La pietosa fine del Bolla

La pietosa fine del Bolla L 'ECCIDIO DELLA "OSOPPO,, La pietosa fine del Bolla Gli imputati piegano il capo sotto il preciso riconoscimento dei testimoni Brescia, 18 gennaio. Le deposizioni dèi tre superstiti della strage iniziate ieri sono continuate oggi. Primo teste quel Leo Patussi detto Tto, ohe già ieri aveva riconosciuto tra gli-imputati in gabbia due del partecipanti alla spedizione contro gli osovanl; Egli, precisa, fu risparmiato dalla strage da un amico garibaldino; poi si finse ammalato, riuscì a fuggire e a ritornare nelle file di un'altra unità della Osoppo. Il teste, ad invito del presidente, si porta davanti alla gabbia, passa in rassegna gli imputata e riconosce, oltre i due di ieri, il Bastian, il Longo e il Felcaro, l'Osso, il Titti, il Giolli, il Di Gaspero, il Peressin e il Julita. I garibaldini riconosc'uti non hanno ribattuto parola. E' la volta, quindi, del carabiniere Gaetano Valente, ex partigiano chiamato «Cassino». Il teste ohe parla con accento siciliano narra delle tragiche giornate che lo ebbero a testimonio e della., nobile figura di uomo e di* soldato del comandante Bolla. « Era un vero padre per tutti'», dice a Valente. Egli lo vide l'ultima volta quando, catturato nella sua malga, venne condotto in quella di Bolla. Questi stava tra un gruppo cT armati. Aveva le mani legate, il viso tumefatto e dalla bocca gli usciva sangue. Qualcuno avverti che gli osovani che des'deravano passare nelle file garibaldine, dovevano schierarsi in uno spiazzo poco dìstante. Nessuno si mosse. Bolla allora disse: « Ragazzi, andate con loro; la patria può essere servita sotto qualsiasi bandiera. Io conosco la mia sorte ». II Valente fu quindi, con gli altri prigionieri, costretto a iniziare la marcia di trasferimento. Aveva percorso forse trecento metri, quando dai pressi della malga furono sparati alcuni colpi. Il teste capi che erano destinati a Bolla. Richiesto se riconosce qualcuno degli imputati, il Valente addita Osso e Titti (che erano tra coloro che lo arrestarono e che il teste vide sparare contro il Comin e la Turchetto), «Stefano» (Cantarutti) e «Bomba» (Caldana). Poi conferma il particolare delle scarpe indossate dal Rossitti. Il capitano degli alpini Aldo Bricco, detto Centina, il terzo che riuscì a sfuggire al massacro, dice che se ne stava con Enea fuori della baita, quando fu assalito, improvvisamente, da quattro uomini armati che incominciarono a percuoterlo sotto la minaccia del mitra. Uno poi ordinò: « Portatelo dentro la malga». Il Bricco spiccò allora un salto da una parte e si buttò velocissimo lungo il pendio mentre intorno a lui fischiavano le pallottole. Quando tornò il silenzio, si accorse di essere ferito (aveva sei proiettili in corpo) e sentendosi mancare decise di puntare sul paese di Babedischis, presidiato dagli sloveni. Fu medicato e, in buona fede, raccontò che i repubblichini (gli armati parlavano italiano) avevano assalito il suo presidio. Il teste Don Angelo Moretti, cappellano della « Osoppo » fu lui a seppellire i corpi di Bolla, di Enea, della Turchetto e del Comin. I primi due recavano evidenti l segni delle sevizie e delle percosse. Anche le salme dei 14 osovani fucilati a Spessa e in altre località, furono da lui ricomposte. A questo punto tra don Moretti e il Modesti si accende una polemica causata dall'affermazione del sacerdote che 1 garibaldini dipendevano, con disciplina di ferro, dal partito comunista

Luoghi citati: Brescia, Osoppo, Spessa