Il prezzo dell'oro

Il prezzo dell'oro Il prezzo dell'oro Una domanda che sta alla base delle deduzioni che ogni uomo economico fa per l'avvenire è questa: « Quale sarà in un non molto lontano futuro l'andamento dei prezzi mondiali? Continueranno a mantenersi al livello conservato dall'insieme dei prezzi americani per tutto l'anno 1949 (livello debolmente inferiore a quello del 1948), oèda attendersi una loro caduta, oppure, piuttosto, un loro aumento? ». Si noti subito che non si tratta affatto di una domanda sterile. Conoscere, o meglio cercare di conoscere, come si presenterà un tale andamento è quasi una necessità per ognuno. Non solo sono in giuoco i-piani produttivi delle industrie e quelli di consumo presso ogni individuo, ma sta anche nel senso di tale andamento il nodo stesso dei maggiori problemi finanziari. Si immagini fra pochi mesi una grande operazione di consolidamento volontario del nostro enorme debito fluttuante. Se in seguito i prezzi internazionali avessero a precipitare, lo Stato avrebbe consolidato, a beneficio dei creditori che avessero convertito, un debito pubblico che si sarebbe potuto rinnovare a condizioni meno onerose. Si immagini ancora che dopo le recenti svalutazioni monetarie i prezzi europei si adeguino ai prezzi americani. Ciò determinerà nei prezzi americani una certa flessione? E' evidente che molto dipenderà dalle possibilità della politica americana di controllare il proprio livello dei prezzi. Senonchè alla prima domanda sopra formulata non si può dare una facile risposta. Si intende subito come il livello dei prezzi internazionali non è che la traduzione monetaria delle influenze esercitate da un complesso quctsi innumerabile di fattori, resi, ancora più confusi dagli effetti del recente terremoto monetario. Per ora, tutta una serie di forze di attrito attenuano il movimento, tanto da non di3cernersi alcuna tendenza apprezzabile. Però non è dubbio che, proprio per questa stasi, gli stimoli al movimento dei prezzi si troveranno accresciuti in futuro. La prima, effettiva linea di sbarramento alle variazioni dei prezzi mondiali in avvenire starà tuttavia nella politica del prezzo dell'oro che seguirà l'America. Attualmente questa politica e imperniata sulla duplice obbligazione di acquistare e di vendere (ma solo agli istituti di emissione stranieri o ai privali industriali) oro al prezzo di 35 dollari l'oncia di « fino ». Questo significa, in termini della nostra moneta, e al presente cambio di 620 lire, un prezzo dell'oro pari, grosso modo, a lire 695 per grammo (essendo un dollaro uguale a 0,888 grammi), prezzo differente sia dalle quotazioni libere di Milano e Roma sia da quella ufficiale della Banca d'Italia in lire 647 per grammo. Il prezzo americano di 35 dollari non ha subito variazioni dal 3 marzo 1933, quando, sotto la spin ta dalla « grande crisi », fu aumentato del 69 % l'antico prezzo di dollari 20,67. Con ciò risultò decurtato del 41 % ogni dollaro investito in crediti monetari o in polizze di assicurazione, ma si ebbe un potente stimolo al la ripresa dei prezzi. Dopo le conversazioni monetarie del settembre scorso a Washington, qualcosa è però mutato per 1 oro. E' ve ro che il segretario del Te soro americano ha dichia rato che l'attuale prezzo sa rà mantenuto. Però egli ha acconsentito a porre allo studio la proposta sudafricana di lasciare che una metà delle nuove produzioni auree venga venduta libera mente al prezzo oggi aggirantesi sui 55 dollari l'oncia. Nessuno può prevedere il risultato pratico di questi studi. Devesi però notar» che nessun privato pensa, in America, all'eventualità di un tale cambiamento. Le mi niere aurifere americane del Colorado sono « nel rosso » vale a dire hanno i loro bilanci in passivo, ma trattandosi di interessi « margina li » è ben diffìcile che esse riescano ad influenzare il Congresso. Nemmeno esiste un rilevante mercato nero dell'oro. E' poco l'oro « mi nato » che sfugge al controllo esercitato dal Tesoro ame ricano sulle miniere aurifere e per lo più viene esportato su piccoli aerei per ali mentare clandestinamente i mercati asiatici ed europei e soprattutto quello di Tangeri. D' altra parte nessun privato americano ha sfidu¬ cia nella propria moneta. La conclusione più sicura è che l'economia privata americana non ha alcun interesse a spingere alla svalutazione del dollaro. Questa decisione dovrebbe . pertanto essere promossa da ragioni esclusivamente di politica internazionale. Se gli Stati Uniti mutassero il-prezzo dell'oro, ciò non potrebbe essere dovuto che a tre cause. La prima sarebbe quella di rendere convertibile il dollaro, affinchè tutte le altre monete potessero anch'esse « ancorarsi » all'oro, così da regolare i movimenti delle varie circolazioni monetarie, e del credito, in corrispondenza ai" moviménti" àurei. Questa eventualità va tuttavia esclusa appena si noti che gli Stati Uniti hanno acquistato molte responsabilità internazionali di cui sono pienamente edotti. E' chiaro che essi non vogliono che 11 movimento aureo produca gli effetti di un tempo. L'oro da essi posseduto è pari a circa 27,589 miliardi di dollari contro una circolazione in biglietti di circa 24,647 miliardi : una circolazione più che «coperta». Anche aggiungendo la molto superiore circolazione degli assegni, si arriva ad una copertura aurea del 14 %, che è maggiore di quella media degli anni 1915-22 che fudell'8 %. Dunque, non c'è tecnicamente ragione di innalzare ancora più la percentuale di copertura. La seconda causa di un eventuale mutamento del prezzo dell'oro potrebbe essere il desiderio di aiutare i paesi esteri produttori di oro, rinforzando così l'area della sterlina (a cui questi paesi appartengono) con nuove possibilità di esportazioni verso l'America, ossia con una specie di pian'o Marshall indiretto a carico dei contribuenti americani. Però già oggi l'oro canadese è pagato, per effetto della svalutazione monetaria, dollari canadesi 38,50 l'oncia, mentre quello inglese e sudafricano sono quotiti a Londra, non più 8 sterline, 12 scellini e 3 denari, ma 12 sterline e 8 scellini, prezzo vicino a 41,50 dollari l'oncia ritenuto appena remunerativo dalle miniere. Finché l'indice generale dei prezzi nell'area sterlina non salirà apprezzabilmente, non c'è dunque ragione di invocare aiuti di cotesta specie. La terza causa che potrebbe far mutare il prezzo dell'oro (si vorrebbe fino a 44 dollari l'oncia) è stata caldeggiata da alcuni circoli repubblicani in America. Fatti i calcoli, questa operazione frutterebbe al Tesoro americano un utile di 7,905 miliardi di dollari, tanto da pareggiare il bilancio americano in disavanzo e anche da favorire gli stati europei con nuovi aiuti finanziari. Ma è un' eventualità assai improbabile. In sostanza, bisogna concludere che non vi sono motivi urgenti per una svalutazione del dollaro in termini di oro. Questa misura renderebbe meno elevato, sul piano internazionale, lo stacco fra l'alta produttività delle industrie americane e quella bassissima europea, ma finora l'America, con il costringere tanti stati a svalutare le loro monete, ha proprio dimostrato, di voler raggiungere cotesto scopo per una via differente da quella dell'innalzamento dei prezzi americani ottenuto con il cambiamento del prezzo in dollari dell'oro. Un contrario atteggiamento è quindi concepibile solo se ii presente stato di prosperità americana dovesse essere seriamente minacciato, perchè allora l'entità delle riserve auree consentirebbe all'America di opporsi con successo ad una forte caduta dei prezzi interni ed internazionali. Dal lato degli interessi italiani, appare più che saggio non fare affidamento sulle voci troppo ripetute di svalutazione del dollaro in termini di oro. In certo senso, i giustificati ma teorici motivi che ne stanno a fondamento sono una garanzia che, almeno dal lato « oro » l'andamento dei prezzi mondiali sarà conservato ai livelli attuali o si porterà a livelli maggiori, ma non minori. E' pure da concludersi, con altrettanta sicurezza, che le attuali quotazioni « libere » dell' oro in Italia sono eccessive, finché potrà durare la nostra politica di difesa finanziaria contro il disavanzo pubblico e finché non ci sarà ragione di mu tare il rapporto lira-dollaro oggi fermo nonostante le complesse vicende delle svalutazioni dell' area sterlina. Giovanni Demaria

Persone citate: Giovanni Demaria