Un villaggio costruito in una scuola di profughi da oltre quaranta famiglie

Un villaggio costruito in una scuola di profughi da oltre quaranta famiglie Vengono dalla Tunisia e dalla Tripolitania Un villaggio costruito in una scuola di profughi da oltre quaranta famiglie Casette dì legno e mattoni sorgono nei corridoi, nella tromba delle scale e sui terrazzi -- Quando piove nell'edificio gravemente sinistrato si gira con l'ombrello C'è un pezzo d'Africa a To rino. Per vederlo non bisogna allontanarsi troppo dal centro: basta percorrere, dopo via Garibaldi, un breve tratto di via XX Settembre e portarsi in piazza San- Giovanni. Tra piazza S. Giovanni e la Porta Palatina, con il suo rosso arco romano e il bronzo di Augusto, c'è un grande edificio in parte diroccato: molte delle sue finestre sono vuote occhiaie orlate di nero — opera del fuoco. Una volta l'edificio era la scuola « Torquato Tasso », tara ai vecchi torinesi, perchè qui Edmondo De Amicis aveva ambientato le tenere pagine del «Cuore». Nel 1943 le bombe cadute dpi cielo lo rovinarono completamente. «Siamo italiani! » E' alla « Torquato Tasso » ■ohe si trova il pezzo d'Africa. Infatti nelle sue aule sono attualmente sistemate (oltre ad alcuni sinistrati torinesi) circa 40 famiglie in gran parte di tunisini italiani. Si tratta, per lo più, di meridionali i cui genitori emigrarono in Africa, a cercar lavoro, parecchi anni fa: cosi essi nacquero laggiù e laggiù nacquero i loro figli. E come i vecchi — nonostante le continue pressioni — avevano respinto la proposta di cittadinanza francese, altrettanto essi fecero: vollero restare italiani. Questo attaccamento alla madre patria costò loro caro: scoppiò la guerra e furono costretti, talvolta, a subire umiliazioni e angh-rie. Dopo la guerra, avendo essi riconfermato la decisione «siamo italiani e italiani saremo sempre >, furono espulsi e dovettero abbandonare case, campicela, officine: Lo quaranta famiglie — come abbiamo detto — non sono però tutte di Tunisi; ve ne sono anche di Tripoli (nati a Tripoli, con 'i figli nati a Tripoli: e con ricordi, interessi, con i loro morti a Tripoli). Tunisini e tripolini si trovavano insieme, tra il 1945 e 1946 nel campo di concentramento di Termini. Un recinto che* conteneva quattromila persone. Il trattamento era da caserma gli uomini si adattavano, le donne e i cambini invece erano terribilmente, a disagio'. Molti dormivano sotto le tende. E si consolavano dicendo: «Non ci potevamo aspettare di più da un'Italia povera e dissestata... ». Dopo due anni e mezzo il campo venne « liquidato ». A ciascuno dei profughi — compresi i bambini — furono consegnate 13.500 Ut e; le porte del grande recinto vennero aperte, e i quattromila italiani d'Africa — ancora una volta con le sacche a tracolla e i piccoli in braccio — ripresera il cammino e si sparsero un po' dovunque. Un gruppo — « tunisini » e « tripolini » assieme — capitò nella nostra città: i capi-famiglia erano operai che speravano di essere assunti in qualcuna delle grandi industrie torinesi. Il cielo nei soffitti Infatti quasi tutti trovarono posto alla Fiat (uno ci ha det to « alla Fiat siamo stati accolti con comprensione ed affetto e da compagni di lavoro e dai dirigenti»). Ma l'alloggio"! Ecco il problema terribile. Il Comune permise loro di prender possesso della scuola « Torquato Tasso » / profughi occuparono il primo e secondo piano: in un secondo momento, anche le soffitte. Ma la devastazione arrecata dalla guerra era paurosa, tanto paurosa che avrebbe scoraggiato chiunque: non c'erano più nè porte, nè finestre, i muri erano sbrecciati, pericolanti, i soffitti con larghi squarci attraverso i quali si vedeva il cielo, l'acqua non arrivava che al primo piano. 1 profughi non si scoraggiarono. Si fecero il conto in tasca, rac¬ psCndp colsero tutti i soldi possibili e poi, o da soli o con l'ausilio di qualche muratore (ma proprio in casi eccezionali) si misero all'opera. Ieri pomeriggio ci siamo recati a trovare Questi italiani d'Africa — italiani di fatto e, soprattutto, italiani di onore. Non sappiamo quanti dei nostri lettori siano entrati, ora, nella scuola "Torquato Tasso". C'è\ da rimanere stupiti — e commossi — a vedere quello ohe questa povera, ma fiera e dignitosa gente, ha saputo fare e come è riuscita ad arrangiarsi. • I muri delle aule sono stati rabberciati, le porte e le finestre rifatte, i soffitti ricostruiti e puntellati con grosse travi. Ma quel che più colpisce è il vero e proprio villaggio che i profughi hanno costruito nell'interno della scuola: infatti nell'edificio sono state erette, in legno e mattoni, delle piccole case di due o tre ambienti, con regolare copertura di tegole: queste casette sorgono dove una volta erano i lavatoi, sorgono nei corridoi dei) primo e secondo piano e persino — incredibile a dirsi — Cè stata una famiglia che se ne è costruita una al fondo delle scale. Ma non basta: i profughi ultimi arrivati, non trovando più posto, sono saliti in soffitta e qui hanno constatato che la maggior parte del tetto era sparita: in definitiva la soffitta s'era trasformata in un terrazzo. Ora, su questo terrazzo vi sono tante piccole case: e ciascuna ha, accanto alla porta, la targhetta con il nome dell'inquilino. —Si, ci siamo arrangiati co- mcilètmgtciaomlmrn iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiinntme abbiamo potuto — ci ha dichiarata uno dei profughi, un italiano di Tunisi, operaio alla Fiat — ma lei capisce che è una sistemazione di fortuna, troppo di fortuna... Non c'è immondezzaio e i rifiuti vengono gettati nel cortile e nelle cantine con i risultati che — specie in estate — ciascuno si può immaginare. L'acqua non sale alla soffitta - terrazza. Nonostante i lavori di " tamponamento ", le crepe nei muri delle scale e dei corridoi sono numerose ed alcune destano serie preoccupazioni. D'inverno e nei giorni di pioggia l'umidità nelle camere è fortissima: non c'è famiglia che, ad un certo ■momento, non si veda scrosciare uno zampillo sul letto o sulla tavola. Nei corridoi si verificano autentici allagamenti e, in dati passaggi, è di rigore l'uso dell'ombrello per ripararsi. Al primo e al secondo piano è stato necessario creare, nel pavimento, dei canali di scolo per buttare fuori l'acqua. « D'inverno si soffre... » Pure questi italiani d'africa non si lamentano. Vivono in molte persone in una stessa stanza. I bambini sono decine e decine: tutti belli, con occhi e capelli nerissimi, nati al sole africano. La famiglia Cutrone ha otto figli, la famiglia Cappello ne ha sette. Vivono ristretti, ma tengono le loro abitazioni pulite ordinate. Non si lamentano, non piangono. E' razza forte, forte di natura e fatta forte dalle traversie e conserva nei modi ospitali, nel narrare la loro storia, nel discutere i loro casi, i.na certa dignità, una fierezza che li onora* — Noi lavoriamo, abbiamo tutti un mestiere — ci ha detto ancora l'operaio della Fiat accompagnandoci all'uscita — non siamo degli accattoni, dei falliti, noi non chiediamo elemosina. Chiediamo solo che ci venga concesso un alloggiò decoroso, disposti, naturalmente, a pagare quel che si deve. Speriamo in una sistemazione nelle nuove case popolari in costruzione... E che la nostra speranza s'avveri prima dell'inverno. Perchè qui, d'inverno, i bambini hanno freddo, soffrono tanto. u

Persone citate: Cappello, Cutrone, , Edmondo De Amicis, Torquato Tasso, Vivono