Le figure dei maggiori imputati

Le figure dei maggiori imputati IL PROCESSO PER LA RIVOLTA DELL* AMIA TA Le figure dei maggiori imputati (Dal nostro inviato speciale) Lucca, 14 febbraio. Nell'udienza odierna la Corte ha risolto alcuni incidenti mossi dalla difesa per la citazione di nuovi testi a discarico di taluni imputati. E1 stata pure esaurita la lettura della sentenza di rinvio, composta di un centinaio di pagine dattilografate. Come si è già detto, il Cini Domenico, costituitosi nell'udienza di ieri, è il più elegante e ben messo dei 127 imputati, roseo e prospero. Era latitante da 17 mesi. Chiestogli dove si era nascosto in questo tempo e se si era trovato bene, ha risposto: « Mi sono nascosto tra il popolo, fra cui mi sono sempre trovato e mi trovo bene ». E' da vedersi però se quei 127 imputati, tra cui una cinquantina in carcere da oltre un anno, si siano trovati altrettanto bene. Il Cini è in capo all'elenco degl'imputati maggiori. Egli era ispettore del P.C.I. e all'epoca dei fatti si trovava da un mese nella zona dell'Amiata. Parti la sera stessa dell'attentato a Togliatti in automobile per la capitale — afferma l'accusa — dopo avere disposto quanto era necessario per la riuscita della rivolta nella zona di sua spettanza. Attraverso le testimonianze, taluna delle quali attinta dagli stessi coimputati, la sentenza rivela un "florilegio di frasi da lui pronunciate nei comizi ad Abbadia San Sal¬ vatore e negli altri paesi appunto In quella settimana. « B popolo dovrà farsi giustizia da sè — questo è il momento della riscossa — fuori le armi — questa è l'ora di vendicarsi, bisogna agire subito e con energia — l'Italia è già tutta in rivoluzione e il potere è nelle nostre mani — Slena è caduta e Grosseto anche — bisogna insorgere con ogni mezzo — Abbadia San Salvatore dev'essere all'avanguardia della rivoluzione italiana ». Altro imputato contro cui severamente si esprime il documento è quel Luigi Forti, reo confesso dell'uccisione del maresciallo di polizia Virgilio in correità cogl'imputati Gagnente Corrado, Fiori Arturo, Plzzetti Giusto, Piosati Rodolfo e Visconti Benedetto. W lo stesso Forti che li ha denunciati come correi. Secondo le sue dichiarazioni uno l'avrebbe istigato, un altro l'avrdbbe spinto al colpo e un terzo gli avrebbe premuto il braccio, aiutando cosi 11 coltello a penetrare nella schiena del disgraziato maresciallo. Ma gli stessi denunciati accusano lui dell'assassinio e lo hanno buttato a mare. Carlo Contorni è un altro imputato specificamente del lancio di una bomba a mano contro il camion che aveva trasportato i tredici agenti col maresciallo Virgilio, producendo lesioni a varie persone, segnatamente all'agente Michele De Fabrizio, che ebbe no- vantaclnque giorni di malattia. Le donne di questo processo, alcune delle quali giovani e carine, le altre dall'aspetto di virago, in quei giorni avrebbero dato triste testimonianza di anima perfida. Assunta Pacchierini insieme a certa Perugini Violante e ad alcuni altri amici, nonché con Cartoni Vittorio, Bellusco Alfio ed altri, si introdussero sfondando la porta d'ingresso nell'abitazione dei coniugi Sabatini, aderenti alla D.C., che stavano pranzando coi loro cinque figli. Tutti subirono minacce e violenze, segnatamente la giovane Sabatini Alina, che fu afferrata per i capelli, trascinata sulla strada e spietatamente calpestata sicché versò in pericolo di vita. Ma l'Assunta Bacchiarmi non fu sola in quei giorni a distinguersi. Ci fu pure la Be- nedetfl Rosa, che partecipò al-l'occupazione dell'ufficio postale e la Pierina Morelltnl, una specie di « Pasionaria » che aveva lanciato le proprie ciabatte contro un'autoblinda di carabinieri in segno di disprezzo. Essa però nega; ma rimase ferita al braccio anch'essa dallo scoppio delia bomba lanciata contro gli agenti e ciò fa supporre, secondo la sentenza, che partecipasse ai tumulti. Tra gli altri episodi citati nella sentenza singolare appare l'avventura toccata al conte Antonio Cervini, abitante in una sua villa a Vivo d'Orcia, villa che venne invasa da una turba di facinorosi capitanata dagl'imputati Pollini e Rossi. B conte e suo figlio furono obbligati colle armi a seguire i rivoltosi alla Casa del Popolo, dove subirono una specie di processo. Davanti a una speciale commissione, segui que sto interrogatorio: — Cosa pensate dell'atten tato all'on. Togliatti? — Lo sappiamo or ora da voi. Naturalmente, noi lo deploriamo. — Non basta. Voi siete ricchi. — Abbiamo dato gratis dieci ettari di terreno alla locale cooperativa — Ve ne restano degli altri Occorre farne donazione alla Casa del Popolo. I catturatori andarono in cerca di un foglio di carta bollata (tanto per essere nella legalità ) sul quale il conte avreb- 1 ne dovuto sottoscrivere l'atto di donazione. Si perse del tem po, perchè il tabaccaio del pae se, per quanto comunista, si era affrettato a sprangare la bottega sotto il pretesto dello sciopero generale. A un certo punto si udì lo sferragliare dei carri armati di una formazione corazzata dell'esercito. La Casa del Popolo si sfollò immediatamente. Se la svignò anche il tribunale e ai conti Cervini il Rossi, nell'andarsene, disse minaccioso: « Però loro non sono liberi, stiano in casa e saranno piantonati >. Infatti la villa fu subito piantonata, ma dai carabinieri Erede Moggi hi-

Luoghi citati: Abbadia San Salvatore, Grosseto, Italia, Lucca