A Barga la «serenata pastorale» diretta dal felino Bellugi, regìa di Lucet

A Barga la «serenata pastorale» diretta dal felino Bellugi, regìa di Lucet A Barga la «serenata pastorale» diretta dal felino Bellugi, regìa di Lucet «li re pastore» dr un Mozart su di giri OAL NOSTRO INVIATO SPECIALE BARGA — «La condanna del Re Pastore è stata pronunciata all'unanimità», scriveva il nostro Andrea Della Corte, tentando, con poca convinzione e minor successo, di raddrizzare il giudizio del maggiori studiosi mozartiani. Il fatto è ch"e, scritta in fretta e furia per le modestissime possibilità teatrali di Salisburgo in occasione della visita dell'arciduca Massimiliano. J7 re pastore è una di quelle «serenate pastorali» come il milanese /«Scanio in Alba o II sogno di Scipione, che non sono né opere serie, perché finiscono bene, né opere comiche, perché non c'è niente da ridere (sebbene forse...), ma forme larvate di spettacolo da camera e cortigiano. Ciò posto, resta che è sempre un'opera di Mozart, in un momento d'intensa maturazione strumentale, e molto su di giri, pieno di tracotante sicurezza per il recentissimo successo della Finta giardiniera, questa si, una opera comica, in piena regola per un vero teatro come quello di Monaco. Da un punto di vista drammatico, l'operina sta poco in piedi, per la staticità for malistica del quattordici pezzi musicali che la compongono. Come documento d'un particolare momento di evoluzione del linguaggio musicale mo zartiano. e cioè l'interesse per il concerto strumentale, è im portante. E' il momento dei cinque Concerti per violino: dei quat tordici numeri musicali che la compongono, dieci sono arie solistiche in forma, pratica mente, d'allegro di concerto, dove la voce è trattata nei modi del virtuosismo stru- mentale, con la sua brava cadenza solistica dove l'orchestra si ferma sull'accordo di quarta e sesta e la voce parte in un arabesco riepilogativo regolarmente terminato dal trillo sul secondo grado. Aveva 19 anni Sono arie tripartite quasi sonatisticamente embrionali, dove la seconda sezione è appena appena un trapasso, una Durchftihrung tematicamente dedotta verso la ripresa. Ma Mozart è Mozart, e anche a diciannove anni, in fase d'infatuazione strumentale e di scarlattina concertante, sapeva bene che il violino è una cosa e la voce umana un'altra. Cosi, oltre a queste arie, strumentalmente impettite e teatralmente inespressive (o convinzlonalmente espressive), ce ne sono due, assai più centrate drammaticamente, in forma di cavatina in due strofe (l'aria di Elisa Barbaro! e quella di Alessandro Magno Se vincendo) e due in forma di rondò, di cui una è un celebre capolavoro (la stupenda aria di Aminta L'amerò, sarò costante, cui la presenza d'un violino solista conferisce un aspetto soavissimo di «aria da chiesa*) e una pur essa notevole, Se tu di me fai dono, della principessa Tamlrl che, Innamorata del bravo e un po' tonto Agenore, non vuol saperne di andare sposa al nuovo re di Sidone. Inoltre c'è un recitativo accompagnato (cioè con orchestra, e non col solo clavicembalo), tra Aminta, inaspetta tamente diventato re, da pa store che era, e la sua pastorella Elisa, dove il turbamento, quasi lo sgomento dei due ragazzi di fronte all'improvviso cangiamento di sorte, da luogo a una di quelle fulminee esplorazioni nella profondità delle coscienze per cui Mozart operista è grande. Se si ag giunge il prorompente, ancorché superficiale giubilo del quartetto finale, l'interesse strumentale della vigorosa ouverture e di alcune delle arie convenzionali, col loro pittorici effetti onomatopeici ancor quasi vlvaldiani (il mormorio del ruscello nella prima aria di A minta, 1 soliti sincopati del cuore «palpitante» nella prima aria di Tamlrl, Di tante sue procelle in un solenne mi bemolle maggiore, la quartina strumentale del «sospiri» nel citato recitativo obbligato a dialogo, cinguettìi di uccelletti e gioco strumentale degli sguardi nella prima aria di Agenore), si finisce per raccogliere un bottino di pregio. SI capisce che in ub grande teatro d'opera un lavoretto cosi, scritto da Metastasto per 1 passatempi filodrammatici, di quattro dame e un cavallere di corte a Vienna, non starebbe in piedi. In una piccola cornice estiva e festiva come quella di Barga, in mezzo ai boschi di questa verde Oarf agnana ombrosa dove quasi sembrerebbe ancor possibile imbattersi In un semplice pastorello contento del suo stato, che invece è 11 re di Sidone spodestato da un tiranno che Alessandro Magno ha sconfitto e deposto, ci sta bene. L'istituzione-di Opera Barga, che si vanta di avere fornito molti anni fa la prima esecuzione moderna di quest'operina in sede e funzione di saggi scolastici, ne ha fornito questa volta un'esecuzione di soddisfacente professionalità, con un'orchestra della Radiotelevisione francese diretta nientemeno che da Bellugi, c un quintetto di voci consapevoli dello stile mozartiano: i soprani Francoise Desteinbcrt (Aminta, la cui parte Mozart aveva' destinato a un castrato), Dinah Briant, toccante e gentile Elisa, la cui parte si spinge fino al do sopra il rigo, e Margherita Vivian, pungente principessa Tamirl; i tenori Philip Dogan Che nella parte di Alessandro Magno deve far prova di agilità vocale, con certi megaintervalli nell'aria Sé vincendo vi rendo felici, che discendono direttamente dal virtuosismo dello stile neonapoletano, e Heln Meens in quella parte dell'irresoluto Agenore che Metastaslo e forse anche Mozart soffusero d'un affettuoso umorismo, qui non rilevato dall'attore né dalla regia. Costumi saporiti Questa era dovuta a JeanPaul Lucet; nelle semplici scene di Mario Rossello e nei saporiti costumi disegnati da Gillian Armitage Hunt (spe clalmente gustosi quelli maschili, d'un ellenismo riveduto a Piccadilly, molto adatto al fisico anglosassone di Ales Sandro Magno) la regia si vale d'un formidabile atout, che è la piccolezza squisita del Teatrino del Differenti, trecento posti scarsi, che sollievo fra tante arene, palazzi dello sport. Scale, Regi e Comunali! Qui tutto si vede, soprattut to il gioco delle fisionomie, i cantanti possono tranquillamente recitare coi muscoli facciali, con gli occhi, col sorriso, invece di sbracciarsi in gesti teatrali. Bellugi ha un suo modo un po' felino di suonare Mozart, accentuando molto i contrasti dinamici dello stile strumentale di Mannheim, come zampale d'un gattono che potrebbe graffiare forte, ma in realtà fa zampa di velluto. Un bello spcttacolino, insomma, con economia di mezzi, ma non d'intelligenza. E qui allora ci sarebbe da aprire il capitolo Metastaslo. con le sue finezze shakespeariane (il recitativo a due di Alessandro che sa chi è Aminta, e Aminta che invece si crede un povero pastore), e con certe perle da fare il paio con quelle ottocentesche di Piave o di-Somma («l/n cor di re sempre io ti vidi in viso!*), e le finezze di comico involontario da gran signore che se la ride sotto i baffi: •Come! Aminta ei non è?*, chiede preoccupata Elisa. «No/» fa Alessandro Magno. E il povero Aminta (che qui dovrebbe agitare la mano destra con le dita raccolte); «E chi son io?.-. Ma non si finirebbe più. Bastino questi cenni per celebrare a modo nostro il negletto centenario di quel sommo e incompreso uomo di teatro che fu Pietro Trapassi, detto Metastaslo. Massimo Mila Scritta in un momento di intensa maturazione strumentale, è stata eseguita dall'orchestra della tv francese - Il libretto di Metastasi, sommo ed incompreso uomo di teatro, per la corte Una scena del «Re pastore» a Barga, nella squisita piccolezza del Teatrino dei Differenti