Nel disordine della dolce Coline e cavalieri che non si capiscono di Stefano Reggiani

Nel disordine della dolce Coline e cavalieri che non si capiscono Due delusioni: con la francese Serreau e l'inglese Platt Mills di «Hero» Nel disordine della dolce Coline e cavalieri che non si capiscono Si può tentare di fare il verso a Fellini, ma girare un film in gaelico è quasi assurdo DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE i, o o m a w, cr, t, aa o i u oad ro za na e n hé n la liri al oi ro un o VENEZIA — Che cosa aspettiamo per esser felici? Si chiede la regista francese Coline Serreau, 35 anni, già nota per un grazioso Perché no? Qu'est-ce qu'on attend pour étre heureux? è stato presentato in concorso nel settore un poco problematico e segregazionista delle opere prime e seconde della mostra veneziana. Ma, per una volta, l'isolamento va beiie.'ta Serreau torna idealmente al film zero, parte dal limbo delle virtù poetiche e politiche, gioca nell'anticamera dell'ironia, corteggia l'ambizione di un apologo che si scioglie in fretta come un ghiacciolo di amarena. Insomma, è come se un reduce dal Sessantotto si consolasse raccontando una favola che somiglia a un film mimico e peripatetico di Nichetti. Dite che lo fanno in molti? Peggio ancora. Chiarisce la Serreau: «Il film tenta di Indagare le vie dell'utopia». Afa le abbandona appena imboccate. Si tratta grosso modo del rovescio di Prova d'orchestra di Fellini. In quel magistrale e rancoroso pamphlet contro il disordine delle mezze calze c'era un'orchestra che si ribellava al direttore, inventava una conte stazione di seconda mano e si vedeva punita dalla minaccia terribile del maglio, l'ordine vlolen to e restaurativo. Qui, nel film della Serreau 'è la troupe di un film pubblicitario vessata da un regi sta frettoloso e maleducato e sfruttata da un committente sadico. Disogna reclamizzare (sembra) le vir.tù di un'automobile, una spider bianca. Sul set. accanto alla diva meccanica, si alternano gli artisti scritturati dal regista. Una copjrìa di approssimativi Valentino e Jean Harloiv, due noti ballerini classici, due robusti cantanti d'opera, due pagliacci zigani e una corte di comparse. Che si fa? Si sta sullo chic o sul farsesco? L'industriale committente, che è malato di cancro e imbottito di morfina, assiste alla lavorazione soltanto per distrarsi e per far soffrire gli altri, soprattutto le comparse. Scene di dileggio (i cantanti d'opera col naso da pagliacci) e di fati ca (corsetto, fughe, rincorse della mitica auto fino ad avere il fiato spezzato) si susse guono a mangiare il giorno la notte. Lo sapete, scene della vita, c'è chi paga per sopravvivere sulla sofferenza altrui e col disprezzo di tutti i principi. Per fortuna, i sindaclisti delle comparse scoprono il trucco degli straordinari non pagati, scoppia la sommossa, si fronteggiano attori e aguzzini, sogno e realtà diventano alternativi. Vince il disordine crea tivo. Fatti prigionieri regista industriale folle, attori e com parse ripetono per Ubera scel ta il faticoso tripudio che pri ma dovevano fingere. E'molto meglio stancarsi spontaneamente die in una organizzazione costrittiva del lavoro. Quando arriva la polizia i ri belli fuggono in macchina verso un mondo di libertà. L'intenzione della Serreau (cteUptapcmlHzctlgvgbttprsrd e a è o e e buona, il ritmo di balletto (clairiano?) è gentile, ma vedete che pasticcio nell'apologo Una troupe di guitti senza professionalità che fugge lontano a seminare disordini improduttivi. E poi si lamentano che interviene Fellini col suo maglio da dittatore. L'altro film in concorso dell'inglese Barney Platt Mills. Hero (Eroe) sta sulla coscienza del Quarto Canale inglese creato apposta per finanziare talenti giovani e difficili. Si loda anche qui il rischio programmatico, il gusto di intervenire dove i privati si ritraggono col mito, spesso vulnera bile, del profitto; ma i risultati sono per forza discutibili, i traguardi promessi non sempre raggiunti (ci manche rebbe). Platt Mills, 38 anni, ha pensato ad una leggenda di prati di scogliere, ad una rielaborazione di racconti popolari della costa scozzese occidentale, messi in scena con giovani dilettanti di Glasgow e parlati naturalmente in gaelico. L'antica lingua, incomprensibile al resto degli inglesi (figuratevi a noi), l'uso degli sfondi d'una quotidianità secolare, la semplicità disadorna e gnomica della recitazione, dovevano portare, secondo Platt Mills, ad una magìa spontanea, ad una leggenda senza filtri culturali. Invece il filtro è fin troppo evidente, la semplicità rituale non è mai compensata da uno scatto figurativo, certe operazioni forse riuscivano bene solo a Pasolini. Si racconta di Dermìd, in armatura e gioielli, che s'aggrega alla banda di Finn e ne diviene, dopo una serie di prove eroiche, il luogotenente l'amico. Ma la moglie di Finn s'innamora di lui e vuol possederlo nonostante le sue resistenze da uomo senza macchia. Vince la donna. Menestrelli, maghi e incantesimi (uotnini tramutati in pesci) si inframmettono nella plana storia, senza alterarne l'impassibilità da rievocazione in maschera. Ma l'ostacolo' della lingua ci impedisce di essere, nel giudizio, troppo severi. Stefano Reggiani A

Luoghi citati: Glasgow, Venezia