Aspettava i cosacchi

Aspettava i cosacchi Aspettava i cosacchi Dopo la prima guerra mondiale un toscano «bracato e vociferante sul serio, Domenico Giuliotti, ed uno per finta, Giovanni Fapini, scoprirono, come ai suol dire, e poi infilzarono nel loro Dizionario dell'omo sai valico, Leon Bloy. Il Dizionario essendo morto, appena nato, c'è voluto un altro dopoguerra per riproporci la dottrina e la grandezza di Blov, stavolta mediante la traduzione dì una raccolta, di saggi dello svizzero Albert Béguin, L. Bloy l'impaziente a cura delle edizioni di Comunità (Milano, 1949. L. 800). Ottima occasione per guardar da vicino il libellista cattolico francese spentosi nel 1917, e soppesare l'opera eua, esclusivamente con criteri umani e letterari, giacchè ad entrare nella sètta degl'iniziati, di colo>o ohe si fanno euoi discepoli, non si capirebbe più niente. Uno dei torti appunto del libro del Béguin è di dare già per dimostrato il genio di Bloy. Pigliando le cose naturalisticamente, un po' alla lontana, movendo dalla lettura dei contemporanei, e dei suoi libri a cominciare dal Disispiri, i dubbi spuntano come capelli. Preso fra Huy6mans e Barbey d'Aurevilly, egli non ha il succo stilistico, l'artiglio del primo, la potenza romantica del secondo. La materia dei suoi racconti è autobiografica, protagonista un povero esaltato, con due spaventevoli vanità: la letteraria e la religiosa. Giacchè questa colonna della Chiesa di Roma, sosteneva che fuor di lui, e di « poche centinaia » di altri cattolici suoi pari, gli altri dovevano esser considerati come infedeli. Tale forma di orgoglio, con qualche pizzico di follia, gli fece persino balenare l'idea di diventar Papa, e davvero sarebbe stato un grazioso miracolo l'ascesa al trono di San Pietro, di un gazzettiere laico, il quale passava il tempo fra il bicchierino di assenzio e la partita al bigliarrlo, secondo le concordi testimonianze di J. H. Rosny e di Ardengo Soffici. Anche il ritratto fisico che ne danno entrambi, coincide: a Una testa volgare, plebea, da vinaio di sobborgo, o da funzionario di polizia collerico-e cattivo».- Nè la famiglia era più attraente, la moglie, «una terribile vecchia lunga, calva e sdentata, con un corpo e una faccia da dromedario» e le figlie Veronica e Maddalena, due ragazzotte goffe e maldo-tre. La natura gli aveva donato un vocabolario pittoresco, di cui il termine più usato, era la parola attribuita a Cambronne, nonché una potenza ingiuriosa davvero cospicua. Il guaio è che le cateratte delle sue maledizioni cadevano su Barrès, Bourget, Alphonse Daudet, ed altri minori e minimi, e che il rifiuto di un articolo da giorr .le gli faceva invocare i ' tuttro cavalieri dell'Apoc. lisse. Bloy credeva sul sjrio che giornali, riviste id editori avessero non so quale dovere di stampare la sua prosa fangosa e vituperante e di compensarlo riccamente. Constatando che ciò non accadeva, trovava che l'ordine dell'universo era sconvolto, e che il giudizio universale si avvicinava. Una gelosia furiosa per i commercianti in letteratura, che spacciavan tranquilli romanzi e poesie adatte al gusto del pubblico, 10 devastava: il suo disprezzo si colorava delle tinte dell'invidia del rati verso gli scrittori a successo. E lo stesso rancore spinto al parossismo, egli provava pel cattolicismo mondano e borghese e i suoi sacerdoti, senza eccettuarne Leone XIII, del quale parlò come il peggior miscredente, quasi che egli avesse ricevuto non so che missione divina di giudicare i vivi ed i morti. Mendicava, « non mostrava riconoscenza, in nome di un diritto del Povero a ottenere non solo i mezzi di sussistenza, ciò che ben si comprenderebbe, ma altresì lodi, incoraggiamenti, soddisfazioni di prestigio e vanagloria. Cosicché, mentre in Bel?unirei c' purchers, si scagliò contro 11 naturalismo di Zola, e nel Disispiri satirizzò Maupassaut con anima di bifolco, un grande scrittore cattolico come Louis Veuillot fu da lui sputacchiato e disprezzato, poiché aveva ottenuto anche dagli avversari la giusta riputazione che la sua penna gli guadagnava. Trattandosi di 'in correligionario, l'invi dia è provata e palese. L'originalità di Bloyl Ma da Joseph De Maistre a Bar bey d'Aurevilly, da Dru mont a Hello, per tacer del l'artista scrupoloso che fu Huysmau6, quanti modi-Mi lgfcpsgvflcclpbicnmpdddtztsrlCbLodMlesdvidstsssvgmdpaptpsanptebrlbssbLBptrzssdfcsqplCpfmmlmgili come, dall'altra parte del- la barricata, Proudhon e Péguy gli sovrastano ! Quel tanfo di sadismo e di sudiciume ch'esce dal Disisyéri, con le prostitute che diventan mistiche, si cavan denti e taglian capelli per placar le velleità satiresche di Bloy, e finiscono pazze, proviene dalle Dìàboliques, i&WEnsorcrlé.e, da Un prf.tre. marie, cioè dal miglior D'Aurevilly. Di suo, Bloy ha aggiunto particolari sordidi e incredibili, il banchetto dei rivali in giornalismo, con ritratti a chiave, e minacce di bastonate, giacchè questo figlio di madre spagnuola, che fece le prime prove di entreprcheur de dimolitions al Chat noir di Rodolphe Salis, si dava delle arie di matador! Eppure Bloy, che passò tutta la sua esistenza a guazzar nel giornalismo ricattatorio, cercando — sovente senza riuscirvi — d'impaurire o di spillar quattrini, era l'interprete, il Profeta di un Cristianesimo rifatto a modo buo, a cominciar dalla storia. Legga chi ba pazienza, gli oscuri tomi della Jeanne d'Are, del Colomb, della Marie A ntoinette, del Napo léon, del Salut par les juifs e altri ancora, e vi troverà tutto distorto e ridotto a simbolo, e straordinarie puerilità, come il dialogo fra Napoleone e il suo angelo custode (aNon andar di- là», diceva l'angelo; «Il mio destino me lo comanda», diceva l'imperatore). Immerso ideologicamente nelle tene bre di un Medioevo leggen dario, tanto da aspettare che alla fine del 1900 si ripetesse l'anno 1000, egli imparentava Giovanna d'Arco col Fuoco, Bonaparte col Fulmine, senza troppe preoccupazioni. Secondo i rancidi schemi dei forcajoli, calpe stava il Settecento, «il più stupido dei secoli », riduceva il Rinascimento al dorso di Galatea svelato da quattro pedanti. In tal modo, ìngioiellava (son parole sue) di maledizioni gli avversari, godeva «a schiaffeggiar» il proprio secolo «per esserne ascoltato». Perfetto esemplare della scuola «decadente », confortavasi con la « lupa dell'Arte» e definiva il sadismo cuna fame canina di assoluto, trasferita nell'ordine passionale e richiedente a pratiche crudeli condimento della libidine» (Beìluaires et porchers). Erede del Flaubert diBouvard et Pécuchet, ricercava rteWExcgìse des lieux communi, la filosofia borghese, per inchiodarla sulla porta della sua fede. Della quale gli mancò sempre il primo degli attributi, la carità. Racconta Laurent Tailhade che Paul Bourget, implorato da Bloy perchè gli pagasse la sepoltura del padre, e che aveva ricusato perchè troppo avvezzo a stoccate con.falsi pretesti, si recò da lui per uno scrupolo sopravvenutogli, onde constatare se dicesse il veo, e lasciargli duecento franchi. Trovò Bloy a tavola con una ragazza rossa e grossa (l'eroina del Diséspéré) il quale alla sua domanda replicò: — E' di là, e puzza! Lo stesso odore aveva per lui la civiltà del suo tempo. Ci vuol l'ingenuo Béguin a pigliar sul serio le sue prò fezie, a credere un grand'uo mo questo, in fondo assai comune, tipo di letterato fai lito e inacerbito, che cinica mente dichiarava: «Non v'è che un segno per conoscere un amico: se mi dà o no dei quattrini » (altro che le teorie del Bang du panvrrJ). La sua miseria fu vera, ma voluta e coltivata con dilettazione e ostentazione ; la 6ua arte mediocre, non compensando qualche bella tirata («Aspetto i cosacchi e lo Spirito Santo») il pensiero stravagante, la frase vuota e la pagina sbilenca. Cosicché, fuori dal cerchio degli adepti, il suo nome è destinato a rimaner in penombra. Tutt'al più, può'approfittare della confusione delle idee cara a molti nostri contemporanei, del loro gusto del vocabolario osceno, per mandar un ultimo bagliore. Arrigo Cajumi

Luoghi citati: Bar Bey D'aurevilly, Milano