l rapporti anglo-italiani e il banditismo in Eritrea di Vittorio Gorresio

l rapporti anglo-italiani e il banditismo in Eritrea l rapporti anglo-italiani e il banditismo in Eritrea Al ritorno dalla conferenza di Ceylon il ministro degli Esteri inglese avrà un colloquio con De Gasperi e Sforza - L'ambasciatore Gallarati-Scotti prepara il materiale per gli incontri Roma. 27 dicembre. Giunge notizia dall'Asinara che banditi abissini hanno assaltato ieri una corriera In territorio eritreo al chilometro 10 della strada fra Omager e Tessenei, nel bassopiano occidentale. Tragico elenco L'episodio fa parte di una catena sanguinosa e dolorosa che ha origini politiche e che può terminare facilmente nelle deviazioni della delinquenza comune: quando la strada è aperta al terrorismo, si sa che è facile la confusione tra l'azione intimldatrice predisposta per favorire 11 trionfo di una tesi e le imprese dei briganti da strada. Da quando sono state aperte le frontiere eritree alle bande degli sclftà etiopici, lo stato generale di insicurezza non poteva non dilagare nel Paese. Alcuni giorni or sono un settimanale milanese pubblicava un elenco, diligentemente redatto, degli assassini! di italiani avvenuti in Eritrea nelle' ultime quattro settima ne: il 26 novembre a Decamerè cadeva ucciso un certo Pavesine Gli ambasciatori d'Italia presentavano una nota di protesta al governi del Paesi interessati, e nel medesimo tempo veniva ucciso un altro connazionale di Eritrea, di nome Nardi. Sforza diede alla Camera notizia del fatto e, nell'uscire da Montecitorio, fu Informato che quel giorno ancora un italiano era stato assassinato, un dottore del quale non si sapeva il nome. Mandò a chiamare sir Victor Mallet per presentargli le rimostranze del governo italiano e nel tempo che impiegò l'ambasciatore inglese per recarsi a Palazzo Chigi, dall'Asmara arrivava un telegramma del conte di Groppello, nostro rappresentante in Eritrea: comunicava che l'azienda del nostro connazionale Faranda era in quel momento assediata da una banda di sciftà. Il Faranda, comunque, si difendeva bene. Di questa eccezionale situazione dell'ordine pubblico in Eritrea è in qualche-modo re¬ iimiiiiiwiiiiiiniiiiiiiniiimH sponsabile il governo britannico? Senza fare arbitrarie affermazioni o avventurarsi alla ricerca di indizi probatori, sarà lecito dire In maniera del tutto generale che dell'ordine pubblico di un qualsiasi territorio sono sempre responsabili le autorità che ne hanno l'amministrazione. Nessuno qui vuole insinuare che le autorità britanniche fomentino il terrorismo in Eritrea, ma non si può non rilevare che la nuova ondata di terrorismo antiitaliano è cominciata cinque giorni dopo la decisione dell'O.N.U. per l'invio in Eritrea di una commissione d'inchiesta per accertare le preferenze degli abitanti sulle tre soluzioni diplomatiche possibili (indipen. denza e integrità del Paese; unione all'Etiopia; epartizione fra il Sudan e l'Etiopia). La de cisione è diel 21 novembre, la catena dei delitti è cominciata il 26 con. l'uccisione del Pavesi ni. L'accostamento delle date può avere un significato conturbante. La coincidenza del l'ultimo episodio sanguinoso con il viaggio di Bevln verso l'oriente può viceversa essere occasione — ben più utile — per un discorso di attualità, Già ha cominciato stamattina l'Avanti! denunciando che « la ondata di terrorismo antiitaliano di elementi abissini in troppo aperta connivenza con il comando britannico, tanto che può sicuramente parlarsi di rapporti fra mandanti ed esecutori, ha creato una situazione grave della quale il governo di Londra deve rendere conto dinnanzi alle Nazioni Unite.. Ci troviamo di fronte al tentativo di forzare ancora la mano su decisioni già troppo favorevoli agli interessi inglesi e di creare il fatto compiuto ». L'impostazione del discorso è sufficientemente,esatta, e il trovarla bu un giornale fusionista è sufficientemente indicativo. Basta a mostrare t Bevin che l'opinione pubblica italiana è su questo argomento assolutamente concorde, quali che siano le differenze di par ttto. Il ministro britannico farà domani una breve sosta a Ro- i o a e e ma, ospite di sir Victor Mallet nella sede dell'ambasciata a villa Wolkonsky; il suo soggiorno avrà carattere privato, e non è quindi previsto alcun contatto con autorità Italiane; soltanto il capo del cerimoniale di Palazzo Chigi marchese Taliani, gli si presenterà per dargli il benvenuto a nome del governo. Ma «liritorno di Bevin da Colombo, dove si terrà la conferenza del Commonwealth, conversazioni ufficiali sono invece previste con De Gasperi Sforza. Il nostro ambasciatore in Inghilterra, duca Gallarati Scotti, si tratterrà In Italia fino a quell'epoca — il ritorno è previsto per metà gennaio — e in questi giorni prepara il materiale per 1 colloqui. Si vorrebbe arrivare a una chiarificazione dei rapporti italo-inglesi. La lezione delle cose Sulle disposizioni d'animo di Bevln non è naturalmente pos sibil-e nè consigliabile fare induzioni, ma non è assurdo ritenere che nel sedersi ad un tavolo europeo di ritorno da una presa diretta di contatti col mondo asiatico ed africano il ministro degli Esteri dell'impero britannico potrà trovarsi nelle migliori condizioni per comprendere tutta l'opportuni tà e necessità di una politica di solidarietà europea. Avrà parlato con gli esponenti responsabili del Commonwealth convocati nell'isola-éi Ceylon; nella vicina India, ormai indipendente, la conferenza infatti noti avrebbe potuto aver luogo. A lui del resto dalla non lontana Indonesia saranno nel frattempo arrivati gli echi e le prime reazioni provocate da un altro avvenimento, la cada ta di un'altra corona imperiale dal capo di un monarca europeo. Non occorre avere animo di storico, nè mente di grandissimo statista per avvertire l'importanza di awenimeiniti simili, ripetuti in catena dall'India all'Indonesia, proprio mentre sì levano i più acuti gridi di allarme della Francia, pericolante in Indocina. E dalla Cina non occorre ricordare che gli americani sono già partiti, Bevin dovrebbe quindi non restare insensibile alla lezione delle cose e finalménte indursi a considerare che, se è vero — come abbiamo già da tempo lealmente riconosciuto — che l'Italia ha bisogno di man tenere buoni rapporti con l'Inghilterra, non è men vero che l'Inghilterra ha altrettanto bi sogno dell'amicizia dell'Italia. Dicendo Italia qui intendiamo Europa, sia ben chiaro, senza indulgere a nessuna tentazione o deviazione nazionalistica. Di clamo Italia ed Europa perchè dagli uomini che sono 1 responsabili della politica britannica desideriamo di sentire final mente quel linguaggio europeo di vera e schietta solidarietà continentale che l'Italia per prima ha coraggiosamente cominciato a parlare nella crisi di questo dopo guerra. Vittorio Gorresio cnecHtne