In un piccolo paradiso borbonico parla l'obiettore di coscienza di Vittorio Gorresio

In un piccolo paradiso borbonico parla l'obiettore di coscienza LETIZIA E PACE ERANO INTORNO In un piccolo paradiso borbonico parla l'obiettore di coscienza A tavola, tra occhi neri e lucidi cristalli, Pietro Pinna riafferma i suoi drammatici propositi: è pronto a farsi condannare una quarta volta - Gli spiace per i suoi, che sono poveri... - Conciliante suggerimento al ministro Pacciardi (Dal nostro inviato speciale) Villa Lucia al Vomero, gen. Qui stava la duchessa di Floridia e principessa di Par-. tanna Inicia Migliaccio, vedova di Benedetto Grifeo e del Bosco, duca di Ciminna, e moglie morganatica di. Ferdinando IV di Borbone: ora vi abita un amico che fa il nostro mestiere di giornalista, Oa da Napoli a /Sonia tre o quattro volte per settimana, frequenta i ministeri, la sala stampa e le tipografie; lo vedi vivere randagio a Roma, tra un ufficio un caffè una redazione, si da poterlo immaginare uno senza tetto. La bella Floridiana «afa perchè" esci di casa?» gli domanda dolcemente Mario Vinciguerra. Si guarda attorno e cita da un libretto di Salvatore Di Giacomo: « Da poeta direi che se Amore avesse dovuto sulle sponde del Sebeto comporre per se stesso una stanza da letto, non l'avrebbe meglio immaginata di quel che si mostra a' nostri occhi incantati la bella Floridiana ». Da due lati si vede la campagna, da un altro lato Castel Sant'Elmo, e dall'ultimo Napoli e il mare. Vallette amene, orride rupi, siepi fragranti, boschi imbalsamati, lucide camelie e rosati oleandri e granati silvestri e canestri di rose e pioppi e salici e fontane, Genii, Amorini, Muse, Grazie, colonne doriche, facciate pompeiane, figurette neoclassiche, statue, tempietti, affreschi, porcellane, tabacchiere, avoril, stucchi, miniature, il Vesuvio di fronte, la punta Campanella e l'isola di Capri. «E non'ti basta, e non stai qui?», domanda ancora Vinciguerra dolcemente malinconico nel suo viso di cera. La signorina Saragat batte le ■ mani, suo padre chiede se venendo a Napoli Goethe sia stato qui. La padrona di casa, moglie del nostro irrequieto collega, •è dolcissima, bionda e molto alta. Tra gli invitati a pranzo c'è un collega laburista, corrispondente del Daily Herald, che si ricorda come fosse Lucia Migliaccio di Par- tanna: ebbe statura piuttosto piccola, forme snelle e leggiadre, era bruna di colorito e di capelli, aveva il viso attraente, belli e vivissimi occhi neri. Anche la nostra signora bionda ha occhi neri e mobili per gran vivacità, e in es"si almeno si assomigliano le due padrone alla distanza di 130 anni. « La conosce, signora — chiede Umberto Colosso — la piccola, famosa ode siciliana che Giovanni Meli dedicò agli occhi della prima tra le signore di questa casa? Occhiuzzi niuri Si taliati, Faclti cadiri, Casi e citati: Jeu, munì debuli Di petra e taju, Considiratilu Si allura caju! La padrona di casa è torinese e le occorre perciò una traduzione che le dia il senso dei versetti: sono in lode di occhi dichiarati capaci di fare cadere mura e città; e figurarsi quindi se il poeta, che è un uomo, un muro fragile, possa evitare di cadere. Ridono tutti, Saragat, la sua figliola e il suo segretario, Vinciguerra e Calosso, il giornalista inglese, tre colleghi italiani, il padrone di casa; e la padrona leggermente arrossisce. Un poco tetro... Uno resta impassibile, un giovanotto un poco tetro con un ciuffo sulla fronte, le labbra grosse, naso carnoso, occhi sbarrati. Veste modestamente, lo s'indovina poverissimo, forse è affamato, ■ ma alle prese con i cristalli e il vasellame di Ferdinando IV di Borbone distribuito con garbo sulla tavola è tuttavia il più, disinvolto. Dando di gomito Calosso mi domanda: « Hai capito il suo nome? E' Pietro Pinna, l'obiettore di coscienza ». To', Pietro Pinna in questo luogo; gli hanno intentato due processi, diciotto membri della Camera dei Comuni e sette Lorde hanno scritto a De Gasperi appellando in favore di lui, e ha scritto Garry Davis, primo cittadino del mondo, gli sono arrivati messaggi di simpatia dal Canada, da Eretz Israel, dalla Svizzera e dall'Australia, c'è un progetto di legge presentato da Calosso e da Giordani sul suo caso, i colonnelli di due C.A.R., di una scuola ufficiali' e di due tribunali militari' hanno affrontato le sue obiezioni e le sue polemiche, i comandanti, i carcerieri e i detenuti di due stabilimenti di pena hanno ascoltato le sue prediche, il Ministero della Guerra lo ha assegnato quattro volte a differenti destinazioni, ognuna delle quali è stata l'anticamera di un processo e di un carcere. Ora, alla tavola della duchessa di Floridia e di re Ferdinando, Pinna dice: « Massimamente sono persuaso che non sarò mai liberato. Vojiivo rifiutare il beneficio del condono dell'Anno Santo perchè sto meglio in carcere che in celta di rigore al reggimento. Stavo a Castel Sant'Elmo, che si vede di qui, e mi trovavo bene. Avevo chiesto di rimanere, ma non è permesso respingere la legge. Mi hanno mandato al reggimento, a Bari, per finire la ferma, al nono fanteria. € Massimamente mi dispiace discutere coi miei superiori sottufficiali e ufficiali. Massimamente non mi capiscono, massimamente penso ai miei genitori che avranno un terzo soprassalto di cuore per il mio terzo processo. A Bari ieri ho perso la pazienza e ho ripreso il treno per tornare a Napoli e ora sono nella condizione di assente arbitrario dal reparto. Però ho deciso di tornare a Bari perchè non voglio farmi dichiarare disertore, massimamente per non commettere un altro reato. Parto domani ». Tornando a Bari farà il quarto rifiuto di obbedienza (il primo~è stato a Lecce, il secondo a Casale Monferrato, il terzo ad Avellino), il colonnello gli farà il discorso che già conosce, davanti alla bandiera: « Soldato Pinna, se tutti volessero fare come te chi mai difenderebbe questa bandiera?*. Pinna risponderà come ha risposto le altre volte: «Massimamente, signor colonnello, non insultiamo i soldati che difendono questa bandiera e quelli che sono morti per difenderla. Non sono pecoroni gli uomini che lei comanda, non erano pecoroni forzati dalla legge quelli che sono,.morti. Penso ohe abbiano combattuto per la coscienza, non per la paura dei carabinieri e della legge ». Cercando un compromesso Il colonnello 'del reggimento resterà interdetto come già i suoi colleghi della scuola ufficiali, dei C.A.R. e dei tribunali militari, troncherà la discussione che la legge non gli consente di sostenere, deferirà il soldato Pinna, recidivo un'altra volta, alla giustizia militare. In nome della legge il soldato Pinna sarà ancora condannato, se altri condoni non vi saranno sconterà tutta la pena, il Ministero della Guerra lo manderà a un altro reggimento per compiere la ferma. Tutta la storia ricomincerà una quarta volta, poi una quinta, forse una sesta, fin tanto che il soldato Pinna, 23 anni, non compira 45 anni, età che è termine degli obblighi militari per un cittadino italiano in tempo di pace. Se scoppierà una guerra starà invece nel carcere fino a sessanta. « Massimamente mi dispiace — dice Pinna — perchè a casa io ero il sostegno della famiglia come • impiegato. Mio padre è un pensionato dell' amili - i> trazione carceraria e lei capisce, lei può immaginare le condizioni quali sono ». Pinna ha però un fratello che si chiama Giuseppe e che andrà ora sotto le armi. Non è obiettore, farà il servizio. Dice la legge che se due fratelli sono chiamati contemporaneamente, il servizio dell'uno può consentire che sia rinviato quello dell'altro. Cosi il servizio di Giuseppe potrebbe ora sospendere, -per' circa un anno, gli obblighi di Pietro. Entro un anno la legge sugli obiettori di coscienza potrebbe essere approvata. Ma se non fosse, non esiste un mezzo per non creare un martire, per evitare un caso odiosot Il ministro Pacciardi fac~. eia assegnare Pietro Pinna a una compagnia di Sanità: invece di istruirlo al tiro a segno e al maneggio delle bombe a mano, mettano a •lllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllillllUIUII Pietro Pinna la stella in fronte e al bavero le pipe di color amaranto: il giovanotto è abbastanza robusto per un portaferiti, è intelligente e colto quanto serve per dosare una purga o distribuire le pasticche di chinino; e sarà salva l'anima di Pietro Pinna e in pace la coscienza di Randolfo Pacciardi. • Noi così pensavamo l'altra sera, Calosso, il laburista, Vinciguerra, Saragat e la padrona di casa. L'ombra di Ferdinando di Borbone probabilmente ci aiutava ad escogitare il compromesso, e la letizia che la pace e la bellezza intorno ci infondevano, ce ne faceva avere la speranza. Un martire, in quel luogo,-lo sentivamo fuori posto; magari solo perchè disturbava la nostra beatitudine. Vittorio Gorresio