"...Vita Mea" di Viola ai Teatroa Carignano

"...Vita Mea" di Viola ai Teatroa Carignano "...Vita Mea" di Viola ai Teatroa Carignano mangiare bere, esistere, ho saldato i conti; e tutto il resto, l'idealità, l'amore, ora non conta più, non è neppure messo in bilancio, non ha senso, non ha valore. Cosi i padri perdono i figli. Si può osservare che in questi tre atti, pur tagliati con vigoria plastica e teatrale, una autentica qualità drammatica non appare; manca la sfumatura del dramma, mancano la varietà, la molteplicità, dei caratteri e del temperamenti. Rigido nel suo idealismo 11 padre, rigidi nella loro innocente turpitudine 1 figli. Il dramma non penetra tra l'uno e gli altri per quelle vie intime e delicate che rivelano progressione o disfacimento di anime. Non appena impostato il dramma è già risolto; nel suo interno non avviene nulla, di autentico; esso è tutto espresso nelle conseguenze di quell'urto iniziale e definitivo, e nella rettorica scenica che ne deriva. Manca la dialettica profonda della vita, degli spiriti, e degli affetti, anche se in alcuni tratti salienti, felicemente teatrali, balena il dolore del padre onesto. \ Ruggero Ruggerl, in questo personaggio lineare, in questa commedia curiosa, ma senza grande succo, ha recitato, ieri sera al Carignano, in modo ammirevole. Pacato, sereno, giocava sulle parole, da ogni battuta traeva un senso scenico preciso, in ogni dialogo anche il più scialbo, immetteva non so che aspettazione, non so che imprevista verità. Era un piacere ascoltarlo; era un imparare come la recitazione in se stessa, anche in circostanze tutte di testa, o convenzionali, se affidata a una lucide, intelligenza, può prendere una pàtina, un gusto d'arte, illusori e perfetti. Margherita Bagni recitò pure con semplice garbo. E accenniamo a Elvira Borelli che ha caratterizzato zia Argentina, e a Pina Cei. a Gino Sabbatini, al Pucci. Bellissimo pubblico; cordiali applausi rinnovati più e più volte ad ogni atto. f. b. Lo spunto di questa commedia di Cesare Giulio Viola, ironica e drammatica, è, per dir cosi, una sorpresa in famiglia. Beniamino Menassia, presidente della Corte di Cassazione, magistrato integerrimo, ha un fratello più giovane, caro carissimo, un bel tipo allegro e simpaticone, che guadagna a Milano negli affari mucchi di soldi (quali affari? bè, questo non ha importanza); e quando arriva a Roma à una festa, gite in macchina, liete scampagnate, regali, pranzi, e sempre quei soldi che scivolano, scorrono, danno un po' di vertigine. In casa Menassia, quando ci capita lo zio generoso, è come se l'esistenza, piuttosto grama e sacrificata con quello stipendio di magistrato integerrimo, si trasformasse . Evviva dunque lo zio di Milano. Ma un brutto giorno egli muore all'improvviso; grosso dolore. Il fratello affezionato, angosciato, accorre. Ed ecco la sorpresa. Non ci aveva mai pensato nessuno, non ci si era mai domandati quali potevano essere gli affari dello zio. Ebbene, ecco qua: 10 zio aveva a Milano tre case di tolleranza. E' una mazzata sulla testa dell'ottimo magistrato. Ah fratello birbone e traditore, ah sciagurato, è cosi che apparivi sempre ilare, sempre faceto, sempre cuor contento! Questa impostatura di commedia, con la moglie timida, garbata, di piccola mente, con la sorella Argentina, pia e anzi bigotta, con i due figli Fausto e Laura, potrebbe essere tratta, che so, da una novella di Maupassant, o del Pirandello verista e umorista: si presta a un gioco lesto tra chiaro e scuro, tra l'amenità e l'angoscia. Ma tosto sguscia fuori 11 dramma. E' 11 conflitto tra la coscienza del padre e l'incoscienza dei figli. Perchè è chiaro: Beniamino, con orrore, rifiuta tutto, e quell'eredità (l'allegro, lo spregiudicato fratello aveva fatto le cose in regola, lo aveva nominato erede universale), quell'eredità gli brucia. Ma 1 figli... per i figli è un'altra cosa. I denari sono denari, questo conta; sono qualcosa di reale, di vivo, di letificante, di esaltante. L'origine Immonda? la fonte infame? E chi ti obbliga a pensarci? La situazione si sta facendo sempre più amara e buffa; diventa un grottesco quando Fausto decide di andare a Milano a fare un sopraluogo con denari chiesti in prestito alla zia bigotta. Povero Beniamino; sente che ormai tutto precipita, il suo mondo, il suo gran castello di nuvole, ossia di ideali, la sua eredità, perchè anch'egli aveva accumulato un'eredità per le sue creature; eredità di pover'omo, ma cosi ricca di luce, di umanità, di nobiltà. Si tratta di scegliere, ragazzi, su scegliete, volete le case di Milano o questo patrimonio di sacrifici e di virtù; quell'infamia o questo onore? I figli sono gelidi e pratici, scelgono l'infamia, che rende. E ci aggiungono una giustificazione: apparteniamo, dicono, a una società che non mangia, non respira, non può badare se il bene venga da dritta o da manca... E qui si Introduce l'aspetto sociale del dramma, 11 problema di questo nostro tempo travagliato, e delle sue trasformazioni morali o immorali, e dello smarrimento e dell'incertezza e della cinica disperazione della gente che vive, oggi, nel deserto dello spirito, punta soltanto dagli aculei dell'istinto, dall'urgenza del danaro. E' a questo punto che Beniamino ha un'uscita dolorosa e vera (vera per tutti 1 tempi, per ogni conflitto di padre e figli). Non servo più alla vostra vita, ecco la verità, vi ho fatto

Persone citate: Beniamino Menassia, Cesare Giulio, Elvira Borelli, Gino Sabbatini, Maupassant, Pina Cei, Pirandello, Povero Beniamino, Pucci, Ruggero Ruggerl

Luoghi citati: Argentina, Milano, Roma