Il vero progresso

Il vero progresso Il vero progresso Slamo lieti di pubblicare un articolo di André Siegfried, accademico di Francia, professore di geografia economica alla scuola di scienze politiche di Parigi. Il prof. Siegfried collaborerà al nostro giornale con articoli economici, politici e sociali. La rioostruzione è lungi dall'essere terminata, ma si direbbe che la febbre degli acquisti provocata dalle distruzioni della guerra, tende a calmarsi nel mondo. Numerosi segni ci avvertono che il venditore dovrà di nuovo fare i conti col compratore, e la conseguenza, di grandissima portata, è che non basterà più produrre, ma bisognerà farlo in condizioni che permettano di esportare in' terreno scoperto, sotto il fuoco della concorrenza internazionale. Si pone quindi il problema del rendimento. La Francia comincia a preoccuparsene e ancora di più l'Inghilterra. Numerosi sono gli industriali e gli ingegneri che attraversano l'oceano per cercare negli Stati Uniti il segreto di un Paese che, pur avendo i salari più alti, realizza i prezzi di costo più bassi. Sappiamo infatti che la produttività del lavoro americano è in media da due a cinque volte superiore a quella francese; risulta da un rapporto recente della Anglo-American Council on Productivity che, nelle fonderie degli Stati Uniti, il rendimento è dal 50 al 90 per cento maggiore di quello delle fonderie britanniche, intendendosi per rendimento il rapporto della produ zione realizzata e dei mezzi impiegati. Il paragone è istruttivo Ci insegna, prima di tutto, che il Nuovo Mondo dispo ne di una attrezzatura di ventata indispensabile, ma che occorre sapere usare, poiché la sua efficacia dipende da condizioni ben definite: la macchina richiede cioè la serie combinata con la massa e si può stabilire che l'accettazione senza riserve dell'unità standardizzata è la caratteristica del sistema americano. Con questo concetto non si cerca la perfezione ma l'intensità suscettibile di incidere sul costo della produzione; si va anche — e ciò urta in certo modo gli europei — fino a considerare la perfezione come uno sperpero di sforzi. E', mi hanno detto, l'impressione che esprimono sovente gli ingegneri americani quando visitano a Torino le belle officine Fiat: troppo accurati, dicono, certi pezzi che in fondo è inutile rifinire ! L'italiano, in materia, si comporta da artista; ha torto? Un secondo fattore che l'America ritiene quasi essenziale, è che l'atmosfera rimane sempre quella della concorrenza. Si dice spesso che lo spirito burocratico minaccia i trusts allo stesso modo della nostre indudustrie nazionalizzate, ma non esistono negli S. U. trusts che fruiscano di un monopolio tale da permette re loro di sottrarsi alla com petizione delle industrie rivali. Contrariamente a quan to avviene da noi, nè il fallimento di una azienda male gestita, nè il licenziamento di un impiegato inefficente, Bono considerati scandalosi. Prima, durante il periodo in cui l'industria europea era forte, la pena di morte commerciale esisteva per ir proprietario di azienda che non meritava di sopravvivere; ma ora, come nelle foreste tropicali, gli alberi morti continano ad ergersi in mezzo a quelli vivi compromettendone la salute. Le troppe garanzie, le troppe protezioni, e anche la troppa sicurezza sono, in questo campo, pericolose riforme. Shakespeare lo disse : « And we all know security is mortai's chiefest enemy » (e noi tutti sappiamo che la sicurezza è il peggior nemico dell'uomo). Rimane infine l'aspetto più inquietante del paragone, l'esistenza negli Stati Uniti di un istinto del rendimento che a noi manca. Là è convinzione comune, non solo dei dirigenti ma anche degli operai, che ognuno deve, nel proprio interesse, contribuire con lo sforzo individuale, alla prò duttività dell'azienda. Esi ste invece in Europa il mal tusianesimo della produziO' ne, dovuto alla paura di provocare la disoccupazione con un ritmo eccessivo della fabbricazione; ciò è dovuto anche, specialmente in Francia, all'idea che il lavoratore non è mai retribuito adeguatamente. La produttività ne risulta frenata. E' un errore psicologico credere di poter eliminare l'interes- pmstretennqsetutaudssginndglanbleolapfpbgmtvatcitqsadssedtleslsmvcltcvnnlL5ttfnnncqseasILlspse personale. Lamor prò- prio, il sentimento del dove- re, il gusto della creazione possono incitare al lavoro, ma nell'insieme non bastano. Le indagini fatte sono del resto concordi nell'ammettere che l'operaio americano, preso individualmente, non- è affatto superiore a quello europeo. E' più lento, secondo il parere generale, tuttavia si giunge al risultato paradossale di ottenere un ritmo collettivo rapido con operai che non lo sono. Il segreto del successo risiede nel concorso organizzato di tutti i fattori in gioco, in modo che ognuno di questi dia il massimo della propria energia. Bisogna rassegnarsi. Non è più la superiorità, individuale," e nemmeno quella tecnica, bensì il principio più sociale che non meccanico della organizzazione collettiva del lavoro a segnare ormai il progresso industriale. Si fa troppo spesso confusione tra produzione e produttività. Quando nella battaglia del carbone o del grano, si raggiunge un primato spesso in milioni di tonnellate o di quintali, il vero problema non è stato ancora risolto. Ciò che conta è di avere prodotto in condizioni che, diminuendo il prezzo di costo, si sia potuto permettere di ridurre quello di vendita, e cioè si sia aumentato il potere di acquisto e il tenore di vita di ognuno. Soltanto in questo risiede il vero progresso poiché ogni volta che esso si realizza, la ricchezza del paese aumenta di altrettanto. Questo rapporto fra l'efficacia della produzione e il livello di vita della massa, sfugge generalmente all'opinione pubblica, ma esiste lo stesso, implacabilmente. E' una legge della vita e sarebbe imprudente \credere che ce ne possiamo liberare. Ecco le lezioni che ci portano da quel Paese, qualificato da taluni reazionario, i visitatori dell'America del nord; noi li ascoltiamo ma non li crediamo abbastanza. angltcdqsapgdsa André Siegfried llllllllllllllllllMIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIHIIIMIII La costituzione dei Si

Persone citate: André Siegfried, Lamor, Shakespeare