Rina Fort rievoca alle Assise Ia sera della grande strage

Rina Fort rievoca alle Assise Ia sera della grande strage 1 GRIDI D'ODIO E> I>T MORTE} DBI>LA FOLLA Rina Fort rievoca alle Assise Ia sera della grande strage Apparizione nell'aula della fosca protagonista • Il racconto della tragedia: una sigaretta che stordisce, il litigio con la Pappalardo, i colpi replicati • E i bambini? - "lo non ho toccato i bambini,, > Il lungo sonno, ed al mattino il soprabito lordo di sangue (Dal nostro corrispondente) Milano. 10 gennaio. Dopo tre anni, un mese e dodici giorni dal 29 novembre '46, in una sera come quella, buia, (nebbia densa e grassa), Bina Fort deve essere, come allora, sconvolta; certo nella sua mente è l'orrore, il raccapriccio della scena che l'ebbe a protagonista, nella strage di via Ban Gregorio. Ritorno di ossessione t e delirio causato dalla rievoca«ione ohe l'assassina ha fatto del suo delitto oggi, atta Cor- te d'Assise, di Milano, innanzi ai giudici della prima sezionerdurante l'interrogatorio. Si ferma perplessa Ma oggi Rina Fort non ave-] IIIIIIIIIIIIIIIIIIIINIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII va il terrore negli occhi ohe< indubbiamente dovette avere quella sera. Rina Fort è appar-jla con dipinta sul volto una'strana sofferenza. Ma i lineamenti erano composti, lo sguardo quasi calmo. Eppure quegli occhi, nel drammatico raocon- to reso alla Corte, devono aver rivisto l'eccidio, quel cuore de- ve aver risentito il gelo morta- <é dello sterminio di cui é im- putata, e il suo cervello deve aver vacillato ancora in una specie di vertigine. Come allora. Uà fosca protagonista, al suo apparire stamane poco dopo le 9,30 sul primo gradino della gabbia, dopo essersi fermata un istante come perplessa, con alle spalle i carabinieri, sul limitare della porticina segnata t dal numero ÌB, olla quale si giunge dai sotterranei ove sono situate le celle di sicurezza del Palazzo di Giustizia, aveva appunto un aspetto fermo, rei volto pallido e dominato ] — volto dai caratteristici zigomi leggermente sporgenti —, che muta singolarmente espressione per la mobilita dei grandi minio, non meno sensuali ed espressive. In lei non c'era nessuno di < occhi e per l'ansietà che a trai " f» ff??1** neBo *ìor<0< m,T j dilatate, sensuali, e sulle 'labh™ aM>eno arrossate Meap ?tt<* 8f9^, di quei tratti che ]a fantasia della gente aveva <m.™^"a*0I.fer lei°1e "T» attribuiti chiamandola «stre- - ^.^%JF%gZ£ celebre e balzò ad uno dei primissimi piani nella cronaca delle nefandezze dovute alle piit, abbiette figure di criminali. Comunque, al suo apparire nell'aula, corse un brivido tra la folla, e si levò il grido di: « Assassina, a morte!». Davanti alla grande gabbia i fotografi, che un ordine del presiden! {e ^arantonio giunto troppo o tardi non era riuscito a fare S usdre dall'aula, fecero scattare ali obbiettivi; per parecchi Istanti la gabbia e Rina Fort -; furono avvolti come in un ab- bagnante alone di luce sinistra, - Rina Fort lentamente andò a sedere su un pancone dentro a j la gabbia, proprio nel lato voi- i e , i ù n e a i . e e i , a i e o e a o e e o 5 a i i , e e i to alla Corte, volgendo le spalle al pubblico e coprendosi il volto con un fazzoletto nel tentativo di sottrarr» ai fotografi almeno la faccia. Vestiva un palato nero di lana che le scendeva poco sotto 41 ginocchio, aveva il collo /asciato da una sciarpa color canarino, pure di lana, Che spesso ella si tirava fin sulla bocca; indossava guanti ài camoscio nero, calze di nylon trasparentlssime e calcava scarpette scamosciate di foggia scottata, allacciate alla caviglia da un sottile cinturino, tacchi medii. I capelli erano pettinati all'lnsù con le bande liscie tirate sopra le orecchie e raccolti poi sulla nuca in un piccolo chignon. Da tutte e quattro le porte di accesso alla grande aula, premeva una folla enorme. Nello spazio riservato al pubblico, non erano potute entrare che poco pia di duecento persone. / banchi degli avvocati e quelli dei giornalisti erano invece stipati. Molti gli in-' viati speciali anche dall'estero. Il Ricciardi parte civile Dietro quelle porte si udivano urla e imprecazioni: erano le urla e le imprecazioni di oltre tremila booche. Ma poi il chiasso si placò, le oltre tremila bocche si chiusero e tutta quella gente, parecchia della quale si era data convegno sui gradini della grande entrata del Palazzo di Giustizia dal lato di via Freguglia alle 6 di stamattina, si rassegnò ad attendere le notizie che qualcuno ogni tanto, uscendo dall'aula, poteva portare. Nel grande silenzio si è udito poco dopo il lieve passo dei componenti la Corte che entrava. Il presidente Marantonio, il procuratore generale dott. De Matteo, il consigliere giudice togato Danai, i giudici popolari, hanno preso ognuno il proprio posto. B il presidente ha subito parlato per avvertire che « questo processo sari forte più lungo di quanto è stabilito », e per precisare che si tratta di un grave processo per cui «si deve fare quanto è nelle nostre umane possibilità, per condurlo a termine secondo giustizia ». Quelle semplici parole erano l'espressione più viva della verità. Delle difficoltà.del dibattito certamente il primo a rendersi conto è lo stesso avvocato difensori, Antonio Morsico. Tra l'altro due famiglie si trovano in aperto contrasto, e tutte e due ugualmente percosse dalla strage: sono le famiglie Pappalardo e Ricciardi. Questo contrasto ha infatti dato origine ai primi scontri giuridici nell'udienza antimeridiana, contestando l'avvocato difensore a Giuseppe Ricciardi il diritto di costituirsi parte civile. Perchè? Il Ricciardi per diciotto mesi fu in carcere. Rina Fort aveva detto che « lui sapeva », che «lui l'aveva spinta contro la moglie». Ma t'accusa cadde, e il giudice istruttore rifiutandosi di credere che il Ricciardi avesse voluto non solo la morte della sposa ma anche dei suoi tre teneri figU — Giovanni di 7 anni, Giuseppina di 5, e Antonuccio di 10 mesi appena — lo prosciolse in istruttoria. All'istanza del difensore è insorto l'aw. Franz Bamo, patrono del Ricciardi: « Quest'uomo — ha detto — è il padre di quei bimbi uccisi». 21 procuratore generale è intervenuto a sua volta oon pacate e precise ma amare parole, e ha concluso con il sostenere che il Ricciardi aveva diritto a costituirsi parte civile. E' allora esplosa la violenta infiammata protesta dell'avo. Antonio Ciómpo, patrono di parte civile per la famiglia Pappalardo: nessun diritto a colui ohe avrebbe dovuto essere ritenuto forse il più diretto responsabile morale della tragedia: <La sua presenza in quest'aula è non solo un'offesa per noi — ha esclamato l'aw. Ciompo — ma anche per le vittime e per ta loro memoria». Il famoso Carmelo Bi sono levate approvazioni dai pubblico: erano quelle di alcuni dei siciliani giunti stamattina da Catania. A quelle approvazioni sono seguite alte urla, grida minacciose, roventi invettive contro l'imputata € Morte a Rina Fort: bruciatela viva sul sagrato di piazza Duomo!». L'accesa rampogna è però caduta nel silenzio Imposto dal presidente sotto la minaccia di far sgombrare l'aula. Ritiratasi la Corte per decidere sull'istanza della difesa, anche la Imputata è stata fatta uscire; le sue mosse erano seguite dalla fotta con un sordo mormorio. Poco dopo l'Incidente veniva respinto, come respinti sono stati altri due incidenti successivi. Da sosta di mezzogiorno Rina Fort l'ha trascorsa in una camera di sicurezza di Palazzo di Giustizia; non ha voluto prendere cibo: un forte mal di capo la tormentava ed ha ottenuto un calmante. Benché abbia ripetuto di sentirsi poco bene e di non essere quindi in condizioni di continuare a presenziare al processo, alle 15,15 è riapparsa nuovamente nella gabbia. Fatta usctre dalla gabbia. Caterina Fort e rimasta in piedi. Il presidente avrebbe voluto iniziare l'interrogatorio ma con voce appena percettibile Caterina Fort, dopo aver declinato le proprie generalità (Caterina Fort del fu Celeste e della fu Maria Fedrigo, nata II 28 giugno 1915 a Santa Ludo di Bu dolo-Friuli), alle successive do monde ha dichiarato che si sentiva male e non era in grado di rispondere. Previsto il caso dalla procedura, caso nel quale l'imputa to si trovi nell'impossibilità di provvedere alla propria difesa, il presidente, su con/orme parere delle parti, ha ordinato che l'Imputata fosse sottoposta alla visi':' di un medico e designò il dott. Erminio Bossi, dell'Istituto di medicina legale. La saduta è stata sospesa e II dott. Bossi avendo dichiarato, dopo aver visitato la imputata, che benché Indisposta essa ero i» grado di parla¬ re, il presidente ha Iniziato senza alcuna esitazione l'interrogatorio. Rina Fort allora si é seduta, e prima con vooe lievissima, poi sempre più chiaramente, ha fatto il suo racconto partendo dalla sera del 25 dicembre '46 in cui Giuseppe Ricciardi per la prima volta in un caffè di piazza Cincinnati angolo via Lazzaretto, le presentò il famoso Carmelo. Da quel momento il nome del Carmelo (che secondo la Fort era appunto il Carmelo Zappulla, deceduto per canoro due mesi fa dopo aver trascorso diciotto mesi in carcere per le accuse lanciate contro di lui dall'imputato), ricorrerà decine e decine di volte nell'allucinante narrazione fino alla sera del 29 novembre, quella della strage. Il presidente Marantonio ha voluto dedicare gran parte della seduta pomeridiana, con indugio sottile, cavilloso, insistente, all'episodio di una sigaretta che Rina Fort, prima di entrare nell'appartamento di via B. Gregorio 40, aveva fumata, e le era stata offerta dal Carmelo. Dopo aver fumato quella sigaretta, la testa le girava, la vista le si era come annebbiata, senza ch'etto ne sapesse il perchè. * Appena entrata, il Carmelo mi spinse violentemente contro la Pappalardo e questa mi afferrò per i capelli; allora mi difesi e trovatami non so come fra le mani un pezzo di ferro lungo e pesante, picchiai sulla testa della Pappalardo, Presidente — Quanti colpi? Rina Fort — Non ricordo. Pres. — Che avvenne dopo? Rina Fort — Non so. Mi senta come mancare e vidi appena la Pappalardo cadere a terra. Poi rinvenni ma non ero pia nella cucina ove si era svolta la colluttazione, bensì netta camera da letto su un seggiolino e con un bicchiere fra le mani. Non ricordo più nulla. Pres. — E i bambini? Rina Fort prima di rispondere ha un attimo che sembra quasi di smarrimento e chiede: — I bimbi? Pres. — Sono stati ucoisi. Chi H ha uocisi? Rina Fort — Io no. Io non li ht1scl'pmls1deiPedimalpnprpcridcdlvBdpnsl8Iuaniiiiiiiiiiiiiiuttt;iiiiiitiiiiiitiiiiiiitiiitiiiiiniiiniii ho visti che per un Istante attorno alla madre. Strillavano e 10 mi litigavo con lei. Poi non so. Io non ho toccato i bimbi. Ma Rina Fort ha anche precisato che appena entrata nell'appartamento, mentre stava per socchiudere la porta e prima di essere scagliata contro la signora Pappalardo, uno sconosciuto era entrato dietro 11 Carmelo. Era disceso — ha detto — dal secondo piano. Chi era f Non ha saputo dire. Con il Carmelo si era recata dalla Pappalardo per essere autortoeata a prendere della merce dal magazzino sottostante per incarico del Ricciardi che, prima di partire per Prato, le aveva detto che con il Carmelo avrebbe dovuto riuscire a portare via tutto dal magazzino e dal negozio onde farsi passare per «rovinato da un rovescio di fortuna», e quindi potersi giustificare oon i suoceri per il suo proposito di far ritornare la moglie e i bimbi in Sicilia. A questo punto Rina Fort ha dichiarato di non poter più continuare. « Ho le labbra aride, mi perdoni signor presidente; la gola secca — ha precisato con vooe quasi afona —, ho sete ». B le è stato dato un bicchiere di acqua fresca. Incalzata dal presidente ha quindi ripreso a narrare /ino al momento in cui si era ritrovata sulle scale della cantina nella casa di via 8. Gregorio insieme al CarmeIo e allo sconosciuto, dopo il delitto. Al Carmelo gridò sulla faccia: € Assassino!». Poi uscì con i due uomini. A casa bevve un caffè, si coricò, si addormentò e dormi profondamente tutta la notte. Soltanto al mattino doveva accorgersi che il paleto color cammello ohe indossava la sera era lordo di sangue in parecchi punti: deterse quelle macchie orrende, accusatrici, con dell'acqua. Ma non ci riuscì completamente. Poi Bina Fort tacque. 71 presidente ha sospeso l'udienza e l'ha rinviata a domani mattina alle 9. Erano esattamente le 18 meno 5 minuti, L. Cavicchio-li iiiiimittiiiiiiiiiiiniiiiimiiiiiiitiniiiitiiiiitiiMi

Luoghi citati: Catania, Milano, Prato, Sicilia