A che punto la Bellentani?

A che punto la Bellentani? IL DRAM MA 91 VILL A M> 9 E S W E A che punto la Bellentani? Della perizia si sa soltanto che pccupa 500 pagine - Gli americani darebbero 200 mila lire per una fotografia della detenuta - Questa non si preoccupa della sua sorte e ripete che del suo gesto deve rispondere solo a Dio e a suo marito (Dal nostro inviato speciale) Aversa, 28 gennaio. Ridivampa, come argomento di attualità, il caso Bellentani, perchè la sua istruttoria sembrava finita. Non è così. Manca tuttora la deposizione agli atti della perizia sullo stato mentale della contessa omicida, perizia che il prof. Saporito è ansioso di condurre a termine per lo meno con la stessa premura di chi vorrebbe scorrerla; a ritardarla, ha contribuito una recente indisposizione influenzale, cessata appena il 24 coir. La sua prima parte, di natura essenzialmente descrittiva, è già stata congegnata al giudice istruttore Di Marco; la seconda e la terza, pur se ultimate, sono indispensabili al perito, come materia prima della quarta ed ultima parte: la conclusione. Le varie parti sono gelosamente custodite, e si può escludere in termini categorici che ne siano trapelate indiscrezioni. Al massimo, si può accettare come verosimile che l'insieme comporti 600 pagine dattilografate, qualche cosa come circa tre romanzi. Scienziati svizzeri ed argentini, recatisi dal prof. Saporito per chiedere di esaminare la perizia senza nessuna curiosità! profana, non hanno potuto saperne di più. L'ambiente e i libri Senonchè, la stessa lunghezza della perizia ed il gran tempo risultato necessario a perfezionarla, dicono chiaramente che la faccenda è complessa, ed -allora, nella corsa ad indovinare, si va dicendo, come verità già scontata, che la Bellentani sia pazza, e riconosciuta come tale. Savia non lo fu, di certo, e nemmeno di normalità sufficiente. Pur astraendo dal delitto in sè stesso, il quale, secondo Pascal, già indica « disarmonia » psichica, se è vero, come sembra, che lei, una sessualmente frigida, pensò di potersi perdere allo scopo di « redimere » un dongiovanni, eccola in un'impresa talmente temeraria da far dubitare della sua ragione, senz'altra aggiunta Ammesso però un difetto di ragione, comunque considera' to, resterebbe da stabilire se esso riposa su basi organiche, e quanto. Non come segreto d'Istruttoria violato ma come semplici notizie, apertamente attingibili a Sulmona (paese d'origine della Bellentani) è assodata una gravissima infezione luetica nel padre di lei, anteriore alla sua nascita, ed a lei trasmessa. Ma non tutti i luetici uccidono, o si abbandonano a stravaganze antisociali. Se la lue può essere un terreno fertile di pazzia, bisognerebbe cercare altre cause determinanti, siano esse remote od occasionali. Diamo uno sguardo all'ambiente. Si è parlato di cocaina, assorbita con l'indifferenza di v.un succo di pomodoro, nel gruppo che lei frequentava. L'esame del sangue non ha però riscontrato nella Bellentani nessuna traccia d'intossicamento, dovuto a cocaina, od altri stupefacenti. Si è detto d'interessi materiali, bruscamente turbati od offesi, si da determinare un offuscamento cerebrale per sottrazione di una sorgente di benessere, costituita dall'uomo ricco; ma l'Intendenza di Finanza ha proceduto a rigorosi accertamenti sulla consistenza patrimoniale del Bellentani (il marito) e dei Caroselli (la famiglia di lei) trovando sia l'una che l'altra come «invidiabili», e sembra che in questo campo, l'invidia sia una misura metrica al superlativo. E' inoltre un dato non confutabile che la Bellentani mai ricevette dal suo amante altri regalucci, all'infuorl di libri. E qui s'innesta un'altra forma di possibile pazzia. Quali libri ella amava? Non è certo che ella ne ricevesse uno inedito, opera poetica e sconcia dello stesso amante, consistente in versi dialettali, chi dice 3929 e chi 3810. Non è neppure garantito, che i suddetti versi fossero dedicati alla Bellentani, e se mai lo furono, dovette, trattarsi del gesto di un cinico o di uno scherzo di pessimo gusto, nulla essendo più lontano dallo spirito di lei che gli scritti pornografici, specialmente uno come quello che — dicono — sarebbe di una volgarità sconcertante. Nel manicomio di Aversa, il suo innato desiderio di lettura ha chiesto il sussidio di Ibsen e di Tolstoi. senza tradire nessuna sete, ad esempio, di un Lawrence, un Sartre, un Miller. Staccata dal mondo Fino a quale punto Tolstoi, e soprattutto Ibsen, possono averla avvelenata? Dalla maniera come legge adesso, è impossibile dirlo. Adesso, concetti e parole scivolano senza presa nell'ombra cupa che la divora all'interno e che si traduce in una febbre costante, della quale, i medici, non sono ancora riusciti a trovare un focolare accettabile nella materia; la sua anima si direbbe chissà dove, prigioniera di qualche segreto, o fra le strette di un dolore inumano che domanda la grazia di poter dissolversi nella morte. Ella mangiucchia svogliatamente, dorme poco, non vuol vedere nessuno — e nessuno l'ha vista — che non siano i suoi parenti più vicini, l'avvocato difensore, i medici. Una sua cara amica, venuta apposta da lontano, non fu ricevuta e, dopo inutili insistenze, dovette accontentarsi di lasciare una rosa rossa che parlasse per lei. Nessun giornalista l'ha accostata, nessun fotografo la ha raggiunta, neppure con i teleobiettivi. E' vero che sul mercato americano, un'eventuale fotografia della Bellentani non ha ancora euperato lltsdvtalcsumepnnecrspcaembsnsqscAndeczlmpclieltsap la quotazione di duecentomila lire ma non è questo che conta: è che la Bellentani — classificata egocentrica ed avida di primi piani — appare invece come totalmente staccata dal mondo. Per rispondere al complesso questionario della perizia,- ella ha vergato un centinaio di pagine autodescrittive ma nessuno ha mai udito dalle sue labbra la domanda naturale in chi, avendo esagerato, è alle soglie di un processo grave: — Mi condanneranno? — Par che nemmeno ci pensi. Se costretta ad esprimersi, va mormorando che, del suo gesto, ella deve rispondere soltanto a Dio e a suo marito. Questa seconda parte dev'essere già stata compiuta, poiché il marito, avrebbe già dichiarato che egli vede in lei «soltanto la madre delle mie bambine». Premeditazione o caso? Lasciando da parte i possibili rami di pazzia — e ce ne sarebbero degli altri — la cronaca deve soffermarsi sul gesto omicida per vedere se c'è qualche cosa di nuovo. H gesto fu volontario, senza che ciò significhi premeditazione? Ai primi interrogatori, la donna negò, e disse trattarsi di disgrazia. Successivamente, ella avrebbe ammesso una certa, tal quale determinatezza. Se questa ci fu, è da collocare nell'ultimissimo momento, e dovuta ad azione pressoché meccanica. E' noto che ella ritirò dal guardaroba la fatale pistola Beretta, cai. 9, insieme con la sua cappa di ermellino, una borsa e un pullover di suo marito. Se giunta in precedenza alla conclusione di dover uccidere, ella avrebbe gettato via borsa e pullover, forse anche l'ermellino, e fatto fuoco sul bersalio a bruciapelo, nel gesto rammatico di simili atti. Invece, se ne sta quasi a braccia conserte, con borsa pistola e pullover sotto l'ermellino, nè la pistola è puntata come a traiettoria precalcolabile. E' una fatalità tuttora misteriosa ad aver provocato la morte del Sacchi. Il proiettile non ha bucato l'ermellino, come fu scritto più volte, a cerchio completo (il ohe lascerebbe presumere chissà quale posizione nascosta dell'arma) bensì a semicerchio sull'orlo de- stro all'altezza del seno, quindi da una posizione naturale di attesa. Conclusione: si può arguire che la Bellentani non volesse uccidere il Sacchi eppure lo uccise, mentre poi voleva uccidersi e l'arma non rispose per inceppamento, fenomeno riconosciuto e frequentissimo nella Beretta, cai. 9, anche in guerra. Purtroppo, però, anche a dar tutto ciò per ammesso, non si chiarisce il problema. Difatti, non di collera occasionale ai trattava ma di turbamento assai più profondo, perchè sembra che la Bellentani, nel negare la volontarietà dell'atto, abbia portato anche questo argomento: — Non e da escludere che, fra tre o quattro giorni, lo avrei magari ucciso, però... Ho sperato di saperne di più parlando con il difensore della tragica amante, aw. Angelo Luzzani, oggi ad Aversa, e che dev'essere al suo ventesimo colloquio con lei. Entrato nella malinconica dimora alle 11, ne è uscito circa alle 16. Ma egli dispone di troppi sorrisi per incapsulare i suoi segreti e fuggire con essi senza perderli lungo la strada. Egli mi ha detto a lungo di altre ospiti della stessa malinconica dimora, come la Cianciulli e quella Rosa Frigerio che, in un accesso di febbre puerperale, uccise due suoi bambini. La Cianciulli (l'ex-saponiflcatrice) è la più tranquilla tra le varie pazze, e la Frigerio « completamente rimessa » e una « brava donna >, addetta alla biancheria. Interessante, ciò. Ma, e Bellentani? 1ltlllllllllllllllllllllllllllllllllilltllllll1lllllllllllllla Tra le suore Poco o nulla, su di lei. L'aw. Luzzani mi ha confermato come verità assoluta che la Bellentani non riceve ' nessuno all'infuorl di lui, dei parenti prossimi e dei medici. Esatto l'episodio dell'amica, e della rosa. Esatte la febbre, l'inappetenza, l'insonnia. Tutte le volte che le suore lo vedono, si affrettano a dirgli: — La induca a mangiare... — A proposito delle suore, si può anche aggiungere che, la loro presenza, costituisce per la Bellentani, come una diminuzione di pena: da piccola fu educata in un collegio di suore e, quasi quasi, adesso... Se poi vi sembra di poterci trovar dentro come il sintomo di qualche mistero, vi dirò pure questo: Io ho domandato al Luzzani se, da parte del Sacchi, in quella brutta notte vi fu provocazione accertata o accertabile; egli mi ha risposto, come divagando, che, nel codice attuale, la provocazione sussista, non soltanto se dà luogo a « reazione in un impeto d'ira » ma anche se determina uno « stato di ira ». Quali le cause di questo « stato di ira ». se ve ne fu uno? In attesa di poterle eventualmente conoscere, ed anche dopo, io penso sia nostro dovere, guardare al tutto con occhio umano, e nient'altro. Nel quadro di questa umanità non vanno dimenticate due bambine, attualmente a San Remo, tra suore francesi — due bambine gracili ma sane — le quali pregano per la loro mamma « che è in un ospedale, tanto ammalata ». A. Antonucci iiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiiiiiiiniiiiiiducrdmnprtpGnmdtstt

Luoghi citati: Aversa, M>, San Remo, Sulmona