Ciò che fanno in Francia gli amici degli scrittori di Enrico Emanuelli

Ciò che fanno in Francia gli amici degli scrittori LETTERATI ILLUSTRI MESSI IN VETRINA Ciò che fanno in Francia gli amici degli scrittori La vita di Bernanos resa "visibile,, - Due scarpette di donna conservate da Pierre Loti - Il destino di Charles Péguy e l'esposizione esemplare dei celebri "Cahiers,, (Dal nostro inviato speciale) Parigi, marzo. In Francia, almeno, a Parigi molti scrittori hanno non soltanto lettori, ma anche seguaci, ammiratori ed amici. Questo non succede solamente per scrittori famosi, già un po' lontani nel tempo e che sopravvivono unendo alla forza della loro arte anche le risorse di una fama che si può dire popolare, Oli " amici " di ■ Balzac e di Stendhal formano ormai associazioni di vecchia origine, pubblicano i loro bollettini, non tralasciano nessuna occasione per festeggiare qualche data importante nella vita e nell'opera dell'autore a cui sono devoti: quello che adesso si fa in Francia per Balzac, e quello che fra poco si farà per Stendhal sono buoni esempi. Ma,'dicevo, non è necessario che uno scrittore si allontani nel tempo per trovare seguaci ed amici o perchè intorno al suo nome nasca un'associazione; anzi, e sovente, simili cose si ritrovano subito, sorgono si può dire il giorno dopo la sua morte. Lettere di regine In una libreria, di Rue Bonaparte è stata organizzata, in questi giorni, un'esposizione di manoscritti, di fotografie, di disegni e di lettere lasciate da Georges Bernanos, uno scrittore cattolico scomparso da non molto tempo. Olà si è costituita l'associazione degli "Amici di Georges Bernanos ", già sono uscirti tre numeri del loro bollettino trimestrale, già quindi si è messa in moto una certa macchina che serve benissimo a glorificare l'artista e a mantenerne viva la memoria. Si creano à questo modo contatti diretti e si suscitano in maniera sentimentale interessi e ricordi tra lo scrittore scomparso ed i suoi lettori: e, per esemplo, la vita di Bernanos è resa " visibile" in modo ingegnoso. Dai quaderni di scuola, dai ricordi familiari si passa ad altre immagini: c'è Bernanos impiegato in una casa di assicurazioni, poi giornalista a Rouen, poi vi sono la guerra, il matrimonio, i suoi primi romanzi, quindi il contrasto con Maurras (che fu certo l'avvenimento più grosso della sua maturazione spirituale), infine vi sono 4 soggiorni a Maiorca, nel Brasile, e l'attività di questi ultimi anni; così ogni cosa è of¬ ferta alio sguardo del visitatore attraverso una magnifica documentazione. Seguendo lo stesso schema pure in questi giorni, alla Biblioteca Nazionale sono state inaugurate due diverse esposizioni ed anche qui con l'aiuto di "amici" vigili e persino in polemica tra di loro. La prima di queste esposizioni, posta in una grande sala al piano terreno, vuole commemorare il centenario della nascita di Pierre Loti. Per quanto nella sua opera ci siano aspetti che ancora partecipano della sensibilità, del nostro tempo, egli appare uno scrittore dimenticato; s sebbene un libro recente di Robert De Traz voglia farci pensare il contrario, non è, secondo me, dimenticanza disonorevole. L'esposizione dei ricordi, delle fotografie, delle uniformi, delle lettere, delle cianfrusaglie che accompagnarono la vita di questo navigatore, viaggiatore e sexittote di ,ramanzi, rievoca l'atmosfera in cui si svolse tutta una facile attività letteraria sotto il segno di un amore per l'esotico o per certi problemi che oggi reclamano soluzioni meno poetiche e più drammatiche. Vicino aé; un orologio d'oro con diamanti, vicino ad un portasigarette sempre d'oro e sempre ricoperto di diamanti, e che sono regali di Abd-Ul-Hamid sultano della Turchia, si vedono le numerose lettere che le sovrane gli .indirizzavano: sono di Alessandra, regina d'Inghilterra; di Elisabetta, regina di Romania; di Olga, granduchessa di Russia; di Natalia, regina della Serbia, eccetera. PiU, che all'esposizione dedicata a uno scrittore, sembra di essere in una vecchia casa, davanti ad inutili ricordi personali del morto: non per nulla, ad un certo punto, in una vetrina si vedono due scarpette femminili, che Pierre Loti ha conservato scrivendo sul fondo di una di esse il nome di una città e una data « Salonicco 1876 », forse a memoria di una avventura. Sono gli eccessi a cui arrivano gli ammiratori; e sono senz'altro secessi extra-letterari. Ben maggior peso, ed anche maggiore suggestione ed efficacia, ha l'esposizione che nelle sale della Galleria Mazzarino, al primo piano della Biblioteca Nazionale, è stata organizzata per onorare il cinquantenario della pubblicazione del primo " Quaderno" di Charles Péguy. Non soltanto l'attività letteraria, ma tutta la vita di questo eccezionale scrittore sono cronologicamente illustrate e documentate e la perfetta riuscita di una tale impresa dipende da diverse ragioni. Prima di tutto la buona riuscita va ricercata nel fatto che l'opera e la vita di Péguy hanno una grande coerenza morale, poi nel fatto che quest'opera e questa vita sono cresciute adagio, giorno per giorno, attraversò un lavoro che aveva per protagonista un uomo per certi aspetti forse persino maniaco, per altri accentratoro, illustratore di se stesso o, almeno, testimone attento di se stesso e di quanto faceva. La vita di Charles Péguy non è stata lunga. Nato nel 1873 ad Orléans, mori nel 1914 nei pressi di Monthyon. Era stato richiamato alle armi un mese prima ed una di quelle' pallottole' che' in gergo si dicono « vaaa7iti », lo colpi poco sopra l'occhio sinistro. Ad Orleans, nel sobborgo Bourgogne dove era nato, gli eressero nel 1930 un busto, ed il caso volle che nel giugno 1940 durante un bombardamento aereo, una scheggia colpisse la sua immagine di bronzo ancora proprio sopra l'occhio sinistro. Sono coincidenze che fanno felici certi raccoglitori di aneddoti, perchè, in definitiva, è facile immaginare come questi fatti, anche se documentati con lettere e fotografie nella mostra di Parigi, non hanno nulla a che vedere con la sua opera e con la sua vita spirituale. Scolaro puntiglioso La vita e l'opera, per fortuna, si riflettono nelle innumerevoli fotografie, documenti, libri, lettere, manoscritti oggi raccolti nell'esposizione in maniera meno aneddotica; anzi tutta la tenacia e le sfortune e l.e fatiche e la magnanimità della vita e dell'opera di Péguy risaltano in modo diretto, perfino direi in modo angoscioso. Era nato in una famiglia povera. Il padre, operaio falegname, mori lo stesso anno in cui Charles nacque; la madre, impagliatrice di seggiole, conobbe la miseria. Il piccolo Péguy (lo si vede adesso dai compiti ohe scriveva, dai suoi quaderni di appunti) si mostrò subito allievo puntiglioso e intelligen¬ te; poi la protezione di un professore e una borsa di studio comunale gli permisero di continuare le scuole e tutto faceva pensare che egli sarebbe diventato un ottimo insegnante di filosofia. Il destino di Péguy doveva essere molto diverso. Il 1897 è l'anno decisivo, e l'esposizione ci offre documenti insieme patetici e drammatici. Inflitti in quell'anno egli prende moglie sposando la sorella di Marcel Baudouin, apostolo di un socialismo non marxista e che fu anche l'ispiratóre di tutta l'azione politica di Charles Péguy; cosi come, già da tempo aveva rinunciato ad insegnare la filosofia nelle scuole per insegnare quel che riteneva essere la- verità sulla situazione sociale della Francia, si fa editore, comincia a pubblicare libri suoi e degli amici (Romain Rolland, Jerome e Jean Tharaud, Jean JaurèsJ, apre una libreria, che diventa un centro di attività socialista. • La «città armoniosa» GH equivoci che sono intorno al sodatiselo di Péguy sorsero proprio negli anni successivi, ed apparvero chiaramente nel 1900 quando pubblicò il primo «Quaderno» al quale poi — fino al luglio 1914 i— ne seguirono altri duecentoventotto. Questa è la grande impresa della sua vita, in essa egli ha consumato gli anni migliori, il suo danaro, le sue forze. L'esposizione che oggi glorifica tale somma di lavoro è di una minuzia esemplare. Tutte le peripezie di quei quattordici anni sono rievocate attraverso centinaia di documenti: si vedono persino le fascette per la spedizione dei « Quaderni » agli abbonati (sempre inutilmente cerca di averne almeno 2000 per chiudere il bilancio in pareggio) e vedo che tre copie venivano anche in Italia dirette a Fogazzaro, al senatore Casati ed alla contessa Pasolini. La mostra delle carte e dei libri di Charles Péguy ha risollevato, in questi giorni, interesse e polemiche. Diversi gruppi politici si sono buttati sulla sua opera, cercando di ricavare quei dettami che meglio loro convengano e bisogna dire ohe tutti usano una buona dose di malafede. In realtà, non soltanto da oggi, l'esempio morale di Péguy, il suo ripudiare il determinismo storico, la sua devozione ad un socialismo mistico e cristiano, il credere che l'unica vera rivoluzione sarà quella morale, si prestano a manipolazioni interessate. Da qualche anno le sue opere si ristampano, e ognuno può trovarvi qualcosa di quanto gli toma comodo: vi hanno spulciato i pétainistl e i comunisti, quelli della Resistenza e quelli che adesso si accodano a De Gaulle. Baste, rebbe questo per capire che, nella sostanza, Péguy non è con nessuno di costoro. Egli probabilmente ancora oggi persisterebbe nell'utopia della sua « città armoniosa», dove gli ascetici cittadini non conoscerebbero quello che il mondo borghese chiama d'offerta e la domanda, la vendita e facquisto del lavoro;, l'offerta e la domanda, la vendita e l'acquisto dei prodotti», perchè tutto vi sarebbe regolato da una cooperazione di carattere angelico. A simili veloci, considerazioni mi 'ha trascinato la commovente mostra dedicata a Charles Péguy, cosi ricca di suggestioni e di suggerimenti (che sono anche i termini validi per giudicare la sua opera), ma non è soltanto questo che volevo dire. Esposizioni come quelle che ho ricordato e che in questi atomi variamente onorano scrittori cosi disparati come Pierre Loti, Georges Bernanos e Péguy, testimoniano un costante interesse per l'opera del letterato. E' il fiore di una civiltà complessa e composita, un fiore che a noi rimane sconosciuto. Verrebbe voglia di concludere che la Francia ha molti scrittori per molte ragioni, soprattutto sociali e di tradizione, ma anche perchè sa meritarseli. Enrico Emanuelli iiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii