Ritorno in Giordania di Mimmo Candito

Ritorno in Giordania Ritorno in Giordania (Segue dalla l'pagina) ventose hanno ancora 1 festoni della settimana scorsa, che ricordano il 30' anniversario dell'Incoronazione di Hussein. Questo piccolo re, oggi canuto e invecchiato più degli anni che ha addosso, è 11 governante con maggior longevità nell'Intero mondo della mezzaluna. La sua disponibilità a dimenticare molte delle asprezze passate e a dare nuovamente asilo ai soldati dell'Olp spiega anche questa sua sorprendente capacità di sopravvivere a tutte le guerre, gli attentati e 1 lutti che dal '48 angosciano le terre di questa parte del mondo. Accortezza politica non è certo debolezza. Ina settimana fa, quando pronunciò alla tv il discorso ufficiale per la festa della Corona, si sono ascoltate parole molto dure contro «gli Istigatori di emozioni ipocrite e di sedizione»; la conclusione era una minaccia: «Non ci sarà pietà verso coloro che mettono In pericolo l'unità della nazione, la sua sicurezza e la stabilità». Più che un dito puntato contro Israele, a molti parvero allora parole dirette ai fedayn che stavano facendo I bagagli a Beirut Un ammonimento che il passato è chiuso, ma non ignorato. L'altro ieri, all'arrivo dell'aereo da Cipro, le sue parole sono state diverse. Mafraq è una base militare che sta a Nord di Amman, sulla strada che poi si perde nel deserto iracheno; la terra è arida, e I radar fuori dalla pista dell'aeroporto sono puntati verso Ovest e Nord-Ovest, le frontiere di Israele e di Sirla. Il re stava ritto sulla pista ad attendere la discesa dei guerriglieri dalla scaletta, era in divisa da comandante delle forze armate e aveva accanto a sé il primo ministro e II capo di Stato Maggiore. Hussein sapeva di avere su di sé gli occhi di tutto il mondo arabo, e s'è comportato da protagonista consumato. Ha accettato con stile il sole duro e la lunghezza della cerimonia, e ha fatto schierare I guerriglieri davanti a sé in formazione militare dopo averli salutati a uno a uno. I fedayn avevano tutti la divisa, erano a capo scoperto, molti portavano là bandiera palestinese e I ritratti, grandi, dentro'una cornice, di Arafat e di Hussein. Ci sono state grida di esultanza, i nuovi profughi hanno ripetuto in coro: «La vittoria 6 nostra» e «Non ci arrenderemo mai»; poi il re ha parlato. Ha detto solo poche parole, ha accennato appena a quanto era accaduto In quel settembre del '70 («Il passato è una storia di famiglia»), e infine ha riconosciuto agli uomini di Arafat di «aver difeso un diritto e una causa giusta. Sono convinto — ha detto — che la lotta si concluderà con il riconoscimento dei legittimi diritti oggi violati». Ora I 265 fedayn sono dentro la base militare, aspettano un migliaio di compagni, tutti quelli con passaporto giordano; le armi sono finite in un deposito. Il futuro è tutto Incerto. In giro per Amman si ascoltano parole di vendetta e parole di moderazione: la prima non sarà facile, perché 1 servizi di sicurezza giordani vigilano con molta grinta sui tentativi di passaggio a Ovest; quanto alla seconda c'è chi dice nella capitale che un nuovo plano globale di sistemazione del Medio Oriente uscirà presto dalla mediazione di sauditi e americani. I palestinesi che vorranno se ne andranno in Cisglordania, e li fra qualche anno ci sarà la loro patria. Sono voci di un Paese che dal '67 ha anche II ministero per il Territorio occupato. La stabilità e l'equilibrio del regime non bastano però ad allontanare dalla Giordania un avvenire che è il più incerto dell'intero mondo arabo. La chiave per la soluzione del problema palestinese si trova in Cisgiordania, e la strada di questa passa per Amman. Mimmo Candito

Persone citate: Arafat