Emigrazione nel Brasile di Luciano Magrini

Emigrazione nel Brasile Emigrazione nel Brasile In questi ultimi mesi iniziative di dubbia origine e non disinteressati propagandisti hanno incitato i nostri emigranti a sciogliere le vele verso il Brasile. La sagra delle illusioni parve trovare incoraggiamenti e giustificazioni dalle parole del nostro ministro degli Esteri che, in un discorso pronunciato alla Camera alla fine dello scorso ottobre, bì disse lieto di poter annunciare che erano « felicemente ultimati i negoziati per l'emigrazione tanto organizzata, quanto libera in Brasile ». Ma à tùtt'òggi nulla abbiamo saputo in merito ai temi e alle conclusioni di questi negoziati, a meno che non si considerino negoziati per l'emigrazione le trattative riguardanti la restituzione dei beni italiani confiscati in Brasile, trattative che condussero a quel protocollo italo-brasiliano che nel secondo articolo prevede la costituzione di una compagnia di colonizzazione e di immigrazione con capitale di 300 milioni di cruzeiros, dei quali 100 dovranno essere sottoscritti dal governo italiano dopo l'entrata in vigore dell'accordo (non ancora ratificato dai due rami del Parlamento) e i restanti 200 milioni dovranno essere versati nei due anni successivi. La compagnia, finché non avrà raggiunto tutto il suo capitale dovrà sottoporre i propri bilanci al Banco do Brasil, che giudicherà insindacabilmente se le.spese fatte corrispondono ai bisogni ed agli scopi. Non è il caso qui di dire se e come potesse ottenersi un accordo migliore, ma certo è che esso deve essere considerato solo come la contropartita della restituzione dei beni italiani, e benché implichi a carico dello Stato italiano un finanziamento di nove miliardi di lire per opere di colonizzazione ha ben poco a che fare con la nostra emigrazione e i suoi problemi. Comunque tutta la questione emigratoria in Brasile appare rinviata a scadenza lontana. E quando sarà giunto il moménto per un reale accordo emigratorio non basterà una qualsiasi convenzione col governo brasiliano, ma sarà sopratutto necessaria — trattandosi di una repubblica federale — una precisa convenzione con lo Stato prescelto per i nostri emigranti. In attesa, non sappiamo che cosa sarà l'emigrazione « organizzata » annunciata dal ministro degli Esteri, ma purtroppo dalle crudeli esperienze compiute dai nostri emigranti nello Stato del Goyaz e in una fazenda dello Statò di San Paolo sappiamo che cosa è stata finora l'emigrazione libera, troppo facilmente consentita all'infuori di qualsiasi accordo emigratorio e, ciò che è peggio, senza che gli uffici italiani preposti airémigrazione si preoccupassero di ottenere e far ottenere ai partenti informazioni precise e sicure garanzie. La guerra mondiale ha operato alcune modificazioni radicali nell'organismo economico brasiliano. Sorsero come funghi centinaia di nuove industrie —molte delle quali improvvisate e male attrezzate — che richiamarono verso i centri urbani considerevoli gruppi di popolazione rurale. Cosi gli 802.333 operai iscritti nel 1939 all'Istituto di previdenza salirono alla fine della guerra a 1.249.856. Oggi il Brasile con una bilancia commerciale paurosamente deficitaria, sprovvisto di dollari, tormentato dall'inflazione e da molteplici difficoltà economiche guarda con ansia crescente alle sue disertate campagne che lo costringono ad importare dall'estero tre quarti del suo fabbisogno di grano o farina. Nessun dubbio che il Brasile, e specialmente lo Stato di San Paolo, sia sitibondo di emigranti : emigranti specialmente per le campagne dove i morti vanno in fretta ed i vivi disertano appena possono trovare nei centri urbani una minima possibilità di esistenza. Ma non basta il bisogno di emigranti agricoli ad una feconda emigrazione: occorre innanzittutto che agli emigranti possa essere offerto un minimo di vita civile ed umana: e questo minimo di esistenza manca nelle fazende brasiliane. Negli archivi dell'ex-commissariato dell'emigrazione deve trovarsi una copiosa docurientazione delle intollerabili condizioni inflitte ai nostri emigranti in Brasile nei primi venticinque anni del secolo. Si ricordino, tra le altre, le drammatiche inchieste di Luigi Rossi e di Gaetano Pieraccini pervenute alle medesime dolorosissime conclusioni : estrema miseria di abitazioni in gran parte con pavimenti di terra battuta e senza camino, insufficienza di salari, enorme diffusione dell'anchilostoma e del tracoma (nel 1925 una missione Rockefeller calcolava in alcune fazende il 71 per cento, in altre persino il 95 per cento di tracomatosi), mancanza di assistenza sanitaria e di scuole, esosità di fazendeiri di medici, di farmacisti congiurati alla spoliazione degli emigranti ridotti, dopo pochi anni di permanenza in Brasile, a rottami umani. Le odierne condizioni del Brasile non sembrano più accoglienti di quelle del passato se la stessa recente Conferenza brasiliana per l'emigrazione, vincendo l'orgoglio brasilero, ha sentito la necessità di raccomandare al governo il risanamento delle regioni malsane, il miglioramento del tenore di vita dei coloni, l'assistenza medica e ospedaliera, ecc. Anche la Commissione mista di economisti del Brasile e degli Stati Uniti, incaricata di studiare l'economia brasiliana ha raccomandato, ape cialmente per ciò che riguar da l'agricoltura, un sistema appropriato di sicurezza sociale, il miglioramento delle relazioni tra operai e datori di lavoro, la difesa della salute ecc. E il presidente della Federazione delle asso dazioni .rurali di San Paolo, Iris Meimberg, dopo aver lamentato la mancanza di qualsiasi assistenza sociale nei centri rurali brasiliani, non ha esitato a dichiarare che nelle condizioni attuali il Brasile non è in grado di offrire ai coloni agricoli europei condizioni di vita per 10 meno analoghe a quelle godute in patria. « E' per mancanza di tali condizioni indispensabili ed essenziali — ha soggiunto — che perfino il colono nazionale abbandona le campagne per trasferisi in città. Il fazendeiro non ha più attualmente la possibilità di assicurare al proprio colono i mezzi per andare avanti e formare quel " risparmio ", anche piccolo, che è senza dubbio la prima ambizione di ogni emigrante straniero ». Tutto ciò che oggi è noto nei riguardi dell'economia brasiliana e della vita pietosa e penosa che si svolge nelle campagne laggiù, consiglia la massima cautela nel considerare future possibilità emigratorie. Altrimenti si correrà il rischio di far ripetere, ciò che è già avvenuto per altri emigranti, il disperato appello dei delusi ai nostri Consolati per 11 ritorno in Italia. Prima di aprire le porte alla nostra emigrazione in Brasile, prima di incoraggiarla, bisogna chiaramente conoscere, valutare e garantire e — soprattutto far conoscere — le condizioni in cui verrebbero a trovarsi i nostri emigranti. Luciano Magrini

Persone citate: Gaetano Pieraccini, Iris Meimberg, Luigi Rossi, Rockefeller