Tragica rissa del 1922 e lunga storia criminale di Ercole Moggi

Tragica rissa del 1922 e lunga storia criminale Tragica rissa del 1922 e lunga storia criminale Rievocazione di drammatici fatti avvenuti a Montemagno Monferrato, in un processo alle Assise di Casale (Dal nostro inviato) Casale, 20 ottobre. L'ultima sera di carnevale del febbraio del 1922 nella piazza di Montemagno Monferrato, mentre echeggiavano le ultime grida festose delle maschere, un tragico tafferuglio si accendeva per rancori politici tra quattro persone del paese, i fratelli Alfonso e Lorenzo Ferrerò e due noti antifascisti, Alfredo Dellalba e Luigi Coppo. Il Dellalba cadeva colpito a morte per mano del 26enne Alfonso Ferraro, studente di medicina all'Università di Torino. Questi era stato ufficiale durante la guerra e, . all'atto dell'arresto, consegnava l'arma omicida, una Beretta che portava, dati i tempi poco tranquilli, di consuetudine col relativo porto d'armi. La Corte d'Appello di Torino, 11 28 dicembre dello stesso anno, proscioglieva l'uccisore per estinzione della azione penale in seguito all'amnistia mussoliniana del 22 dicembre 1922 sui reati politici per fini nazionali. Roma locuta est causa finita — dice l'antica norma romana. Niente affatto. Nel 1946, dopo la liberazione, il Ferraro Alfonso, che dopo la prima assoluzione si era laureato in medicina ed eserciva iiiiiiPiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiii>iiiiiitiiiiiitiiiiiiiiiiiii già la sua professione di medico a Cuneo, veniva rinviato al giudizio della Corte d'Assise di Casale per omicidio. Ma altri tristi fatti erano avvenuti. Ventitré anni dopo il tragico conflitto, Montemagno nel marzo del 1945 diventava centro di aspra lotta tra nazisti e partigiani del C.V.L., e un gruppo di questi ultimi, capeggiato da certo Alessandri Carlo detto « Mitra », da tempo deceduto, procedeva al prelievo e alla esecuzione del Ferraro Lorenzo e della di lui moglie Nella Lollini, entrambi noti per Sentimenti fascisti e gravemente sospettati di delazione contro quelli della Resistenza. Si disse, allora, che la Lollini fosse stata sepolta ancora agonizzante. Qualche tempo dopo, e precisamente nei giorni della Liberazione, nell'aprile, 1 due figli del morto Dellalba che, all'epoca del primo fatto, erano bambini, Felice e Lorenzo, accompagnati dallo zio Vairo Giovanni Battista, occuparono i beni immobili dei fratelli Ferraro, di cui era In possesso la madre Lucina Mazzetti, intendendo così di essere risarciti dell'uccisione del rispettivo padre e nipote. Per intervento dello stesso comando partigiano, la Mazzetti rientrava, però, nel possesso dei suoi beni; se non che i Dellalba e il Vairo con violenza e minacce avevano asportato vino, sacchi di grano, biancheria, cibarie, attrezzi agricoli e persino i materassi dei letti. I Dellalba, inoltre, si portarono a Cuneo parecchie volte, all'abitazione delia moglie del dott. Ferraro, il quale era detenuto in un campo di concentramento di ufficiali italiani e, con minacce, riuscirono ad estorcerle 30 mila lire in contanti, e a mezzo suo ottennero dal Ferraro una dichiarazione di donazione del suo fondo campestre valutato a circa 2 milioni. Per questo fatto, la Corte d'Appello di Torino mandava a giudizio il dottore per omicidio e il Dellalba Felice (Lorenzo è morto anche lui) e il Vairo per estorsione e rapina. La tragica scena A invite del presidente Piras, il dott. Ferraro racconta il tragico episodio. In quel periodo non si era mal occupato di pulitica, e non era neppure iscritto al partito fascista. Pensava soltanto a prepararsi per la laurea. Afferma che il povero suo fratello era effettivamente in contrasto col Dellalba per ragioni politiche. Essendo gli ultimi giorni di carnevale, il Ferraro era rientrato in famiglia. La rlvolte'.la era quella di quando era ufficiale dell'esercito e, come si è detto, la portava con regolare porto d'armi. Egli narra: « Quella sera venni avvertito da un nostro cugino che in paese aveva sentita la voce che si volesse ammazzare mio fratello Lorenzo. Questi aveva 16 anni e io ero il fratello maggiore, di 26 anni, perciò mi recai in fretta in piazza avviandomi verso l'esercizio del luogo dove egli spesso sostava. Lo trovai, infatti, sulla porta, e lo avevo appena avvicinato per informarmi di quanto si diceva, quando irruppero il Dellalba Alfredo e certo Coppo Carlo (poi emigrato in Australia), 11 quale, senz'altro, si aV- tlIlltlllll»!llll lllIfliltllllllllllMIMlllilllMI ventò su mio fratello buttandolo fuori dell'esercizio. Entrambi gli assalito/i impugnavano le rivoltelle. Mio fratello era disarmato e io mi slanciai in suo soccorso. Fu un attimo tragico perchè 11 Dellalba mi si parò dinanzi con la rivoltella spianata e, allora, ho sparato per primo per difendere la mia vita. Il Coppo a quella vista, dopo avere colpito col manico della rivoltella mio fratello, fuggì ». L'imputato Vairo premette che non ha molta memoria per quanto gli successe, ma il Presidente gli fa notare che non si tratta di cose avvenute ventitre anni fa, ma di una estorsione consumata nel 1945. In sostanza l'imputato, dopo molte reticenze, si limita a dire che accompagnò i fratelli Dellalba quando costoro si recarono alla casa Ferraro, e chi li guidava era il Dellalba Lorenzo, che, come si è detto, è morto. I morti non parlano Sui morti, come succede sempre, è facile addossare le responsabilità. I morti non rispondono. Poiché risulta che l'imputato Vairo si portò In casa un sacco di grano, della biancheria e vari oggetti, il P. G. Quinto gli chiede perchè avesse nella sua abitazione tutta quella roba altrui. — Me l'aveva data in deposito il Dellalba Lorenzo per poi restituirgliela — è la risposta dell'imputato. Comunque, nega anche di avere usato minacce e violenze. Il Dellalba Felice, l'imputato odierno, aveva 3 anni quando suo padre fu ucciso, e quindi nulla può raccontare di quel fatto. Sa soltanto che tutta la famiglia soffrì di quella morte. Si difende dall'accusa di estorsioni e di rapina affermando che si recò presso la famiglia Ferraro unicamente per essere risarcito del danni avuti dalla morte del padre, e non usò nè violenza nè minacce. La moglie del dott. Ferraro, Giovanna Dutto, ha deposto! circa le replicate visite che lej fecero, a Cuneo, i fratelli Dellalba, insieme a uno sconosciuto che si ritiene fosse il Vairo, per estorcerle 30 mila lire di danni delle 50 che sulle prime pretendevano. Inoltre le si richiese una donazione da parte di suo marito di tutto il suo patrimonio immobiliare. Il Ferraro era allora nel campo di concentramento e la moglie vi si recò, spaventata, appositamente per esortare il marito a rilasciarle il richiesto documento di donazione e cosi allontanare gravi pericoli. Il marito verfeò il documento e questi ottennero — come afferma l'atto di accusa — l'ingiusto profitto derivante dalla somma in contanti e dal possesso dei beni costituiti da una cascina profittando di condizioni tali da ostacolare la privata difesa. Questa appunto sarebbe l'aggravante del delitto di estorsione. Parecchi testi non hanno risposto alla chiamata. Sono morti in questi anni e se ne leggeranno le deposizioni fissate a verbale quando vivevano. Ercole Moggi IIIIIIilllIIIIIirllillllllItllrlllllllllllllllllMlllliriM