Terra di Dio Stromboli

Terra di Dio Stromboli "PREMIO ROMA PER IL CINEMA» Terra di Dio Stromboli Il nuovo film di Rossellini è l'intenso dramma di una donna, antagonisti gli uomini, la terra e il mare (Nostro servizio speciale) Roma, marzo. Terra di Dio (titolo per l'Europa) è Stromboli («tolo per l'America). Oli è stato conferito il «Premio Roma»; e subito dopo ss n'è fatta una visione per la stampa. Si può quindi finalmente rispondere a wno degli interrogativi più insistiti del nostro cinema recente, si può una buòna volta parlare del film a ragion veduta. Troppi erano stati infatti, veri e falsi, gli episodi e le dicerie che, in un diffuso scandalismo, avevano accompagnato l'ultima fatica di Rossellini. Anzitutto la vicenda Bergman; poi il singolare duello di produzione Stromboli-Vulcano; poi ancora la vicenda Bergman; poi, nella imminenza della presentazione del film in America, il regista dichiara essere quella un'edizione mutilata arbitraria, non sua; poi la «prima» del film, in centinaia di sale americane, con.un èsito, soprattutto di critica,, ohe sembra in parte confermare quelle dichiarazioni; infine la solenne premiazione in Campidoglio. Raramente il romanzo di un film fu cosi romanzesco. Vogliamo jira dimenticare ogni cosa per accogliere soltanto quanto lo schermo ci offre? * * A Farfa, in un campo di concentramento, dopo la fine della guerra. Ospiti del campo sono soltanto donne, d'ogni età e condizione; sono le disperse dal gran turbine. Fra queste è Karin, una lituana (Ingrid Bergman). Non è una donnetta, non è una donnaccia. La sua educazione può essere stata raffinata, la sua sorte crudele; potrebbe facilmente scivolare per una china sciagurata; ancora tenta llllllllllllllllllllllilltllllllttllisfllllllllllllllllll in un qualsiasi modo di salvarsi. Non disdegna le parole d'amore d'un giovane di Stromboli, Antonio, che ronza attorno al campo, le parla della sua bella isola, della sua bella casa; e intanto Karin fa di tutto per ottenere un « visto » per l'Argentina, l'ultimo tentativo per raggiungere una vita libera e sua. Ma il « visto » le è nega-' to. Non sa più, allora, a che appigliarsi, in una tepida notte Antonio torna a dirle lo grossolane parole del suo rozzo amore; e quel matrimonio appare a Karin come l'ultima risorsa che le- rimanga pur di finalmente uscire dai reticolati del campo. (Tutta questa prima parte è decisamente qualunque; e non le dà rilievo nemmeno la presenza dell'eccezionale interprete. Ma quésto è soltanto un breve prologo; il film comincia con l'arrivo della coppia a Stromboli). Diruta, quasi deserta, l'isola è dominata dai sordi boati del vulcano. Il paese è un paesucolo, la casa-una stamberga abbandonata, il marito un primitivo. Karin aveva creduto di evadere; e si trova ora in un'altra prigione, fi primo torvo risveglio, il primo mattino, sono angosciati. Le poche case sembrano morte. Lamentoso, implacabile, giunge soltanto il pianto di un bimbo. Karin si aggira sperduta, dapprima per quelle povere stanze, dall'una all'altra delle finestre sbrecciate; e poi per le viuzze del paese, sempre accompagnata da quel pianto infantile, che l'ossessiona, l'esaspera, la prostra. Finalmente, accucciato su. di una soglia, scorge un ragazzino. Patito, spaurito. (Il pianto continua, chissà da quale culla, da quale dolore). Il ragazzetto guar¬ llllllllllllfllllllllltlltlltlllllltflfltillllllillllflllllllllt da appena la straniera; che invano gli parla, e si protende, ne vorrebbe un sorriso; e la straniera si sente più straniera, più esiliata che mai. E' questa la prima bella pagina del film, un ampio brano che non si dà tregua, dalle vibrazioni cocenti e segrete, drammatico pedale stupendamente sostenuto dall'eccezionale interprete. E quel pedale a lungo insisterà sulle sequenze successive. Invano Karin tenterà di aggrapparsi a quella che do-" vrebbe essere la sua vita. Ma tutto le apparirà chiuso, ostile. I pochi abitanti del villaggio la considerano nemica. Se, durante un'assenza di Antonio, ricorrerà all'unica cucitrice del luogo, non saprà . d'aver ricorso all'unica « mala femmina» del paese, alla quale sarà in breve accomunata. Il parroco le dà un pallido conforto; ma le incomprensioni e le maldicenze aumentano. TI marito le appare sempre più rozzo, violento. E ben presto anche lui orede a quelle voci, talvolta guarda alla donna come alla sua disgrazia, alla sua vergogna. Karin decide di fuggire. Vorrebbe indurre il. parroco, ngp, vecchio, ad aiutarla, vorrebbe indurvelo con più di una velata promessa; ma il prete la caccia dalla sua casa, d'ora innanzi l'ascolterà soltanto in confessione. Tutta questa parte alterna molteplici tocchi di dolente umanità, ora composita, ora primordiale, e sempre impareggiabilmente intuita dalla attrice in una cocente sordina, ad altri tocchi stranamente falliti (la serenata, il grido di € cornuto » che da una chiusa soglia all'altra accompagna un notturno ritorno dei marito). Ma la situazio- llllllllllllllllllllltlltllllllllltlltlllltllllllllllllll r à ne affonda' le sue radici, il dramma di Karin non teme di ripetersi, dispiega le sue variazioni; e il film s'addentra in quell'animo, e saie di tono. Ora Karin ha la certezza ^attendere un bimbo. E' come presa da una nuova rassegnazione; e da una nuova tenerezza per il marito. Lo raggiunge in mare. E' al largo, con gli altri, per la mattanza dei tanni. E questa mattanza (un ampio brano in cui Rossellini fa sfoggio di tutta la sua bravura), questo « lavoro » del marito, ai rivela alla dònna come un orrendo, insopportabile macello, di una barbarica,, solvanola ferocia. Ma riuscirebbe forse a superare quella nausea, quel disgusto, ancora acuiti dal suo stato; se, poco dopo, un'improvvisa eruzione del vulcano (altro brano stupendo) non costringesse-tutti a rifugiarsi sulle barohe, e a spingersi al largo, di là guardando l'isola che mugge, il mare ohe ribolle, la lava incandescente che per tutta la notte scende verso le povere case. -Karin non ne può più. Quella è una terra, maledetta, non dovrà nascervi suo figlio. E' d'Osa a tutto. Fuggirà pur di fuggire. Un ragazzaccio, un pescatore, da tempo la guarda con cùpido sguardo. Non le è difficile indurlo ad aiutarla, con più o meno velate promesse..Lui la attenderà a Oenosta, dall'altra parte dell'isola, la porterà dove lei vorrà. Per raggiungerlo dovrà superare la dorsale dell'isola, dominata dal vulcano; e Karin non esita ad affrontare il duro cammino. Sale, sempre più faticosamente. Le esalazioni del cratere la soffocano, la stroncano. Si sente finire. Invoca la morte, e ne ha orrore. Ancóra la riprende un disperato furore d'annientamento, per sè, per la vita che ha in grembo; crede di finalmente concedersi a quel nulla; e sviene. Alta la notte trascorre nel cielo. All'alba, in una ròrida freschezza, Karin rivede le brume rosate sul mare. Si sente come placata, ritrova il cielo infinito, riascolta la vita segreta che in lei è nata. Un'invocazione le sale alle labbra, Dio. Non può più ribellarsi, fuggire. Anche quel, la terra, che le era apparsa maledetta, è terra di Dio. Anche là potrà nascere suo figlio. * * Se si pensa a quello che, di solito, è il « soggetto » di un film, con gli scatti delle sue molle, le risorse delle sue cerniere, il « soggetto » di Stromboli è quanto di meno cinematografico si possa comunemente intendere. E invece il film c'è, 3aldo e vibrante, lineare e complesso. L'ultima parte, con la catarsi di Karin, non è la più convincente; ma come le sofferenze e i tormenti di questa donna sono stati indagati ed espressi, tutto ciò pone il film molto al di sopra di quanto è il solito cinema. Apparentemente è come un monologo, di Karin; ma un monologo che giunge al dramma, ed ha per antagonisti gli uomini, la terra e il mare. Raramente la natura fu cosi drammaticamente interpretata su di uno schermo. C'è, qua e là, dell'ibsenismo a gettoni; non mancano le note frettolose, le pagine un po' trite; ma tutto è pervaso da un'alta ambizione, che in più di un momento tende alla tragedia, nel ritmo di un'arte che non transige. Dalla secca efficacia cronistica di Roma città aperta e dal variegato albo di Paisà, dopo la grigia parentesi iniziatasi con Germania anno zero e comprendente Amoce: il cosidetto neo-realismo di Rossellini è qui nettamente superato da vibrazioni più alte. Non so come il film potrà apparire al nostro pubblico, date le enormi difficoltà del doppiato (la protagonista parla un disinvolto inglese di lituana quasi apòlide, parecchi tsoimii parlano un ingenuo inglese di emigranti tornati in patria); è assai probabile che la versione italiana danneggerà, e non poco, il film; ma, cosi come ci è apparso, è certo l'opera più ambizio¬ sa, audace e difficile di Rossellini. Il macchinoso armamentario del cinema è da lui considerato e adoperato con la disinvolta sicurezza con la quale il pittore adopera la sua cassetta. Di Stromboli, ad esempio, non è mai esistita una sceneggiatura. (I dialoghi, il regista se li scriveva mentre « girava », di volta in volta, la sera per la mattina. Con infinito stupore e non poco disappunto della Bergman, solita, a Hollywood, a studiarsi la « parte » per settimane). E' un artista. Istintivo e sapiente, candido e spericolato. Ora sta «girando* un San Francesco. Che il santo interceda per lui, e Dio gliela mandi buona. Mario Groino

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