Sahel, l'epopea dell'albero

Sahel, l'epopea dell'albero Tra vittorie e delusioni la battaglia per il rimboschimento nel cuore dell'Africa devastato da terribili siccità Sahel, l'epopea dell'albero La tragedia del '73 non si è ripetuta, ma è sempre alle porte - Decisi anche aiuti italiani (700 miliardi) agli otto Paesi della regione - Il consumo di legna da costruzione e soprattutto da ardere all'orìgine del dramma - Campagna di «riforestazione collettiva» in Niger - Avrà successo prima che tutto sia stato bruciato? ROMA — Il direttore generale delta Fao, Edouard Saouma, ha elogiato la decisione annunciata dal governo italiano di destinare 500 milioni di dollari lungo l'arco di cinque-sette anni alla lotta contro la fame per incrementare la produzione alimentare nella regione africana del Sahel. ■L'annuncio del governo italiano è lodevole—ha detto Saouma — e testimonia la preoccupazione dell'Italia per la fame nel mondo nonché 11 suo impegno per sconfiggerla». L'Iniziativa che 11 ministro degli Esteri prevede di mettere a punto dopo l'entrata In carica del nuovo governo, è stata preceduta da consulta' sioni tra Saouma e II mini' stro Colombo, i quali hanno convenuto sull'assoluta necessità di un intervento a fa vore del Sahel. I criteri d'In tervento in questa regione da anni afflitta dalla siccità — che comprende Capo Verde, Ciad, Cambia, Mali, Mauritania, Niger, Senegal e Alto Volta — sono stati suggeriti dalla Fao, secondo la quale il Sahel «è una delle zone più povere e vulnerabili del mondo^ NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE NIAMEY — Nel 1973 la siccità Infuriava nel Sahel da 6 anni: aveva ucciso fra 50 e 100 mila persone, forse di più. Impossibile saperlo, in questi Paesi nel quali le statistiche sono aleatorie quanto le terre. Solo in quell'anno un quarto dei capi di bestiame sono morti, ma la moria era incominciata nel '69. Sui Paesi del Sahel nel 1974 incominciò a riversarsi un fiume di aiuti alimentari e progetti di sviluppo, un fiume impetuoso e disordinato. Sono passati nove anni, la siccità non è finita dappertutto. La produzione alimentare è aumentata meno della popolazione, il disboscamento continua. Eppure qualcosa si fa, l'ho constatato qui in Niger. Accanto alla pista di sabbia il miglio cresce in ciuffi verdi sulla terra bianca. Pochi millimetri di pioggia gli sono bastati. Oltre, la sabbia, poi un bosco, migliaia di eucalipti in lunghe file innaffiate da gocciolatoi. Sono davvero nel Sahel? Mi aspettavo il deserto, nel miei occhi di europeo avevo lo spettacolo di una terra crepata, di animali stecchiti. Invece vedo una piantagione irrigata; due enormi pompe diesel aspirano l'acqua dal fiume Niger che scorre pigro tra le rive ocra. La Banca Mondiale ha avviato qui a Namarde-Goungou, vicino a Niamey, un esperimento di coltura arborea intensiva su oltre 100 ettari. L'obiettivo è coprire il 5 per cento del consumo di legna degli abitanti della capitale. Un quarto della produzione servirà per pali da costruzione, in modo da ridurre la distruzione di specie che impiegano alcune decine di anni per diventare alberi. Oli eucalipti invece verranno ta gitati ogni tre anni. Il resto sarà Venduto come legna da ardere. Con un ettaro di eucalipti, hanno calcolato gli esperti, si proteggono indirettamente dieci ettari di vegetazione locale, grazie al minor prelievo. E' stata prevista una produttività di 30 metri cubi per ettaro l'anno. L'investimento iniziale è stato superato, ora è di circa 2 milioni di franchi Cfa. 8 milioni di lire l'ettaro, che sinora però fornisce solo 10 metri cubi l'anno. Anche nelle spese di gestione le previsioni sono state superate: 100 mila franchi Cfa, 400 mila lire per ettaro. Una parte del maggior costo deriva dalla maggior potenza della stazione di pompaggio. Ma sembra sicuro che il progetto sia in attivo; tutto dipenderà dal prezzo di vendita dei pali (oggi fra 1500 e 2000 franchi Cfa, 6-8 mila lire) e del legno, prezzi sui quali il governo può agire per orientare il consumo. C'è voluto del tempo perché gli esperti nigeriani, fieri delle loro piantagioni industriali, dicessero le cose come stanno. «Questo progetto è troppo costoso — affermano ora —. Siamo stati costretti a ridimensionarlo*. Persino il ministro per lo Svi¬ luppo agricolo dichiara: «Bisogna trarre una lesione dal progetto della Banca Mondiale. Il rimboschimento deve dipendere dalla popolazione in funzione delle necessità». Sul ponte Kennedy a cavallo del Niger, di fronte all'orgogliosa piazza dell'Indipendenza, una colonna di dromedari a perdita d'occhio porta il legno quotidiano per la gente della città. Il sole tramonta, l'acqua lo riflette: è una splendida Inquadratura per una fotografia. Ma il carico che oscilla lentamente al passo degli animali indifferenti è un'immagine di morte. I taglialegna di Niamey fanno anche 70 chilometri per trovare alberi. Ogni dromedario porta un metro cubo che vale 3 mila franchi Cfa, 12 mila lire. *ll fuoco costa spesso più. caro del contenuto della pentola» mi dicono. Non vi sono altre fonti d'energia. Le valutazioni sono incerte—da due a 5 ettari per abitante—ma una cosa è certa: i 14 milioni di ettari di «foreste» del Niger non bastano per i 5 milioni 800 mila abitanti di questo Paese. Lo sviluppo delle città aumenta la pressione sugli alberi: 10 mila abitanti significano 11 disboscamene in un cerchio di 15 chilometri, un piccolo deserto. Niamey aveva 100 mila abitanti prima della siccità, nel '77 ne aveva 225 mila. Alla domanda: «Per quanto tempo reggeranno le riserve di legna?», 11 giovane direttore del Programma di pianificazione e di utilizzazione del suolo reagisce esasperato: •Non lo so, ma se non si fa qualcosa sarà la catastrofe». La Banca Mondiale e i responsabili del Niger hanno fatto esperimenti di pianta¬ gioni «a secco» dal costo più ragionevole, dieci volte inferiore a quelle irrigate; ma anche il rendimento è minore, 30 metri cubi l'attaro in 8 anni.' Piantagioni come quelle di Birnl Nkonni, su 140 ettari, servono soprattutto come esempio, per convincere la popolazione a piantare alberi. Le mini-operazioni, 11 rimboschimento di massa, la «foresta sociale» sono diventate, dicono, «11 cocco della Fao». Ma nel villaggi non sempre hanno fortuna. A Teraza, un vivalo di alberi è stato creato accanto al bacino di un grande complesso idrografico. I contadini si erano detti disposti a fare i lavori di trapianto per formare' un perimetro di protezione delle colture, ma poi si sono tirati indietro. Ora si pensa di usare la •manodopera penale». A Bouza, invece, nel distretto di Tahoua, i privati — fatto storico nel Sahel—hanno impiantato alcuni ettari per la produzione della legna da ardere. Il reddito per ettaro sarebbe due-tre volte superiore a quello delle altre colture. Sempre a Bouza è stata Incominciata la «cintura verde» della città: avviata nel '74, sarà chiusa nel 1988. «Una fonte d'acqua, contenitori di plastica, semi di alberi locali consoni alle popolazioni, come il baobab e il tamarindo, che tendono a scomparire, una vecchia che innaffi, un piccolo nucleo di guardie forestali»: è il piccolo vivalo di villaggio che 11 governo vorrebbe finanziare, a migliala. La macchina è avviata. Arriverà prima che tutta la legna sia bruciata? Jacques Grall Copyright «LeMonde* e per l'Italia «La Stampa• Un pastore in un villaggio del Sahel. Vacche macilente, ma alberi sullo sfondo: è un'immagine di speranza per otto Paesi tormentati

Persone citate: Edouard Saouma, Jacques Grall, Kennedy