Quattro imputati alla sbarra per il delitto di Buttigliera

Quattro imputati alla sbarra per il delitto di Buttigliera Quattro imputati alla sbarra per il delitto di Buttigliera Rebus si difende accampando motivi politici - La Borelli incanutì prima di morire - Ciò che dice il farmacista (Dal nostro inviato speciale) Venezia, 21 dicembre. I rinviati a giudizio per la tragica notte di Buttighera di Asti furono in un primo tempo sedici. Alcuni vennero poi assolti per insufficienza di prove, e altri per amnistia o per sopravvenuto decesso degli imputati, sicché rimasero nelle reti Maggiorino Genero, detto Rebus, comandante della formazione SAP di Buttigliera, Olivieri Francesco, Andriano Felice e Pertusio Lodovico. L'imputato Gallo, com'è noto, durante la latitanza ai uccise, lasciando alla moglie una angosciata lettera, in cui si dich.arava pentito e accusava il Genero di averlo spinto alle male azioni che egli scontava con la propria esistenza. / capi d'accusa II presidente, dopo le formalità d'uso, riassunte le conclusioni della sezione istruttoria, ha proceduto ali'interrogatorio del Genero. E' quésto un tipo massiccio, dalla parlantina sciolta, vestito correttamente. Ha 26 anni, cioè all'epoca dei fatti ne aveva 21. Il presidente lo consiglia a rispondere senza divagazioni dialettiche, cioè a scolparsi semplicemente delle Imputazioni di duplice omicidio, di due rapine aggravate e di furto in danno di certa Casalegno, la quale aveva avuto la giovane figliola uccisa dai partigiani di Buttigliera, e aveva avuto poi l'infelice idea di consegnare, perchè glielo cu stodisse, tutto il suo avere in gioielli, preziosi e biancheria e oggetti vari al Genero. L'imputato narra che giunto al paese nel '43 dopo due anni circa di confino, era stato informato circa l'attività fasci sta di don Solerò e della Borelli, sua ospite o governante che fosse, e circa la necessità di farli fuori entrambi. Il presidente osserva: — Perchè dal 1943 aspettaste due anni, proprio alla vigilia della liberazione ? — Abbiamo atteso fino a quando non ne potemmo più. La Borelli, nonostante le nostre diffide, seguitava ad an.dare a Torino, quindi reputammo che fosse una spia. Presidente — E la spoliazione totale di tutta la proprietà del sacerdote e della signora, come la spiegate ? Quando mai si è saputo di un'azione di guerra che si inizia con l'intimazione: « fuori 100 mila lire e tutto è finito? >. I vostri gregari vi chiederanno poi conto del bottino e diranno: Genero ci ha ingannati. Lo stesso comandante partigiano Villa vi accusa e vi ha definito delinquente e megalomane. Imputato — Fu una domanda per entrare in argomento, vale a dire per vedere quale impressione facesse al sacerdote la richiesta di denaro da parte di noi partigiani. Circa l'uccisione della Borelli l'imputato spiega che le fu trovata una tessera d'iscrizione alla repubblica di Salò e col sequestro dei suoi oggetti preziosi e del denaro, si mascherò allora questa operazione politica come un episodio di ignoti a scopo di rapina. Presidente — La tessera però non fu mai nè trovata nè presentata ai giudici. Imputato — La trovò certamente il maresciallo dei carabinieri quando perquisì la mia abitazione e non l'allego agli atti. Oltre la tessera repertammo una rivoltella, e allora io dissi all'Andriano e al Gal'o: Eliminateli entrambi. In Istruttoria l'imputato ha tentato però di sottrarsi a questa responsabilità che 1 avv. Colla, giovando al suo cliente Andriano, fa mettere subito a verbale. Alle contestazioni del presidente circa il bottino fatto in casa del sacerdote afferma che i preziosi di don Solerò tra cui c'era un calice di argento ed altri oggetti sacri che gli servivano a celebrare la Messa in casa propria, furono consegnati alla quarta brigata garibaldina che li restituì al nipote di don Solerò. Presidente — Non tutto fu restituito. Ad esempio il braccialetto di platino della Borelli chi lo ebbe? Imputato — Tutto fu consegnato alla quarta brigata. Ho tenuto provvisoriamente i titoli di Stato credendo che appartenessero a don Solerò. Ma il presidente gli ricorda che con il suo comandante Milan non parlò mai di titoli. Circa la rapina a mano armata nella farmacia di Buttigliera, l'imputato afferma che aveva chiesto al farmacista dottor Bechis 100 mila lire quale punizione per l'alto prezzo medicinali che egli vendeva in farmacia. U f ifonipeIldescIllIdpmdisevpsovgtiadnsntagMqHtoflectpptgvmgladpclmcddvvqrdbmldrcniIa.s Una fruttuosa razzia Presidente — E cosi la farmacia rimase sprovvista del tutto. Il dottor Bechis ha avuto un danno di 400 mila lire tra cui 20 mila in contanti, cioè tutto quanto aveva in cassa, una radio, una stufa, un palo di «carpe da montagna, e perfino Bei sigari toscani, ma l'imputato conclude affermando che egli ha agito come partigiano, combattente della libertà. Gli altri imputati se la cavano presto: Pertusio ha detto di aver partecipato soltanto all'irruzione nella farmacia e ciò per ordine di Genero che era il suo comandante. L'Olivieri ha dichiarato che si limitò a sorvegliare le vittime, rrentre gli altri perquisivano la canonica e l'Andriano è sta to esplicito: ha ammesso tran pqcrtucmgclrì quìllamente che ha fatto fuori il sacerdote, mentre il Gallo pensò a uccidere col noto colpo aTla nuca la Borell'. Ammet- té pure la partecipazione alla rapina nella farmacia, ma per ordine del Genero, cui doveva obbedienza. Nel pomeriggio è stata udita la figlia deUa Borelli. La ragazza vide la rradre già cadavere e notò che la poveretta; mentre in vita aveva i capelli brizzolati, morta li aveva tutti bianchi. Era incanutita per lo spavento. Dichiara che sua madre non era mai stata, fasciata. Si occupava soltanto della sua famiglia e se rare volte lasciava Buttigliera per Torino, era per fare acquisti di cose che le occorrevano come tutte le persone sfollate dalla città. Il presidente le chiede se è a cognizione che la madre fosse stata diffidata di venire a Torino. — Mai è stata diffidata. Tanto più che erano, in quel periodo, così difficili le comunicazioni, e mia madre veniva a Torino assai raramente. Bisognava fare a piedi il tratto da Buttigliera fino a Chieri. « Se parli ti ammazziamo » — Il nipote di don Solerò, dott. prof. Renato Boccassini, depone che lo zio doveva ritirare, il giorno dopo del misfatto, una ragguardevole somma per la vendita di un suo terreno. Aveva già incassato sessantacinque mila lire alla firma del comipromesso e perciò ritiene che del particolare fosse a cognizione chi organizzò il delitto. In paese si sapeva di questo compromesso. Il dott. Bechis, il farmacista depredato, dichiara che fu fascista all'epoca della marcia su Roma, ma all'inizio della guerra diventò antifascista, come tanti italiani. Entrando in farmacia l'Olivieri e altri gli dissero: Consegnaci cento mila lire. A episodio avvenuto un giorno gli si presentò il Genero il quale gli chiese: E' vero che vi hanno fatto un prelievo? Al che egli rispose stupefatto: E lo chiedete a me? Ma se l'avete ordinato voi! Presidente — Che cosa ne dite, Genero? Se l'azione era politica voi dovevate dichiararlo lealmente, non andare a chiedere al farmacista depredato se gli avevano portato via i medicinali e 20 mila lire. Imputato — Io gli conse gnai un buono di prelievo in quell'occasione e non gli ho chiesto altro. Teste — Il Pertusio mi aveva detto: Se tu parli td ammazziamo. Altro che buono di prelievo! Sono seguite altre testimonianze, ma di poco risalto. pErcole Moggi

Luoghi citati: Asti, Chieri, Roma, Torino, Venezia