Un dilemma zoppicante di Pietro Nenni

Un dilemma zoppicante II dilemma proposto in questi giorni da Leon Blum all'indirizzo di De Gaulle, e rilanciato in Italia da Pietro Nenni al più tranquillo recapito dell'era. Nitti, e cioè dovete scegliere tra il nefasto governo % personale » e il benefico regime dei partiti — ci sembra male impostato, capzioso, anzi addirittu ra insussistente. Che significa, in realtà, quest'antitesi formulata dai due illustri socialisti? Blum (che, ripetiamo, ha per la testa De Gaulle, anzi, l'Union gauh liste) sottintende per governo personale i due Napoleonidi, e più modestamente Mac-Mahon, Boulanger, Pé-{tain. Nenni aggiunge espli- citamente alla lista Depre- tis, Crispi; Giolitti (e perchè non Cavour, che nel famoso « connubio » con Battezzi fu il primo grande « trasformista » della storia italiana?): egli, confonde cioè, in una unica categoria, dei veri e propri dittatori, a finale catastrofico, con dei più o meno grandi ministri costituzionali, la cui opera fu, nella maggior parte dei casi, benefica per il Paese. Ma circa l'altro termine dell'antitesi, quello caro al loro cuore, essi si guardano bene dall'esemplificare, et pour cause: dovrebbero infatti citare — come esempi di governo dei partiti — o gli attuali ministeri «tripartiti», che essi stessi criticano aspramente, oppure i gabinetti inglesi, funzionanti in un quadro monarchico, ed eletti con quel sistema uninominale, di cui essi non vogliono sapere. La loro antitesi è dunque male impostata; e, ad ammetterla, non porta affatto alle conclusioni da essi caldeggiate. Se si vuol essere chiari, onesti e precisi, e capire in profondità la situazione politica contemporanea anziché limitarsi a battagliare coi mulini a vento, bisogna porre in tutt'altro modo il problema. E anzitutto limitare la qualifica di « governo personale » ai regimi dittatoriali veri e propri, caratterizzati nettamente dalla mancanza ^(el contante da libere elezioni, dall'assenza di una pluralità di partiti, di una stampa indipendente dal governo, dalla soppressione delle libertà civili e politiche dei cittadini. Rientrano allora in questa categoria, e senza possibilità di equivoci, i regimi bonapartistici, quelli nazifascisti, gli steliniano-leninisti; ne restano invece fuori, con uguale legittimità, sia il governo del Presidente degli Stati Uniti, eletto attraverso una libera lotta di due grandi partiti, sia il « cancellierato» della Germania imperiale d'anteguerra, sia il governo parlamentare inglese, sia il «trasformismo » di alcuni grandi ministri continentali — quali Cavour, Depretis, Giolitti, Poincaré, Brian J — sia infine i debolissimi ministeri italiani prefascisti e francesi dell'altro dopoguerra; di cui gli attuali governi di coalizione « tripartita » sono copie ancora peggiorate. Senza dubbio, in taluni di questi ultimi esempi il carattere « personale » è più accentuato, in altri meno: ma ciò dipende, non tanto dal meccanismo di formazione del governo, e dalle prerogative ad esso riconosciute, quanto dalla potenza umana delle personalità che lo capeggiano: lo stesso quadro costituzionale può contenere infatti un Giolitti oppure un Facta, un Churchill oppure un Attlee! Grandi personalità, e circostanze eccezionali, possono trarre bensì un buon governo anche da un quadro costituzionale pessimo; ma poiché i grandi statisti non è in poter nostro di evocarli a piacere alla ribalta della storia, tutto quel che possiamo (e dobbiamo) fare è predisporre delle buone costituzioni: tali cioè che consentano, nel rispetto di tutte le libertà democratiche, governi stabili ed efficienti. Ed è qui, precisamente, dove l'errore di Blum e di Nenni si appalesa più grave: agitando lo spauracchio equivoco del « governo personale », opponendosi ad ogni moderata prerogativa di un governo « organico », che sovrasti ed arbitri, se necessario, le lotte di partito, limitandone alquanto il nefasto strapotere, essi fanno opera inconsciamente demagogica, preparan'' un'altra volta il peggio: cioè la dittatura vera e propria, di destra o di sinistra. Troppo tardi essi rimpiangeranno la cosiddette « dittatura » alla Giolitti (che essi avranno in ogni modo denigrata e minata) quando saranno un'al- n tra volta in pugno alla dittatura di Mussolini, di Hitler o di Stalin! Guardino, dunque, senza veli demagogici, in faccia alla realtà, mentre sono ancora in tempo: si persuadano che i grandi partiti di massa orti sono, si, com'essi dicono, la realtà fondamentale della democrazia contemporanea, ma costituiscono anche una pericolosa molteplicità di stati nello Stato, ch'essi minacciano pertanto di disintegrare in una sorta di nuova anarchia fendale. Come\ si vede nei governi c tripartiti », in cui i riotto¬ si baroni si ribellano e inai{dianoil governo stesso di riijl fanno parte! Persuasi che [d siano di ciò, essi sostituì-1 ranno al loro falso dilemma il preciso trilemma seguente: o un governo costituzionale « organico », oppure la scelta fra l'anarchia feudale dei partiti e la dittatura; con l'avvertenza che il secondo termine porta inevitabilmente, più o. meno presto, al terzo. Verità, che non ci sembra inutile ribadire, all'indomani del discorso di Epinal. Filippo Burzìo lriulricvssmdztcgnlagn«ricfgFddlecgpCgsngniiiiiiiiiiiiniiiiiiiimiiiniHiiiiiiininiiiiiiiinHi Un dilemma zoppicante

Luoghi citati: Germania, Italia, Stati Uniti