L'unica casa che non fu distrutta fu quella dei missionari Giuseppini

L'unica casa che non fu distrutta fu quella dei missionari Giuseppini Sopravvissuti ai tremendo terremoto dell'Ecuador L'unica casa che non fu distrutta fu quella dei missionari Giuseppini Sacerdoti e laici torinesi scampati alla catastrofe di Ambato La grande tragedia che ha sconvolto l'Ecuador è etata vissuta istante per istante, in tutto il suo tenebroso orrore, da molti torinesi: i missionari Giuseppini di coreo Palest.ro. Essi sono rimasti tutti salvi e nei brevi cablogrammi che hanno mandato in Italia dichiarano che la loro casa di Ambato — una solida costruzione a. tre piani in cemento armato — ha resistito alla furia devastatrice del terremoto ed ora si trova, con le mura sbrecciate e «crepolate, ancora in piedi. Durante l'inperversare dell'immenso rovinio, seicento persone si rifugiarono in quella casa che reca sulla facciata l'iscrizione: «Pia Società torinese di San Giuseppe ». Affollarono le camere, i saloni, le aule, pigiandosi, urtandosi, calpestandosi, folli di paura e di terrore. Molti rimasero contusi e feriti dai calcinacci e lampadari che cadevano dal soffitto; ma tutti ebbero «alva la vita La descrizione di questi terribili momenti è stata fatta con poche parole rubate spesso dal vento dell'oceano, a mezzo radio, dal direttore di quella cosa, un sacerdote torinese di circa 50 anni. Don Cesare Bertoglio. Egli parti due anni fa, lasciando il collegio Artigianelli di corso Pales-tro 14. Era con altri quarantasei, in maggioranza piemontesi e quasi tutti giovani, fra i venti e i trentanni. Prima di prendere la via dell'Ecuador si fermarono tutti nella chiesa della Salute nella popolare;- borgata Vittoria. Erano attratti dal mistero delle tribù selvagge che vivono nelle foreste del paese. Vi sono ancora — come documentano recenti studi di geografia — indigeni antropofago gli Amai, che nessun bianco potè mai avvicinare. TJno dei iiiiiiiiiiiiiii tiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiif iiiiiiiiiiiiiiiiipartenti. Don Mario Canova di, 28 anni, figlio di un noto commerciante di Giriti è già, vice-parroco della Chiesa della Salute — stipò con il preciso incarico di addentrarsi nella foresta vergine, di andare incontro agli indù selvaggi e cannibali per civilizzarli I Giuseppini di corso Palestre sono nell'Ecuador fin dal 1921, quando fondarono la prima missione. Fu un giovane prete di Pinerolo — Don Emilio Cecco — che hì diresse solo o indifeso fino a Qui lo, ospitale del paese; poi di là raggiunse Ambato ed infine la foresta attraversata dal fiume Na. po, dove si incontrò con la tribù degli indi meno ribelli. Dopo di allora molti altri — circa duecen to — in maggioranza torinesi, andarono a vivere laggiù, costituendo una fascia di case, di chiese, di ospedali e di campi dove si parlava italiano o anche piemontese; Ma i nostri concittadini non si Bono limitati ad emigrare nell'Ecuador; hanno istruito giovani indigeni che poi hanno mandato in Italia per continuare i loro studi, religiosi o universitari. Con uno di questi, studente del teologato di Viterbo, abbiamo potuto conversare a. lungo. E' un indlos della foresta del Napo. Parla l'Italiano con una cari enza lenta e molle. C'è nella mi voce un rimpianto che non riesce a dominare. Ha imparato a leggere e scrivere in una umile capanna dei missionari. Il suo maestro è stato un giovane di Cirdè, Ernesto Alcssi, confratello laico, che ha abbellito con le sue pitture un po' ingenue le chiesette sperdute sulle rive dell'immenso rio Napo. II giovane studente indios dice: «Il signor Alessi e gli altri amici hanno collocato delle turbine, nel fiume ed ora esiste laggiù, nei miei villaggi, un complicatissimo sistema di distribuzione dell'energia elettrica. Purtroppo, sotto la spinta del vento impetuoso o della pioggia che dura decine d! giorni i pnli crollano e I fili si perdono fra l'intrico delle piante. Ma i nostri missionari sono instancabili. Abbiamo anche una stazione radio trasmittente. Di Ambato dove ha frequentato le scuole medie il nostro interlocutore dice: «Era piccola Ambato: casette basse ad uno o due plani. Aveva poco più di cinquemila abitanti. La casa più bella, pOr più solida, forse era la nostra quella sola che non è crollato. Ora essa deve essere piena di feriti e di disgraziati. Vorrei tornare subito laggiù — Ha notizie dei suoi genito, ri? — gli domandiamo. «I miei sono nella foresta, in un villaggio di seicento persone non corrono alcun pericolo, per che il terremoto — a quanto si è saputo finora — ha sconvolto soltanto la parte alta dell'Ecuador ». Prima che la conversazione ter mini, l'indios ci spiega che il sa cordolo di Ciriè, Don Mario Canova, è partito in aeroplano da us campo situato in riva al Napo per portarsi ad Ambato, l'epi centro del disastro. Ed aggiunge: « Quello è il prete, più dinamico e più conosciuto in tutta la repubblica dell'Ecuador ». c. n.

Persone citate: Alessi, Cesare Bertoglio, Emilio Cecco, Ernesto Alcssi, Giriti, Mario Canova, Napo

Luoghi citati: Ambato, Ecuador, Italia, Pinerolo, Viterbo