I partiti minori

I partiti minori Radioscopia d#Ha Cortitminf I partiti minori • Accanto al tre grandi partiti di massa, esistono alla Costituente, o sono in corso di formazione, o sono facilmente prevedibili ed individuabili, per processo di disgregazione e di coagulazione, quattro formazioni politiche minori (delle 12 e passa elencate ufficialmente), all'infuori delle quali non si contano più se non entità assolutamente trascurabili. Esse sono, a partire da destra, il qualunquismo, il blocco detta libertà, il partito liberale, riemerso dalla decretata dissoluzione della Unione democratica nazionale, ù partito repubblicano storico, come nucleo e centro di attrazione naturale e rbacile di quel «partito democrazia repubblicana e laica », che pare il La Malfa avesse gii in mente fin dal 1942, quando si legò agli uomini di e Giustizia e Liberti»: e che dovrebbe logicamente comprendere i seguaci dello stesso La Malfa e di Parri, la maggior parte dei resti del partito d'azione, i liberali secessionisti di sinistra della prima e della seconda ondata, nonché una buona aliquota della democrazia del lavoro. Se queste quattro formazioni politiche non hanno dietro di si masse imponenti organizzate, esse rappresentano però importanti tradizioni, ideologie, interessi e stati d'animo (e proprio per questo si chiamano «partiti di opinione»), superiori alla loro consistenza numerica; au tre delle quali, almeno, non c'è dubbio nè contestazione possibile, mentre la quarta invece violentemente contestata dagli interessati. Nessuno si sognerà, per esempio, di negare che U «blocco della liberti» rappresenti la tradizione e l'ideologia monarchica pura, la quale da noi s'identifica con la tradizione sabauda, millenare per il Piemonte, secolare ormai per l'Italia tutta: e diceva giustamente giorni sono, su queste colonne, Luigi Salvatorelli che è, non solo tollerabile, ma augurabile ch'essa ai con creti in «na forza-politica organizsata. Nessuno, del pari, vorrà contestare che il partito liberale (almeno, finché vi rimarranno a ispirarlo e a dirigerlo uomini quali Croce ed Einaudi) rappresenti, e sia il legittimo erede, della grande tradizione liberale storica del Risorgimento — cavouriana per intenderci— che ha fatto l'Italia, e l'ha ben governata durante i primi sessant'anni della sua storia unitaria: tuteal più potrà discutersi se, nella sua configurazione attuale, esso debba considerarsi piuttosto di tendenza Bonniniano-ealandrina, cioè conservatrice, oppure gioii ttiana, cioè progressistaRappresentanti abbastanza autorizzati—quali indegnamente noi crediamo .di essere — dell'illustre tradizione piemontese-riolittiana, noi da tempo abbiamo proposto la formula (dietro la quale sta una precisa idea politica): conservatori nètta format audacemente -innovatori netta sostanza economicosociale; che fu la formala, se par, mai esplicitamente ciniiicitttifta ^cm'cx& licito sua forma stenti* anti-ideologkja, per la quale il miglior Giolitti si raccomanda alla storia. Nemmeno c'è dubbio possibile che il partito repubblicano storico — al quale dovranno spontaneamente allearsi (se la logica politica conserva un significato, e se non prevarranno su di essa meschine questioni personali) i gru pi che abbiamo sopra ini cati — abbia come spina dorsale la tradizione mazziniana: a seguito del « referendum » del 2 giugno, essa è la trionfatrice ideologica dell'ora, vincitrice, dopo oltre ottantanni di lotta lealmente condotta, della tradizione sabauda; tanto* che per la parto strettamente, e direi formalisticamente, po-4 litica, perfino i due partiti di] massa di sinistra mostrano di voler rendere qualche ossequio ad casa, che non è poi nemmeno priva di un contenuto sociale (se non propriamente economico), come da troppi si afferma. Allo stesso modo poi che, in seno ai liberali, è prevedibile un certo dissidio fra « salandrini » e « gioBttiani », cosi fra i repubblicani storici, e loro nuovissimi adepti, le ombre e le dottrine di Mazzini e di Cattaneo riprenderanno verisimilmente, in forme aggiornate, l'antica polemica, Ed eccoci finalmente ai « qualunquisti»: essi, ed il loro capo, protestano con violenza (e, crediamo, sinceramente) quando tanta parte dell'opinione pubblica 1dentifica m essi i magari involontari epigoni di certa mentalità che portò al nazionalismo ed al fascismo: ma indubbiamente talune parti e forme, della loro polemica, nonché casi come qfpncnslRbt«rocdssrsfnrsmapdCsclFdsrfprsNna quello Patrissi, indussero e fortificarono, nella opinione pubblica, questa impressione. Staremo a vedere. * Pur senza puntarvi esplicitamente, questi partiti minori sono in attesa dei lisulta ti dell'esperimento politico attualmente in corso. Respice finem... Se la collaborazione tripartita dei partiti di massa (con o senza « puntarelle ») dovesse avere una conclusione negativa, o anche solo insufficiente, i casi sarebbero due: a seconda che le deflcietze risultassero in prevalenza di responsabilità democristiana, o di responsabilità sgcìbJ comunista. Nel primo caso, e nelle future elezioni, avremmo a nostro avviso una moderata ripercussione del fenomeno sui partiti minori, sotto forma d'incremento della staiatro demo-repubblicana e piccolo borghese ai dan della D. C: e potrebbe in tal caso delinearsi la possibilità di un governo futuro a tendenza laica, per non dire anticlericale — in cui i socialcomunisti tenterebbero di fare a meno della D. C mercé il classico blocco delle sinistre, che risale a Combes. Nel esso invece, in cui la carenza eventuale di governo fosse di chiara origine e responsabilità socialcomunista (come fu il caso in Franchi durante il recentissimo ministero Gouin), le future elezioni seguirebbero probàbilmente una sterzata a destra, a vantaggio, tra altri, dei liberali. Si deìbbe allora la possibilità, forse la necessiti, d'un governo senza comunisti, possibile se i socialisti, o parte di essi, si decidessero — di fronte alla nuova situazione — a rompere il Sitto di uniti d'azione; se vece ciò non avvenisse, e tutto il socialcomunismo dovesse passare in massa alla opposizione, apparirebbe purtroppo all'orizzonte quella gravissima crisi politica del «regime dei partiti», con possibilità di sbocchi dittatoriali, cui abbiamo gii fatto preoccupato cenno altre volte. Filippo Baralo

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