Bergamo mobilitata per il caso della Dalmine

Bergamo mobilitata per il caso della Dalmine Bergamo mobilitata per il caso della Dalmine Tutti uniti senza divisione di partiti, per non lasciar trasferire a Milano la direzione dello stabilimento - Trecento sacerdoti riuniti sotto la presidenza del Vescovo - 1 sindaci minacciano di dimettersi o e l a i ri e e e a i l I a — e a a o r a e . (Dal nostro inviato speciale) Bergamo, 15 marzo. La cronaca delle agitazioni operaie in Italia in questi ultimi cinque anni ha dovuto registrare una gamma di incidenti dd tutti T generi: ma un episodio come quello verificatosi giorni addietro sul tratto di ferrovia privata che porta allo stabilimento di Dalmine è senz'altro unico. Un giovane curato, alla testa di una diecina di uomini In tuta — qualcuno col fazzoletto rosso.'al collo — ha fermato un treno, vi è saltato sopra e lo ha perquisito attentamente per as sicumrsi che non contenesse materiale degli uffici che ra direzione dello stabilimento intende trasferire a Milano. Ma altri inconsueti episodi non mancano nella storia di questa agitazione alla Dalmine. Più di trecento parroci della diocesi, sacerdoti, cappellani del lavoro e assistenti delle Acli si sono riuniti in assemblea sotto la presidenza de! vescovo, hanno esaminato attentamente la vertenza e hanno concluso anch'essi, alla maniera degli organizzatori sindacali, votando ordini dei giorno e inviando telegrammi al Presidente del Consiglio e al segretario del partito democratico cristiano per chiedere l'intervento del governo' nella questione. Ancora; per protesta contro il mancato interes¬ srDtusdA1vdTgsgvdPgbmssdssqoczsgcddvlciiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiii iiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiii samento governativo, segretario e comitato cittadino della D. C. si sono dimessi e il partito a Bergamo è ora retto da un triumvirato provvisorio. Tutto andava bene Episodi di questo genere bastano a dimostrare la gravità di una situazione inconsueta. Arrivando stamattina verso le 11 a Bergamo, sembrava di vedere una città nel torpore di •un*.pomeriggio domenicale. Tram-fermi qua e là, molti negozi chiusi, chiuse anche le scuole e le fabbriche: poca gente in giro. A migliaia invece gli operai della Dalmine, della Caproni di Ponte San Pietro, dell'Uva di Lovere, gremivano la piazza della Libertà, dove oratori della Camera del Lavoro e del Libero sindacato tuonavano all'unisono in difesa degli interessi di Bergamo. Tutte le maestranze della zona erano In sciopero generale per due ore quelle della Dalmine, per 48 ore (fino a questa sera). Incredibile a dirsi, quest'agitazione, che dura da mesi e mesi e che minaccia óra di aggravarsi, non è dovuta nè a ri chieste salariali nè a minacce, di licenziamenti nè ad ordini dall'alto. Dire a cosa sia dovuta, non è altrettanto fàcile. Occorre ripercorrere le vicende della Dalmine, di que iiiiiiiiuiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiii sta grande fabbrica dove si costruiscono i famosi tubi apprezzati in tutto il mondo. I danni bellici che l'azienda aveva subito erano stati gravi, ma celere era stata l'opera di ricostruzione. Senza contestazioni da parte operaia, 800 dipendenti erano stati licenziati nel '46, ma altri 1400 sono stati in seguito assunti, cosicché le maestranze assommano oggi a più di 6000 unità.. La Dalmine.ha sempre collocato con relativa facilita 1 suoi prodotti sia sul mercato interno che su quelli esteri; è l'unica azienda I.R.I. (per il 51 per cento; per il 49 per cento, è di privati) che non abbia mai chiesto ' niente allo Stato e che abbia Invece reso alcune centinaia di milioni; ed è Infine l'unica che abbia assicurato ai dipendenti una specie di interessamento agli utili attraverso un premio che nel 1949 si è aggirato sulle 100 mila lire in media a testa. Inoltre 1 lavoratori hanno un Consiglio di gestione e loro rappresentanti nel Consiglio di amministrazione. Inizio dell'agitazione Di questi rappresentanti, due erano stati bruscamente licenziati dalla direzione nello scorso giugno. Di qui, l'inizio dell'agitazione. I due avevano da tempo sollevato accuse formali contro il consi- ?llere delegato della Dalmine che dal '45 è il cav. Innocenti), al quale imputavano fra l'altro di aver venduto tubi della Dalmine allo stabilimento di Lambrate, di sua personale proprietà, con uno sconto arbitrario del 10 per cento; di avere inviato in Polonia, Jugoslavia, Argentina, Austria e Cecoslovacchia impianti per la costruzione di tubi che faranno concorrenza alla Dalmine stessa; di « avere fornito in proprio, a mezzo della suu azienda personale, alla Dalmine impianti di ingente valore con pagamento a consuntivo, con suo notevole profitto »; ecc. (riportiamo queste accuse da una citazione spiccata dall'avvocato di uno dei due licenziati nei confronti della Dalmine). Della questione fu Investito il collegio sindacale dell'azienda, che si pronunciò per l'Inconsistenza delle accuse. Analogamente, nonostante voci contrarie,'"' decise l'assemblea degli azionisti. E 1 due vennero licenziati Improvvisamente. Le organizzazioni sindacali reagirono contro l'allontanamento di due dei rappresentanti degli operai con un'agitazione protrattasi per mesi. Sinché, verso la fine dello scorso anno, la situazione si aggravò per l'annuncio dato dall'azienda, del trasferimento degli uffici direttivi da Bergamo a Milano. Inutilmente la Dalmine fece presente che non si trattava di una novità in quanto la costruzione dellasede milanese era stata iniziata due anni prima e in quanto il provvedimento interessa solo 150 degli 800 impiegati e nessuno dei 6000 operai. Un blocco solo Di colpo, miracolosamente, ogni divisione cessò a Bergamo. Sacerdoti e comunisti, Camera di Commercio e Camera del Lavoro, Lìberi sindacati e nenniani, romitiani e Deputazione provinciale, banchieri e bottegai fanno blocco. Vistò che le agitazioni per ora non portano a risultati, si chiede l'intervento del Governo; e, poiché questo non si verifica, ecco le dimissioni degli stessi dirigenti della D. C. locale ed' ecco oggi minacciate quelle del 200 sindaci della provincia al gran completo. Tutti gli enti cittadini, cinque partiti, le organizzazioni sindacali si stringono in un « Comitato di difesa dei lavoratori bergamaschi ». E il loro grido d allarme suona: « Il trasferimento degli uffici è solo il preludio a quello totale della Dalmine e alla conseguente disoccupazione di seimila bergamaschi; intervenga il governo contro le oscure mene dei dirigenti dell'azienda ». I quali dirigenti giurano e spergiurano che questi timori sono assolutamente fuori posto e dicono che tutto questo agitarsi contro di loro non costituisce che un « tentativo di scalata» a un'azienda che fa gola a parecchi. Sia come sia, la situazione è alquanto oscura e — trattandosi di società controllata dall'IRI — sembra opportuno l'intervento del Governo anche sotto forma di semplice chiarimento o assicurazione. H disagio nella zona è troppo grande: con i seimila della Dalmine, erano presenti nel comizio di stamane a Bergamo molti dei 3200 dell'Uva di Lovere — In agitazione perchè sono venute meno le consuete promesse di Stato — e molti dei mille della Caproni di San Pietro, che in tre mesi hanno in tutto e per tutto incassato seimila lire se scapoli, ottomila se sposati. Tutta la zona è in agitazione. E già, dichiarazioni di dirigenti sindacali lasciano prevedere imminente uno sciopero a scacchiera alla Dalmine. Cosi quindi sta per annuvolarsi l'orizzonte anche per uno dei non molti granii complessi industriali che sono finora riusciti a prc durre intensamente e bene e a vendere al di qua e al di là delle frontiere. Varrebbe la pena che i dirigenti dell'economia nazionale e soprattutto dell'industria di Stato uscissero dall'assoluto mutismo che ininterrottamente da mesi e mesi osservano nei confronti della vertenza Dalmine. G. Giovannini

Persone citate: Giovannini