La guerra alla carlona di Italo Zingarelli

La guerra alla carlona SOLDATI ITALIANI SULLE ALPI E SUL DON La guerra alla carlona Una documentazione dello Stato Maggiore ROMA, novembre. La relazione ufficiale della guerra sostenuta dall'Italia sei lustri addietro non è ancora arrivata alla battaglia della Bainzisza dell'agosto 1917 e l'Ufficio storico dello stato maggiore già diffonde le pubblicazioni sulla seconda conflagrazione mondiale mentre si accinge a dare alla luce una cronologia che va dall'estate '39 alla primavera del 1 '45. Recentissimi i volumi «La battaglia delle Alpi occiden' tali» e «Le operazioni del ^C.S.I.R. e dall'Armir dal giugno '41 all'ottobre '42 », che furono' teatri di guerra lontanissimi l'uno dall'altro. Senza armi Sebbene il nostro scontro con la Francia sia durato 14 oiorni appena, più interessante, e vivace è risultato proprio il primo volume corredato da ottime carte a colori. Il capo dell'ufficio storico, colonnello Mondini, osserva nella premessa al lavoro, curato dal colonnello Marchini, che la battaglia delle Alpi occidentali fu a suo tempo conside rata un episodio secondario della guerra in Europa, quindi se ne parlò poco essendo l'o¬ pinione pubblica attratta da avvenimenti di più vasta portata. L'armistizio troncò l'azione quando questa era all'inizio; e la vera e propria offensiva era durata da un massimo di 4 giorni sul fronte della quarta armata a un minimo di 2 all'ala sinistra del II corpo d'armata. Importa dire che il piano fondamentale strategico era informato a un criterio difensivo e fino alla vigilia tutto indusse a ritenere che almeno all'inizio tale criterio non sarebbe stato abbandonato. Si entrò in guerra — se l'espres sione-è lecita '--^tMa-'Cwrloiiawin alto si doveva essere del parere che l'essenziale fossero i soldati e che lo stesso equipaggiamento degli uomini avesse una importanza relativa. Difettavano gli ufficiali e i sottufficiali di carriera e i richiamati non erano nè istruiti nè capaci di istruire. Per gli undici battaglioni alpini « Valle » ài primo maggio si contavano in tutto SS ufficiali effettivi. E possono senso del dovere e buona volontà rimediare nell'ufficiale di artiglieria alla mancanza d'addestramento tecnico f Allo scoppio delle ostilità appena un terzo dei contingenti alle armi aveva la preparazione necessaria. Materiali e mezzi di trasporto esistevano per la metà del previsto. « Se la guerra fosse durata più a lungo i problemi dei rifornimenti e degli sgomberi si sarebbero presentati in maniera preoccupante ». Avvenne che i feriti di Lanza nella bassa Bordonasca impiegarono due giorni per giungere all'autoambulanza di S. Giacomo. In zona di operazioni arrivarono batterie antiaeree prive di pezzi, e delle cinque squadriglie di aviazione dotate di wwtxclfr— a . a i a i e , e e a a pe o l e ro o i ioi où n alla I Armata, il 5 giugno una non era giunta, due erano parzialmente inefficienti e le altre due inefficienti del tutto. La stessa Armata non aveva munizioni per cannoni da 149-40 e per obici da 210-22, nè cariche di lancio per obici da 38015 e per mortai da 420-12; per questi ultimi non c'erano neppure le tavole di tiro. Ed i soldati erano vestiti tanto male che si ebbero più congelati che feriti. L'impresa degli alpini Questa l'esercito mandato a combattere m alta montagna oltre i duemila metri, contro i francesi pronti e protetti da ottimi forti; i francesi erano di classi anziane ma del luogo, e ogni reparto conosceva a fondo il suo settore. La Francia era in crisi, è vero; però mentre al nord il grosso dell'esercito batteva in ritirata, sul nostro fronte « non ci furono indizi di collasso ». Anzi, il comando dell'Armata delle Alpi, pur tenendoci testa, seppe raccogliere circa 30.000 uomini per opporsi alla minaccia tedesca sulla sponda destra dell'alto Rodano. La nostra breve dura guerra si ridusse a una infiltrazione effettuata da unità minori, nella guaZe gli allori toccarono una volta di più agli aZpint. Fecero benissimo le divisioni « Superga » e « Cagliari », e del battaglione « Sttsa » un ufficiale francese ebbe a dichiarare che mai più si sarebbe aspettato di vedere una colonna scendere dal ghiacciaio del Rocciamelone per la valle del Rimbon, l'unica non provvista di opere difensive permanenti, appunto perchè ritenuta impraticabile per reparti di una certa entità. La narrazione degli avvenimenti di Russia tra il giugno del '41 e l'ottobre del '42 tratta anche delle azioni tedesche, ed era inevitabile non avendo laggiù le nostre truppe agito con perfetta autonomia come sulle Alpi occidentali. Il compilatore, colonnello Ugo Leone, indica nella riconquista di Rostow da parte russa il momento in cui gli eserciti dell'Asse spintisi nella terra lontana e gelida vennero abbandonati dalla fortuna; la controffensiva sovietica bandì le illusioni e costrinse per primo tedeschi e italiani a trascorrere l'inverno in condizioni igienico-sanitarie preoccupanti. Senza speranza di avvicendamenti, privi di lettere e di notizie, gli uomini del C.S.I.R. sentirono la nostalgia dell'Italia e della famiglia. A licenze non era da pensare; il vasto fronte assorbiva tutte le forze rendendo impossibile persino la formazione di riserve. Le perdite in Russia Tornò l'estate. Dopo la manovra di Voronej si era tornato a credere che la Russia fosse esausta, ma le sue risorse erano inesauribili. Nel settembre bloccò la sesta armata a Stalingrado e nel novembre era pronta per l'offensiva del secondo inverilo, ìveZl'agosto venne intinto combattuta la prima battaglia del Don iniziata dall'esercito sovietico attaccando la nostra divisione «Sforzesca» che fece esperienze dure a prezzo di sangue generosamente versato. Quindi l'azione coinvolse la « Celere » troppo logora e la « Pasubio ». Memorabile la giornata del 24 che permette al « Savoia » al comando del colonnello Bettoni di dimostrare che la motorizzazione ancora non ha ridotto la cavalleria a un ricordo (si leggano meglio, in proposito le belle pagine dedicate al «Novara,» al Bettoni e al suo «Savoia » dal maresciallo Messe nel libro La guerra del fronte russo, pubblicato che è poco dal Rizzoli). A battaglia finita contammo 2400 prigionieri; ma i nostri morti e dispersi ammontavano a 2704, ' feriti a 4^12 e i due terzi dei dispersi, stando a dichiarazioni di prigionieii e disertori, erano da considerare caduti. Quello delle perdite italiane in Russia è tema già più volte trattato; l'Ufficio storico detto S. M., grosso modo, ne calcola l'entità complessiva a 89.799 caduti o dispersi, e 45.176 feriti e congelati con riserva di una maggiorazione lieve ma imprecisabile. Italo Zingarelli

Persone citate: Bettoni, Lanza, Marchini, Mondini, Soldati, Ugo Leone