I delegati vorrebbero una politica più dura di Domenico Bartoli

I delegati vorrebbero una politica più dura IL CONGRESSO DEL P.C. FRANCESE I delegati vorrebbero una politica più dura Si prevede un'intensificazione degli scioperi nei porti e nelle ferrovie - Le reazioni dei partiti di centro e della destra (Dai nostro corrispondente) Parigi, 6 acrile. I novecento delegati delle federazioni comuniste irancesi al congresso nazionale del loro partito hanno l'età media di 31 anni. « Chi ha con se la giovinezza ha con sè l'avvenire », diceva Lenin, come ha ricordato, alla seduta finale di oggi, un oratore, traendo da quel motto tutte le conseguenze che è facile immaginare. Ma la giovinezza cambia facilmente capo: essa svanisce in un attimo e un'altra giovinezza la segue che non ha più gli stessi sentimenti. Non attribuiamo, perciò, un valore definitivo alla constatazione dell'età media dei congressisti. Il lavoro era duro: « Dodici ore di seduta al freddo, ognuno dei cinque giorni di congresso, appena interrotte da un breve intervallo per la colazione e da un quarticello d'ora per sgranchirsi le gambe". Solo le forze di un giovane potevano resistere a tanto. Elezione col coriandoli Quando siamo entrati nella aula, verso le 5 e mezza di oggi, 11 congresso stava eleggendo il comitato centrale, la suprema istanza del partito dalla quale escono la segreteria e l'ufficio politico o Politburo, secondo l'esempio bolscevico. Ha non era una vera elezione. H presidente, 11 sindacalista Frachon, seduto sotto a un immenso disegno che ritraeva Thorez straordinariamente ringiovanito, leggeva i nomi che la commissione politica aveva designato, aggiungendo un breve riassunto dello stato di servizio dei candidati. Ogni nome era salutato non soltanto da acclamazioni, ma anche dal lancio di coriandoli sul prescelto e di giacchette ed altri indumenti per aria in segno di gioia. Non era un'elezione: era un'allegra scena da kermesse popolare, da veglione di periferia, alla quale si associava volentieri il pubblico operaio e piccolo borghese che circondava i congressisti, tenuto lontano da una staccionata. Cosi quando Thorez, rieletto segretario generale, si è alzato a parlare per il discorso conclusivo, lo impiantito del grande mercato coperto di Gennevillera e gli scranni improvvisati dei congressisti erano ingombrati dai rossi coriandoli. Ma la festa era finita e i delegati erano divenuti di nuovo 1 funzionari attenti e scrupolosi, i militanti pieni di zelo delle altro sedute. Dopo il carnevale, un raccoglimento da Quaresima; do* ro i coriandoli, il taccuino di appunti. I giovani congressisti avevano la devozione dei seminaristi davanti al vescovo in cattedra. Trascureremo il discorso finale di Thorez per raccogliere in pochi punti essenziali il significato del congresso, che ha una grande importanza per l'immediato avvenire della lotta politica In Francia. Primo punto: tutti 1 congressisti, da Thorez a Duclos, passando per 1 rappresentanti delle regioni più lontane, della provincia più oscura, venissero dadeunalcostmtotisdudereatganeinrococeteaudeziCmbititafesnchriveedcempanchnilechcocosoi costfadaa diinratrne nil'IcocochzetodulunrireinziPtelammciarcatedndpe arognoscura, aiiiiiiiimiiiiiMiMiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiii dai Pirenei orientali o dal Pas de Calais, hanno insistito in un atteggiamento autocritico, alla maniera sovietica. Il succo era invariabilmente questo: l'apparato comunista è molto spesso arretrato, rispetto alle masse; c'è troppo pietismo tra i militanti, c'è sfiducia nella capacità d'azione del proletariato. Bisogna essere più energici e decisi, più attivi e coraggiosi nell'impiegare questa capacità di azione. Ci vuole un partito duro, intransigente e infatti numerose epurazioni sono state compiute pochi mesi fa in certe federazioni, specialmente della Francia del nord. La autocritica è probabilmente dettata da stimoli, sollecitazioni ed ammonimenti del Cominform e del partito comunista sovietico, che hanno bisogno di strumenti più pronti e più agili in occidente. Secondo motivo fondamentale: monotone affermazioni di fede alla Russia e a Stalin, snodate in litanie cosi stucchevoli che non proveremo a riprodurle nemmeno per il divertimento dei lettori. Terza ed ultima constatazione: l'accento è stato messo costantemente sull'agitazione per la pace, sull'azione dei partigiani della pace. Sembra quasi che il congresso sia stato riunito soltanto per questo. Che oosa faranno? Il deputato Lecoeur, che sale rapidamente nelle gerarchle del partito, ha esclamato con fervore: « Ogni mattina il comunista deve dire a se stesso: che cosa farò oggi contro i guerrafondai ? ». Sembra la consegna di un ordine monastico. Ma appunto: che cosa faranno contro i guerrafondai? Da quanto è stato detto a Genevillers e da quanto vediamo ogni giorno possiamo indovinarlo facilmente. Faranno scioperi nei porti contro gli sbarchi oramai imminenti del materiale americano e contro gl'imbarchi dei rifornimenti e delle truppe per l'Indocina; faranno sabotaggi contro i trasporti ferroviari e contro le fabbricazioni belliche, come chiedeva senza mezze parole uno slogan stampato a grandi lettere nel salone del congresso, non lontano da un ritrattone di Stalin, anche lui doverosamente ringiovanito. Ecco che cosa faranno rischiando qualunque cosa. Il resto, la propaganda di casa in casa per la pace, le agitazioni di piazza e le scenate in Parlamento, sono poco o niente al confronto. Questo combattimento per la pace, dice un editorialista moderato stasera, assomiglia molto a un preludio di guerra civile. E conclude che tutte le armi della legalità repubblicana debbono essere impiegate, per contrastare gli sforzi dell'esercito ostile accampato nel Paese. Questa è l'opinione dell'ala più liberale del mondo politico francese e i socialisti e i cattolici più democratici aderiscono dicendo anche loro: la legge è soltanto la legge. Ma altre opinioni si manifestano, dalla destra del ino- iiiiiiiiiiiHiiiiiHiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiii vlmento cattolico ad alcuni radicali, ai conservatori, ai gollisti. Da questi gruppi si chiede, più o meno esplicitamente, il voto di nuove leggi, e cioè, per cominciare, l'epurazione delle amministrazioni pubbliche o almeno delle cariche di maggiore responsabilità. Si pone, tra gli altri, 11 caso del prof. Joliot Curie, direttore dell'istituto per le ricerche atomiche, che ha dichiarato l'altro giorno al suoi compagni comunisti: « Gli scienziati progressisti non metteranno mai la loro opera al servizio dei guerrafondai». E' strano, si osserva, che dopo le sue ripetute dichiarazioni, Joliot Curie continui a restare al suo posto. La lotta è aperta: se i comunisti andranno fino in fondo, ubbidendo ai loro slogane di oggi, la repressione sarà forte e non si può dire fin d'ora dove potrà fermarsi. Domenico Bartoli UHiiiiiiiiiiiunMiiiimiimiiiiimiiimiiiM

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