L'emigrazione verso la Francia di Luciano Magrini

L'emigrazione verso la Francia L'emigrazione verso la Francia Da alcune settimane si parla di progetti per l'invio di operai italiani nel Madagascar come di una perla racchiusa nella conchiglia degli ultimi accordi italofrancesi ufficiosamente definiti di pre-unione doganale. Si era lamentato che in questi accordi non avesse trovato posto il tema dell'emigrazione, ma competenti portavoce si sono affrettati ad accennare alla possibilità di una collaborazione francoitalo-americana per lo sviluppo del Madagascar. Insomma riaffiora quella cosidetta politica triangolare ancora incerta se il lato del triangolo riservato al capitale debba appartenere all'ancora nebuloso albero natalizio del IV punto di Truman o piuttosto essere assunto a mezzadria italoamericana. n problema del Madagascar, presentato come una recentissima scoperta dei nostri esperti della emigrazione, non suona certo nuovo in Francia dove un anno fa la rivista francese Cohìera Coloniaux dava notizia di grandiosi progetti per la valorizzazione di quest'isola il cui territorio, vasto come la Francia, il Belgio e l'Olanda messi insieme, ospita solo 40.000 francesi. I progetti prevedevano una spesa complessiva di 40 miliardi, ripartiti in dieci anni, per lo sviluppo delle risaie, l'allevamento del bestiame, la costruzione di strade e l'immigrazione di circa 30.000 operai specializzati e altrettanti contadini. Non è senza significato che contemporaneamente alla voce di questo nuovo incantesimo africano offerto agli italiani, il bollettino pubblicato dal Ministero del Lavoro francese per gli immigranti stranieri si sia affrettato a dar notizia delle condizioni, a dir vero non molto raccomandabili, per l'entrata e il soggiorno degli stranieri nel Madagascar. L'emigrante è avvertito che per raggiungere questo paradiso dovrà versare una cauzióne di 66 mila franchi. In mancanza di questa il console del suo -poco» dovrà impegnarsi a sostenere le spese di rimpatrio e di eventuale spedalizzazione dell'immigrato. Ma non basta. Il governo francese avverte che parecchie libere attività sono vietate agli stranieri: da quella dell'albergatore a quella del banchiere, da quella del geometra a quella del fabbricante o commerciante di apparecchi radio-elettrici, da quella di agente d'affari a quella di impresario di teatro e cinema, da quella di libraio a quella di redattore di giornali o riviste. Inoltre gli stranieri non possono ottenere concessioni per l'appalto di pubblici servizi, per lo sfruttamento di miniere o foreste, per concessioni demaniali rurali o urbane qualsiasi. Non vi sono dunque per la nostra emigrazione zone migliori, meglio garantite e offerte a condizioni più liberali di quest'isola finora ri servata alla più povera emigrazione cinese o somala? E giacché si parla di collabo razione italo-franco-americana per lo sviluppo del Ma dagascar non sarebbe più logico che questa collaborazione venisse indirizzata alla valorizzazione delle molte, più vicine, incoltivate terre della Francia metropolitana che ha già sperimentato la non comune capacità e l'alto rendimento della manodopera agricola italiana? Lo scorso anno quando venne conclusa quell'unione doganale italo-francese, rimasta purtroppo campata in aria insieme alle sue promesse emigratorie, ci era stato assicurato che si sarebbe dato impulso alla nostra emi grazione e che a preferen za di altri lavoratori stranieri duelli italiani sarebbero stati chiamati a soddisfa re la richiesta francese di manodopera. Dubitiamo che il governo francese abbia ricordato questi impegni se parecchie migliaia di tede schi sono state chiamate in Francia in concorrenza con la manodopera italiana. Do po tanti accordi, dopo tan te promesse la- Francia ha finito per chiudere le porte ai nostri emigranti. Leggiamo nell'ultimo Notiziario dell'emigrazione, pubblica zione ufficiale del nostro Ministero degli Esteri che nel primo trimestre del 1950 il totale del fabbisogno indica to dal. Ministero del Lavo ro francese « conformemente alle disposizioni degli ac cordi franco-italiani relativi all'emigrazione » viene indicato nella cifra di 1525 emigranti italiani dei quali 400 per l'agricoltura • 500 per le miniere. Si rimane sorpresi che i compilatori del Notiziario non abbiano controllato la realizzazione di queste cifre. Dal Centro Mi¬ gpmcscanstaccsldmafrOramfrrfndsrtrtovncielnrebc grazioni di Milano, che compila diligenti statistiche mensili, avrebbero appreso che nei primi tre mesi di quest'anno solo 504 emigranti (cioè la terza parte dei pochissimi previsti) sono stati avviati in Francia, mentre nello stesso periodo dello scorso anno ne erano partiti 6796. E la situazione non accenna a migliorare. Una circolare ministeriale francese del 20 febbraio scorso sospende il reclutamento di lavoratori stranieri. A rendere più difficile il collocamento della manodopera agricola la cifra di 1500 franchi'che i datori di lavoro dovevano' versare alla O. N. L per ogni lavoratore straniero è stata elevata a 10.000 franchi. Una commissione interministeriale francese ha dettato una serie di misure restrittive nei riguardi dell'immigrazione e fra queste vi è la proibizione agli uffici dipartimentali del lavoro di rinnovare agli stranieri i permessi di lavoro scaduti qualora i lavoratori appartengano a categorie in cui nel dipartimento si sia manifestata disoccupazione. Per questo motivo nei giorni scorsi dalla miniera di Grave sono stati licenziati settanta lavoratori italiani parecchi dei quali si erano fatti raggiungere dalla famiglia. Il problema delle relazioni italo-francesi per ciò che riguarda l'emigrazione può e deve essere risolto in Francia e non nel Madagascar. Si tratta di completare la liberalizzazione degli scambi con la liberalizzazione della manodopera richiesta dal senatore Jacini all'assemblea di Strasburgo e recentemente a Parigi dal ministro Pella all'O.E.C.E. E poiché Francia ed Italia perseguono un identico programma di unità europea costituirebbe una indubbia prova di buona volontà iniziarlo con la Ubera circolazione delle forze del lavoro che in tema di federalismo dovrebbe avere l'evidenza di un teorema euclideo. Si tratta di riaprire gli occhi all'obliata realtà delle cose e di ripudiare, con onesta coscienza, la insanie di una politica senza propositi, o con propositi ostinatamente contraddittori. Luciano Magrini iitiiimiiiiiiMMiiiiiiimniiiimitiiiiinitiiiiim

Persone citate: Jacini