Jacopo Ortis 1945

Jacopo Ortis 1945 Jacopo Ortis 1945 Chi sia • che cosa abbia fatto Andrea Damiano fino al Rotto e grigio (Milano, Muggiani ed., 1947; L. 250) «no dei pochissimi libri italiani originali testé apparsi, meritevoli di lode • attendono, ignoro. E' la stessa persona che intravidi, nel '24-25, come traduttore, in un giornale milanese f Non •o : certo egli riporta, nel testo, versi inglesi che non corrono per le vie, preziose citazioni di Montaigne e di altri savi. E qual sia la parte della verità autobiografica, e quella della finzione, nel Bosso e grigio (i colori dello Spirito Santo • della Penitenza, secondo Huysmans) è difficile distinguere. Si tratta di circa duecento pagine dì diario, presentate come opera di un amioo defunto, • con qualche schietto ed esplicito richiamo a Foscolo. Nell'Orli» 1945, c'e l'uomo che le sventure della patria, dal 1942 al 1945, traggono più rapidamente alla fine; manca l'idillio (poche carte soltanto, in francese, di memoria e rimpianto, e non di angoscia crudele e disperata) • il suicidio. E' il testamento di una generazione: i crepuscolari nati fra il 1895 e e il 1905, che hanno ancora goduto l'imrr agi ne di una civiltà agonizzante: dopo di loro, ecco i giovani, «detestabili. Bozzi per lo più, ostentano un cinismo gretto s sfrontato, una furberia che non sa neppure esser triste. Gioventù di cazzottatori * e 10 stuoie immenso dei volta gabbana, della gente senza coscienza, ni fisionomia, cui tura, spina dorsale, sperduta in una (Europa dalle catte- ■ drali ingiallite, dalle medioevali ire, dalle rivalità belluine ». Il nuovo Ortis, coraggiosamente, accusa anche i sudi coetanei: «il fascismo fu veramente, nelle sue deformazioni e goffaggini, l'Italia; e l'Italia fu il fascismoi. Non vale accattar scuse, dicendosi in buonafede, la quale, semmai, sarà un'aggravante. E 11 25 luglio, «Badoglio e il re hanno eliminato il fascismo, non il popolo. Se si aspettava il popolo, fi fascismo durava ancora ohi sa quanto*. Con questa introspezione, l'eroe di Bosso • grigio annota, dal novembre 1942 in poi, ì segni del tempo, le tappe della catastrofe. Il gior no dello sbarco a Casablanoa (ricordo 11 tiepido «ole invernale, e l'inno «colericano alla radio, mentre gli occhi si riempivano di lagrime) oa pimmo che il gran giuoco cominciava ; l'Italia, diventa va campo di battaglia, si ac corgeva alfine della «sua* guerra. E Andrea Damiano, con sobrietà pittoresca, con nitido rilievo, con perfetta aderenza alla realtà, ci dà il quadro di quei giorni e di quelli che seguirono, portando la cronaca all'altezza dell'arte, cioè scegliendo, condensando, mirando all'essenziale : l'immagine. Nessuno dimenticherà le notti milanesi dei bombardamenti, le pause nella pace campestre, i presagi celesti usati come in Tacito e Svetohio, i sondaggi psicologici, poiché moralista e colorista vanno di pari passo. E' uno spirito ansioso, amico delle lettere, da cui ha appreso l'umanità, che si confessa, pur contemplando i suoi simili. La sua concezione dell'Italia rimane l'antica : un paese composito, complesso, difficile da governare, con immense lacune mentali e morali, di ben scarsa educazione e probità, ma altresì con una vitalità incredibile, che consente di rimarginare le ferite, di dimenticare, di ricominciare. Vederlo alla deriva, abbandonare gli schemi umbertini, la bonarietà, il piede di casa, è uno strazio Bosso e grigio è una lunga elegia, che par scritta, come quella di Gray, in un cimi tero di campagna. Gli ©pi sodi fanno da contrappunto ai sentimenti, squisitamente malinconici. Il nuovo Ortis cerca di rendersi conto, di aver ragione dal punto di vi sta della storia. Ma ciò che accade, il fatale andare verso la disfatta, ne distrugge le \ fibre: quell'Italia che si sbri■'• ciola, e piglia la grinta del repubblichino, e poi il fazzoletto rosso del partigiano, è la metamorfosi di una vecchia signora dabbene, che aveva uno stile. Logico quindi che si chieda: «Come sopravvivere!». Nessuna consolazione, neppure l'ampre, che si pente di avere « eluso » sent3ndo la nostalgia delle donne fatali dei romantici (ma egli appartiene alla generazione che ha coltivato «i guasti tesori proustiani •) Forse, a placarlo, qualche aspetto della natura: il ven to sulla collina, il violetto e sìlanirilecotechsaButisascloseesd• l'nHdLfaintulamlaEcCgmIAmscubvsppgsvElllo splendore del cielo, le acque del Ticino presso Pa- via, ©tane le foglie d autun- , il sole di Boxdighera, Co-no. sì, nello sfacelo generale, nella sfiducia piena degli uomini, distruttori e ricostruttori, il nuovo Ortis ripiega sulle meditazioni libresche, e, come Obermann, sulla contemplazione del filo d'erba che cresce. Libro elegante e raro, pensato • lavorate felicemente, Bosso e grigio testimonia di una particolare posizione antifascista, credo molto diffusa: l'importante è che il fascismo cada. Per dopo, un'allora indistinta repubblica, sentita soprattutto come una esigenza morale, e la libertà dell'individuo. Curiosissima, • stravagante, ci appariva l'altra scuola, oggi molto be ne rappresentata da Pierre Henri ne La liberazione tradita (Ed. Einaudi, 1946; L. 90) per cui il crollo del fascismo doveva servire alla instaurazione di una ditta tura di classe, ne era anzi la ragione unica. E parimenti singolare giudichiamo la Paura della libertà (Ed Einaudi; L. 200), il libro che chiamerò «vicinano* di Carlo (Levi, e che (credo con grosse delusioni per gli am miratori — a cominciare da del realismo di Cristo IIIIIIIIIItlllllllllUIIIIIMIIIIIUIIIIIIIIIimHIIIIIIIme si è fermato ad Eboli) traduce miticamente il desiderio di un rinnovamento attraverso biblici sacrifici. Senza condividere il conservatorismo nostalgico e desolato, il gusto pel parfum du vose vide, del protagonista di Bosso e grigio, mi pare ch'egli sia rimasto più, vicino all'umano e al vero, dei neo-rivoluzionari. E' difficile credere, però, che l'avvenire spetti a gente della sua tempra. Arrigo Cajumi

Luoghi citati: Casablanoa, Eboli, Europa, Italia, Milano