Il dilemma posto alle aziende per far funzionare le centrali termiche

Il dilemma posto alle aziende per far funzionare le centrali termiche IM IM Il dilemma posto alle aziende per far funzionare le centrali termiche La crisi dell'energia elettrica • Carestia di combustibile solido, abbondanza di quello liquido • Possibilità di trasformazione dei bruciatori nelle caldaie - Si poteva prevedere ? Stolti si domandano quali psssano essere le cause che hanno provocato questa grave orisi di energia elettrica. Bi è già accennato all'aumento dei consumi industriali e alle sfavorevoli condizioni meteorologiche che non hanno consentito un completamento dei bacini nella prima Quindicina di settembre. Dn altro fattore che non dev'essere tuttavia dimenticato è la situazione internazionale che ha impedito le forniture di carbone americano. Ciasouna delle due società elettriche piemontesi aveva infatti predisposto un piano per la produzione di energia termica in base alla garanzia di ciroa 260 mila tonnellate di combustibile nella misura di 60 mila tonn. mensili da ottoIn* a febbraio. Purtroppo le prime partite di carbone sono giunte ai primi di gennaio: attualmente la Bip ha ricevuto solo 4 mila tonn. e poco più l'A.E.M. Questi ritardi sono in gran parte dipesi dapprima dallo sciopero dei marittimi americani — gli stessi marittimi olandesi addetti al trasporto del fossile belga hanno preferito sospendere gli impeoni oon Y Italia per avviarsi agli scali di oltre oceano e togliere il lavoro alla ci .icorrema —> s poi dallo sciopero dei minato-ri statunitensi che hanno reso problematiche le fqrniture di energia persino per il lo ro paese. La capacità di produzione] delle nuove centrali termiche!* di cui dispone l'Alta Italia corrisponde a un decimo della domanda globale di elettricità Se esse avessero potuto funzionare dal settembre scorso, com'era previsto, si sarebbe diminuita di volta in volta Za erogazione d'acqua dei serbatoi, con un guadagno di energia equivalente a una quindici.'a di giorni di consumo normale. Ora si affaccia un nuovo problema. In mancanza del carbone non era possibile produrre energia termica con naftat Abbiamo rivolto il quesito a tecnici e la risposta è stata affermativa: bastava adattare alla combustione a nafta i focolai delle caldaie a carbone; l'operazione che non implicava difficoltà tecniche non avrebbe richiesto pia di trenta giorni. Naturalmente, per ottenere un vantaggio sensibile, la trasformazione doveva essere intrapresa nell'estate o primo autunno. Adesso qualsiasi lavoro sarebbe addirittura nocivo perchè sospenderebbe proprio in queste settimane di orisi la produzione termica destinata a integrare quella delle acque fluenti. JJ rapporto fra oentraU a carbone e centrali a nafta è di nove a tre. A confronto dell'attuale disponibilità di combustibili — pochissimo fossile e moltissima nafta — sarebbe stato augurabile ohe il rapporto fosse stato di nove a cinque. A fianco degli impianti a nafta di Castellana della Bip, di Piacenza della Edison, di Slargherà della Adriatica, mancano in/atti analoghe centrali delle due aziende municipali di Torino e di Milano. Questo rilievo assume maggior importanza se si considerano i diagrammi di costo e di rendimento dei due combustibili. Uuso è indifferente — ci hanno spiegato i tecnici —; il carbone costa 4500 lire la tonnellata, la nafta 5500, ma il potere calorifico di questa, a parità di peso è di 10 mila contro 7500 del primo. Ammaestrate dal risultato di quest'anno è forse da rite■■■ii mitili i uiiiuiiiimiiiiiiiiiiMim nechsiroa risprcomè rafrfamreelstmsoefcombidospmnoritodiriFI 11DPl1qseancepuebmansEdinsmgvidJtIAstiddadtcelengacpI pmpsaPaghdifa«rihlacII spselidaIlle nere che le società idroelettriche provvederanno nella prossima estate a trasformare i loro impianti per la combustione a naftat Si potrebbe dare una risposta sicura solo se fosse prevedibile la situazione dei combustibili in cui ci troveremo nel prossimo autunno. Non è del resto improbabile che il rapporto nafta-carbone possa fra un anno essere invertito a favore del combustibile più comune. Desideriamo ancora esaminare due questioni in tema di elettricità. Le severissime restrizioni sui consumi per l'illuminazione pubblica e privata sono compensate dal risparmio effettivo t Queste due voci non coprono che il 6-7 % dei consumi totali; un altro &% è assorbito dalle applicazioni elettrodomestiche, il rimanente 85% spetta all'industria. L'oscuramento ora imposto alla città non consente quindi che un risparmio dell'1,5 °fo, giovamento minimo di fronte al disagio di ordine pubblico che ne deriva. Purtroppo si sa che il settore dell'illuminazione è l'unico facilmente controllabile, mentre quello dell'industria — coi ripetuti ricuperi notturni clandestini — è soggetto a forti dispendiose evasioni. Si è accennato in ultimo ad un aggravio delle tariffe della energia per il settore industriale. I/aumento del prezzo porterebbe ad una riduzione dei consumi. Ma a quale livello si dovrebbe giungere t Non è possibile dirlo. Mentre la piccola industria protesta che le attuali tariffe sono elevate, alcuni tessili biellesi hanno fatto sapere a un dirigente di una società idroelettrica che essi, pur di avere l'energia, sono disposti a pagarla 25-30 lire il fetc.ora; cosa naturale del resto se si calcola ohe un kw.-ora consente ai tessili un lavoro valutabile a 3 dollari. Questo esempio basta per convincerci che l'aumento dei prezzi, quale mezzo per ridurre i consumi, sarebbe mezzo da applicarsi caso per caso, industria per industria; ciò che è praticamente impossibile.

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