Due metodi di Pasquale Jannaccone

Due metodi Due metodi La terapeutica sociale s'è andata modificando in quest'ultimo ventennio allo stesso modo della terapeutica individuale. In questa, prodotti sintetici studiati preventivamente da chimici, industrialmente fabbricati e smerciati, propinati in dosi standardizzate a moltitudini di ma"lati, supposti anch'essi standardizzati, hanno scacciato i farmaci naturali, noti alla esperienza ed alla intuizione del medico, variamente da lui combinati e dosati per adattarli alle condizioni individuali di ciascun infermo. In quella, abbandonate le indagini sullo stato e i bisogni di singole classi o gruppi d'individui e la ricerca di ciò che potrebbe loro particolarmente giovare, si elaborano progetti, piani, sistemi per guarire in una volta sola tutti i malanni di vaste collettività, reputate indifferenziate. Ed i piani A.B.C. — dal nome di qualche insigne studioso od uomo politico — non sono soltanto applicati nel paese d'origine, ma spesso esportati o riprodotti in altri paesi, come le specialità medicinali con la etichetta Bayer, Schering o Lepetit. Un tipo della terapia sociale più moderna è, ad esempio, il piano Beveridge di assicurazioni sociali. Ad ogni cittadino, lavoratore o possidente, ricco o povero, giovane o vecchio, maschio o femmina, dev'essere garantito un certo quantum di sicurezza economica, sotto forma di sussidio o pensione, ad ogni evento che ne menomi la capacità produttiva o la situazione individuale e familiare: infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia, morte, matrimonio, figliuolanza, disoccupazione. Ognuno è contribuente —r salvo coloro che non hanno ancora toccata, od hanno oltrepassata, l'età economicamente produttiva — ma ognuno è beneficiario delle assicurazioni e delle pensioni, anche se in fatto, essendo una parte del costo del sistema sostenuta dallo Stato, cada sui più abbienti un maggior onere tributario che assottiglia il beneficio ricevuto. L'universalità dell'applicazione è reputata un requisito d'importanza fondamentale per ragioni di principio e di convenienza pratica; ed il piano non si impaccia ad indagare se tutte le forme assicurative convengano a tutte le persone, nè sino a qual punto sia socialmente utile adottarle, nè quali vantaggi relativi ciascuno ne tragga. Un tipo del metodo terapeutico opposto è, invece, l'esame particolareggiato, che Lezioni di politica sociale di Einaudi fanno, dei meriti e demeriti di ciascuno dei possibili correttivi delle disuguaglianze economiche ; e quindi dei casi, in cui conviene, e dei punti, sino ai quali torna conto, applicarli. Il contrasto fra i due metodi spicca fortemente in un passo ov'è detto, che, se si volesse difendere il principio della pensione universale di Stato con l'argomento ch'essa è la via più diritta e più rapida per assicurare a ciascuno un minimum di esistenza — in confronto della via più lunga del provvedere volta per volta e con mezzi appropriati ai singoli casi laboriosamente accertati — quel principio dovrebb'essere respinto. «Perchè nelle cose economiche e sociali la via diritta, salvo eccezioni rarissime, è la via falsa; e solo la via lunga, seminata di triboli, è la buona, perchè, percorrendola, l'uomo impara a migliorare sè stesso ed a rendersi degno della meta cui vuol giungere ». L'assicurare ad ogni individuo, in ogni momento della sua esistenza, un reddito minimo bastevole ad un modesto tenore di vita faciliterebbe, certo, l'ascesa a molti giovani le cui doti naturali sono mortificate dalla mancanza di mezzi propri; sorreggerebbe molti uomini validi nei momenti in cui fossero per essere sopraffatti da impensate avversità; consolerebbe gli ultimi anni di molte vite laboriose spese utilmente per la società. Ma, pur prescindendo dal costo finanziario del sistema che fatalmente tenderebbe a divenire un'aliquota sempre più alta del reddito nazionale, quanti non sarebbero allettati all'ozio, riducendo cosi la produttività generale del lavoro; e quante forze non premerebbero a trasformare la pensione da un incentivo iniziale ad un appannaggio finale per largire a tutti pattern et circensesf Questo è, si può dire, il motivo conduttore Jel'a r*litica sociale esposta nelle Lezioni: giudicare singolar¬ mente ciascun rimedio secondo che stimoli o deprima gli sforzi della persona umana per elevarsi e superare da sè le difficoltà della vita; e secondo che favorisca od ostacoli la libertà delle scelte e di una virile concorrenza. E quindi, se è pienamente accettabile l'assicurazione obbligatoria contro gl'infortuni del lavoro, quella per le pensioni di vecchiaia sembra essere, nella società nostra, una necessità ma una sciagurata necessità, se debba sostituire il possesso d'una casa, d'un orto, d'un campo acquistati col diuturno risparmio. E se le assicurazioni per malattia, maternità, matrimonio e le casse per gli assegni familiari — purché non spengano interamente lo stimolo al risparmio e non vincolino a dati istituti, luoghi od aziende — sono giustificate dal fatto che il salario, qual è determinato dal mercato, non tien conto delle disuguaglianze fra le condizioni familiari nè degli squilibri che certi eventi vi apportano — l'assicurazione contro la disoccupazione, invece, è essa medesima fomite di disoccupazione, sia perchè può rendere il sussidio preferibile al salario, sia perchè rafforza la posizione monopolistica delle leghe operaie e quindi la tendenza a restringere l'offerta di lavoro. La stessa scrupolosa bilancia indica entro quali ristretti limiti possono essere utilmente applicati certi altri congegni, quali la partecipazione ai profitti e l'azionariato operaio, non adatti alle masse ma soltanto a categorie scelte: stimoli a superarsi l'un l'altro più che correttivi di disuguaglianze. Spicca, invece, fra questi la antica ed ardita proposta Rignano che, ad ogni trasmissione ereditaria, sia avocata allo Stato una quota di quella parte del patrimonio trasmesso, che l'autore della successione non ha creata col proprio lavoro ma ricevette a sua volta in eredità. Ma le difficoltà pratiche di accertare la provenienza di ogni particella di ciascun patrimonio e d'individuare le cause delle sue variazioni di valore e gli enormi impacci, che alla circolazione dei beni porrebbe il privilegio dello Stato su ogni cespite patrimoniale proveniente da una precedente eredità, acciocché atti fra vivi non glielo sottraggano al momento della successiva trasmissione ereditaria, non sono questa volta soppesati dalla bilancia per dare maggiore risalto soltanto al potente impulso che ogni generazione riceverebbe dalla necessità di ricostituire col proprio lavoro quella parte della ricchezza avita, ma non guadagnata, che l'imposta le toglie. Pasquale Jannaccone 11 ■ [111■111111111 1111 ■ 111r r111 r e 1111111 i m111r11111111

Persone citate: Beveridge, Einaudi, Lepetit