Quando il romanzo mi fu sequestrato di Milena Milani
Quando il romanzo mi fu sequestrato Quando il romanzo mi fu sequestrato di Milena Milani «E' pudica, detesta persino le barzellette», cosi disse di ino il poeta Giuseppe Ungaretti, mio testimone al processo che subii a Milano, per il romanzo «La ragazza di nome Giulio". Ero stata incriminata per il reato relativo all'articolo 528 del codice penale, quello cioè di pubblicazione oscena, gravemente offensiva del sentimento comune del pudore. Il libro, che era uscito nell'aprile 1964, era stato sequestrato qualche mese dopo, la polizia aveva ritirato il volume da tutte le librerie e distrutto anche il piombo in tipografia. Le denunce erano numerose, da! Brescia aveva preso posizione contro di me addirittura una associazione cattolica. Prima di me, non in Italia, ma nel mondo, altri scrittori sono stati condannati per i loro libri, che hanno precorso i tempi. Basta pensare al grande David H. Lawrence per «L'amante di Lady Chatterley» che la pur civile Inghilterra ha ammesso liberamente in circolazione soltanto in questi ultimi anni. Ovviamente il pudore che gli scrittori, secondo i giudici, offendevano era strettamente legato al sesso, e questo era intollerabile per la mentalità antiquata di quel tempo. Ricordo che Dino Buzzati una volta mi chiese come avevo fatto per farmi sequestrare il romanzo, anzi soggiunse che non capiva come mai il suo libro «Un amore» non avesse subito la stessa sorte del mio «La ragazza di nome Giulio». C'era il fatto, per me, che sono una donna. Sul mensile «La madre», stampato a Brescia, lessi questa frase: «Siamo rimasti dolorosamente stupiti cjie una donna, una nostra italiana, abbia osato tanto, e che una casa editrice si sia prestata a lanciare sul mercato librario tanta turpitudine-. Prima del processo andai a trovare, di mia inizia' tiva. il sostituto procuratore della Repubblica, Pasquale Carcasio. che si era occupato del sequestro. Volevo parlar gli umanamente, dirgli le ragioni ciie mi avevano Indotto a scrivere il romanzo. Ma lui mi disse che il mio libro era una bomba di sesso a 100 mila volt, che la protagonista era un essere squallido e abietto, immorale e cinico, che imper scdnca o e e o o i a a a , sonava tutti i mali del mondo, che non aveva nessun pudore... Ecco, questa parola ritornava sempre, mi si ritorceva contro. Per il pudore, il mio avvocato al processo mi faceva segno ogni momento di coprire le ginocchia, e io che mi trovavo sul banco degli imputati e avevo una gonna troppo corta, finii con l'appoggiare dei giornali 11 sopra, per nascondere meglio le gambe che avrebbero potuto influenzare malamente i magistrati. Tuttavia coprirmi non servi a nulla, e nemmeno le parole di Ungaretti servirono. Il pubblico ministero tuonava che la ragazza Giulio «era da rifiutarsi, perché egoista, priva di ogni spiritualità, sensibile solo ai richiami del sesso; sorda a ógni impulso di carità, di simpatia e di comprensione per cui degenerava a un livello mostruoso e subumano». Quei giudici inorridivano perché io avevo osato affrontare i temi dell'omosessualità e della masturbazione e soprattutto Infrangere il tabù più radicato dell'evoluzione puberale femminile, quello della mestruazione, considerato fino allora particolarmente schifoso: anzi, i giudici di questo argomento fecero una sorta di dramma, come se l'adolescente di cui io parlavo nelle mie pagine fosse davanti ai loro occhi, con il suo mi stero inquietante, con la sua vergogna portata in pubblico. glsmnvcttppmdnmcApIl pudore, sempre il pudore! giudici dissero che io non ne avevo, e che nemmeno mi cu ravo di quello degli altri. Per questo mi condannarono, e nel periodo che passò prima dell'assoluzione alla prima se zipne della corte di appello di Milano, sino alla completa riabilitazione del libro (e an che di me. autrice), ebbi tanto tempo per riflettere su quan to era avvenuto. Oggi 11 mio romanzo è sempre ristampato e letto nelle scuole, e vi fanno sopra delle tesi: il suo valore poetico e letterario è piena mente riconosciuto, il succes so e le traduzioni in tutto il mondo continuano ancora Siamo noi che siamo cani biati. la società va avanti, ha nuove aperture mentali, la sessualità è ridimensionata, è vista come mezzo di incontro, di comunicazione. E il pudore non ha più l'ipocrisia del passato, ma invece una libertà gioiosa, provocatoria.
Persone citate: David H. Lawrence, Dino Buzzati, Giuseppe Ungaretti, Ungaretti
Luoghi citati: Brescia, Inghilterra, Italia, Milano
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