II prezzo del pane deve diminuire

II prezzo del pane deve diminuire II prezzo del pane deve diminuire La mutata situazione del mercato interno ed estero del grano non ha avuto sensibili ripercussioni nel prezzo del pane. Salvo eccezioni di scarso rilievo, esso continua a venir venduto a 130140 lire il chilo, mentre il prezzo del grano al mercato libero ha subito, rispetto ai mesi invernali, una diminuzione di oltre 2000 lire il quintale. La causa di questa mancata diminuzione del prezzo del pane, sta essenzialmente nel vincolo ' posto ai cereali dallo Stato, il quale, per mezzo dell'ammasso, ha bloccato il prezzo del grano all'acquisto a 6500 lire, cedendolo poi al consumo a 7400 lire il quintale, dimostrando così di non sapere adattarsi alle mutevoli vicende del mercato. Di questa situazione approfittano le categorie addette alla trasformazione, che, in un primo tempo, hanno adeguato il prezzo del pane a quello del grano venduto al mercato libero, benché usufruissero per la maggior parte di grano dello Stato; e, successivamente, invece di adeguare il prezzo del pane al diminuito prezzo del grano al mercato libero, oppongono l'impossibilità di poterlo fare, perchè il prezzo del grano di cui fanno uso non ha subito alcuna diminuzione. E' probabile perciò che l'attuale situazione si protragga invariata finché, lo Stato non muterà il prezzo di cessione del grano. Per il nuovo raccolto il prezzo del grano è stato fissato al medesimo livello di quello dello scorso anno, ossia a 6250 lire per l'alta Italia, a 6500 per quella centrale e a 6750 per il Mezzogiorno. Ancora non è stato stabilito il prezzo a cui il grano sarà ceduto al consumo. Per il grano dello scorso raccolto il prezzo di cessione era di 7400 lire; e, a primo aspetto, può sembrare «i. e esso non possa subire notevoli variazioni, poiché, pagando lo Stato per il nuovo raccolto lo stesso prezzo che per il precedente, non si vede come esso possa diminuirli e il prezzo senza perderci, tanto più che deve sostenere ingenti spese per l'ammasso. Ma non è così. Il grano di cui lo Stato ha la disponibilità proviene per 25 milioni di quintali circa dall'estero e per 15 milioni dalla produzione nazionale. Ora, se il prezzo per il grano nazionale vincolato non ha subito variazioni, quello del grano di importazione è invece notevolmente diminuito, poiché, in virtM dell'accordo di Washingtr tremo importare gì un prezzo minimo di 1,50 dollari per bushell e a un massimo di 1,80, a cui corrispondono rispettivamente 3150 e 3825 lire per quintale. Aggiungendo a tale cifra le spese di trasporto, il grano estero verrà a costare circa 4000 lire per quintale al porto di sbarco. Se il prezzo del grano al consumo venisse fissato in 6000 lire per quintale, lo Stato perderebbe 500 lire per ogni quintale di grano nostrano — ciò che per 15 milioni di quintali dà un totale di 7,5 miliardi — ma guadagnerebbe, in compenso, 2000 lire circa per ogni quintale di grano importato: ciò che, per 25 milioni di quintali, darebbe un totale di 50 miliardi. La differenza dà un attivo di 42,5 miliardi; somma che, bene amministrata, dovrebbe essère più che sufficiente per coprire le spese di ammasso, specie ora che molti controlli non sono più necessari. Esistono insomma le condizioni obiettive, affinchè lo Stato possa fissare il prezzo del grano al consumo in una cifra molto vicina a 6000 lire il quintale. In questo caso anche il prezzo del grano al mercato libero, data la notevole disponibilità, non sarà molto diverso dal prezzo di quello vincolato, e il prezzo del pane subirà una forte diminuzione. Se la trasformazione del grano in pane dovesse avvenire con un costo reale non dissimile da quello di anteguerra, il pane potrebbe essere messo in vendita a circa 90 lire il chilo. Nel 1938 il prezzo del grano era di 125 lire il quintale e il pane era venduto a lire 1,90 (prezzo medio) il chilo. Il che significa che per trasformare un quintale di grano in pane, mugnai e panettieri ricevevano complessivamente 38,40 lire per ogni quintale di grano lavorato, ossia il 30 per cento circa del suo valore. (Da un quintale di g:ano si presume di ottenere 86 chili di pane che a 1,90 sommano 163,40, dalle quali dedotte 125 lire per un quintale di grano residuano lire 38,40). Non vi sono ragioni obiettive perchè la trasformazione debba costare oggi più di allora, il 30 per cento del valore del grano di oggi equivale al 30 per cento del 1938 anche st la percentuale venga tradotta in lire, poiché alle 38,40 di allora fanno riscontro le 1800 lire attuali, n problema è di grande importanza e il Governo ha il dovere di risolverlo nella maniera più rispondente al bene della collettività, poiché esso interessa tutti, nessuno escluso, e in primo luogo i ceti più disagiati. f. 5. »♦-►

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