Nessun br si è costituito giudizi pessimisti a Roma
Nessun br si è costituito giudizi pessimisti a Roma Nessun br si è costituito giudizi pessimisti a Roma L'ultima legge con gli «sconti di pena» scade il 21 settembre ROMA — La legge sui pentiti sta naufragando? Sono trascorse undici settimane delle diciassette concesse ai terroristi per costituirsi o confessare, beneficiando cosi di forti «sconti» di pena, e pochissimi sono coloro che hanno imboccato la strada del «rawedimento operoso». Al ministero della Giustizia non hanno ancora dati parziali, ma un rapido sondaggio tra gli addetti ai lavori induce a previsioni pessimistiche. «La legge — dice Domenico Sica, sostituto procuratore di Roma e pubblico ministero nelle principali inchieste contro le Brigate rosse — sta dando risultati molto scarsi». Sul versante dell'eversione nera va ancora peggio. Afferma Loreto D'Ambrosio, uno dei magistrati romani che negli ultimi anni hanno indagato sulle più importanti organizzazioni neofasciste: «Tra i nostri imputati non avviene un pentimento da più d'un anno-. Nessun terrorista alla macchia si è consegnato, un numero bassissimo di detenuti si è pentito. E mentre si avvicina il termine ultimo previsto per beneficiare della legge (la mezzanotte del 21 settembre) arrivano sentenze co;ne quella di Bergamo che certo non incoraggiano le defezioni. C'è il rischio che esca sconfitta quella strategia del «pentimento» sulla quale lo Stato ha puntato gran parte delle sue carte. « Un insuccesso — ammonisce Sica — rimetterebbe in discussione tutto il discorso sui pentiti: Perché l'ultimatum lanciato ai terroristi in nome della ragion di Stato ha trovato cosi scarse adesioni? D'Ambrosio elenca tre motivi: le sentenze, che hanno punito con severità i pentiti, condannati in base ad una interpretazione restrittiva della legge; la paura di una rappresaglia; la scarsa informazione. Altri magistrati concordano con questa analisi. Sentenze «dure*. Al processo di Bergamo. Michele Viscardi, pentito di Prima Linea, è stato condannato a una pena che quadruplica le richieste dell'accusa. In un processo celebrato a Viterbo, Viscardi aveva commentato una sentenza anche quella volta più severa delle richieste: / giudici popolari, soprattutto qui in provincia, hanno scarsa sensibilità per il problema politico che sta dietro alla lotta al.terrorismo. Per essi noi siamo degli assassini, e basto». Paura di rappresaglia. I pentiti in carcere non si sentono protetti, e la cronaca a volte giustifica 1 loro timori. Spesso il ministero della Giustizia ordina trasferimenti in base a criteri che è difficile capire. Racconta un magistrato romano: «Mesi fa il terrorista-neofascista Ciavardini, un 'durissimo', è finito in un penitenziàrio di pentiti, che ovviamente si sono allarmati, sentendosi spiati e controllati». Talvolta accade l'inverso: soprattutto al «semi-pentiti», cioè coloro che in parte hanno confessato e in parte taciuto, capita di finire in supercarceri controllati dagli irriducibili. Scarsa informazione. D'Ambròsio si dice convinto che molti detenuti ignorino il contenuto della legge entrata in vigore nel maggio scorso. Senza contare,che 1 loro le gali sono spesso «avvocati politici», ostili alla norma sul pentimento. C'è infine un problema pratico: al terrorista che decide di confessare non è facile entrare in con tatto con un magistrato senza che nel carcere la cosa si sappia. Su questo punto lo stesso Peci, interrogato al processo Moro, è stato esplicito. g. r.
Persone citate: Ciavardini, D'ambrosio, Domenico Sica, Michele Viscardi, Peci, Sica
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