano senza più requie, come cani famelici, le opere dell'uomo'! Oh, quanto felici sarebbero gli ignoranti, se fossero puri, e potessere sentire ciò che non giungono a capire! .Ma i veri ignoranti, dico, non i mezzo ignoranti, come quasi tutti noi siamo in questo secolo di istruzione obbligatoria e di studi frettolosi e interessati, subito obliati; noi, ai quali i ricordi della scuola e delle successive letture ingarbugliano le idee, e infondono magari una scandalosa presunzione, e tolgono infine ogni gioia di scoperta, ogni innocente entusiasmo davanti all'opera d'arte. Per tutta la notte dormii male. Quei cinquanta articoli influivano sinistramente sui miei sogni e dormiveglia e riassopimenti, come se avessi mandato giù, alla sveltaj una cinguantina di gamberetti di mare bolliti, dolci e rosei ma alla lunga funesti. Una vòlta di più, durante un affannoso risveglio, giurai a me stesso di rifiutare qualsiasi invito a far parte di giurie e commissioni letterarie: troppi nuovi nemici ci ai creano, come se non bastassero i vecchi, nessuno te n'è grato, perdi giorni e oiorni a leggere cose che nessuno mai più leggerà, tanto sono insulse o inette, e per una settimana almeno non sei più in grado di lavorare per conto tuo, e neppure di prestare attenzione a quel-poco che scrivi o leggiBasta, è proprio l'ultima voltai Ombra di malinconia Non so se manterrò la promessa. Altre volte, ahimè, non la mantenni. Ma tutto accadde in modo impreveduto: entrato nell'anfiteatro, non mi venne affatto in mente di paragonarlo a una conchiglia, come avevo letto in una dozzina di articoli nei giorni precedenti, e rimasi illeso da ogni altro riferimento letterario, da ogni altra metafora. E neppure a me paésò per il capo di trovarne qualcuna. Non occorreva. Quando una cosa è molto bella, si può paragonarla soltanto a se stessa (è una affermazione rischiosa, lo so, e ad ammetterla si ripudierebbero tante gemme della nostra maggiore poesia; ma qui ci vorrebbe tutto un altro discorso, a chiarire ogni possibile malinteso). Dunque, ilr Teatro greco di Siracusa resiste a tutto, agli articoli, alle monografie, alle conferenze: perchè è rinato, è risuscitato, quindi è ancora oggi vivo. Non è più relegato nel dominio, sia pure affascinante, dell'archeologia; e i suoi secoli, i suoi millenni non contano. Non è un glorioso rudere: è un teatro, un vero teatro d'oggi. La sua forma, il luogo dove sorge, la maestà del paesaggio che lo circonda, hanno consentito il prodigio. Lo spettatore non sente quell'inevitabile disagio che si prova davanti ai ricordi di un passato ormai travolto dal mareggiare della storia, tutfal più si compiace di immaginare il suo collega di venti e più secoli fa, seduto al suo stesso posto, intento come lui ad ascoltare la medesima tragedia. E un'ombra, soltanto un'ombra di malinconia, forse di angoscia, lo afferra, per questa miracolosa contemporaneità, per questo fluire del tempo, che non muta l'animo umano, e forse mal, neppure quando il sole e la polvere avranno consumato del tutto queste pietre, potrà mutarlo. Ma è un attimo. Subito la vicenda lo afferra; la parola del poeta lo incanta. (Anche se, purtroppo, tradotta con grazie un po' stucchevoli, o mediante un linguaggio che non ricorda la gagliardia degli antichi, bensì la pomposità degli inizi del secolo scorso). E finalmente diventa il « puro ignorante », non gliene importa più nulla di date, di riferimenti storici, di induzioni critiche; di nulla, all'infuori della poesia. Sgorgano le lagrime Quest'anno l'Istituto cel Dramma Antico, al quale si deve fra l'altro questa risurrezione magica del Teatro greco di Siracusa, ci ha offerto le Baccanti e i Persiani. Euripide ed Eschilo, in vesti italiane — come alludevo più sopra — non troppo sobrie, non del tutto adeguate al gusto d'oggi; ma, essi, pur sempre grandi. E' quasi superfluo osservare come — al pari del teatro che le accoglie — queste tragedie « resistano 4. Basti un episodio: quando Vittorio Gassmann (questo grande attore nostro, al quale l'età giovanile consente di aggiungere l'impeto alla bravura) gridò con la sua voce tonante l'annuncio della misera fine dell'esercito persiano, e trovi accenti quasi di canto per rivelare l'invocazione dei greci (« O dell'Eliade figli, avanti, avanti; - la patria liberate, liberate - le spose, i figli, i sacri tempi patrii, - i sepolcri degli avi liberate!... »), le lagrime uscirono libere e intrattenibili dagli occhi della gente; nè i miei occhi, mi tocca ammetterlo, furbn del tutto immuni dall'irritante crisi. Con Gassmann, nelle due tragedie, altri bravissimi attori si prodigarono, con un entusiasmo ammirevole in questi tempi che noi stessi credevamo asserviti per sempre all'arie di intrattenimento. Antonio Crast, Sarah Ferrati, Arnoldo Foà, Boldano Lupi, Eva Magni, Renzo Ricci, Elena Zareschi ed altri dimostrarono, sotto la guida dell'ottimo regista Guido Salvini, che l'Italia possiede tutti gli elementi per un grande teatro nazionale. Belle apparvero le musiche di Guido Turchi per le Baccanti e di G. F. Ghedini per i Persiani; cosi come risultarono appropriati i costumi e le scene di Colasanti e Coltellacci, insieme con le coreografie di Rosalie Chladek. E l'organizzazione dell'Istituto del Dramma Antico, presieduto dal prof. Raffaele Cantarella, fu in tutto lodevole. Io crèdo che gli italiani — quei fortunati almeno che possono muoversi anche in tempi difficili — dovrebbero aiutare a Siracusa in questi giorni. Farà bene alla loro salute fisica (l'aria è buona, soprattutto in questo pmaggio forse incostante ma fiorito come non mai e per- corso da aure propizie), e \ 9iuiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiiMininiuii;iuiiiii alla loro salute spirituale: perchè assisteranno a spettacoli degni, e risentiranno l'aura ancor più propizia della grande poesia: che fuga le nebbie accidiose di questa palude che è, troppo sovente, la nostra comune vita quotidiana. G. B. Angioletti
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