Petrolio dannato per il Messico di Mario Ciriello

Petrolio dannato per il Messico OSSERVATORIO Petrolio dannato per il Messico Il petrolio può creare un'economia, ma può anche strangolarla, può generare ricchezza e allo stesso tempo disperderla. Le conseguenze negative di questa manna sono oggi visibili in Messico, una nazione che annaspa in un mare di guai. Tre anni fa. Città del Messico era la mecca di banchieri e giornalisti: i primi pronti a elargire prestiti allo Stato come ai privati, i secondi pronti a descrivere con gli aggettivi più fiammeggianti il futuro della nuova «superpotenza petrolifera». Da allora la scena è mutata e la «superpotenza» è in bancarotta. Il debito estero messicano non ha pari al mondo, è un gigante mostruoso, supera quello del Brasile e spinge in secondo e terzo piano quelli della Polonia e dell'Argentina. 11 totale? Tra gli 85 c i 90 miliardi di dollari, 130 mila miliardi di lire, una cifra che, con l'accumularsi degli interessi, continua a dilatarsi, inesorabile. Il mese scorso, il Messico si è rivolto ai mercati internazionali e ha tentato di raccogliere un prestito di due miliardi e mezzo di dollari, 3500 miliardi di lire: nonostante il suo petrolio, la risposta è stata «no». Il Fondo monetario internazionale è disposto a tendere la mano, ma esige terapie draconiane, terapie che inasprirebbero la già minacciosa disoccupazione. Che cosa è accaduto? 11 Messico ha ignorato le esperienze di altri Paesi e si è buttato nel petrolio a ca pofitto. Certo, la caduta dei prezzi ha esasperato la bufera, ma i contraccolpi sarebbero stati minori se i messicani avessero capito fin dall'inizio che il petrolio è come il leone, può essere domato ma può ingoiare il domatore. Nel '77, dopo la nomina di Jorge Diaz Serrano a capo della Pemex l'azienda petrolifera di Stato, ogni moderazione fu buttata al vento, l'intera economia si lanciò nella caccia all'oro nero. Fu uno sforzo tremendo, perché il Messico doveva importare tutte le attrezzature; e fu, uno sforzo mal concepito, perché sovente si estraeva greggio troppo pesante che nessuno voleva. Se oggi il Messico affoga nei debiti, la responsabilità principale ricade sulla Pemex, che questi debiti ha reso necessari, spesso ha voluto. Di tanto in tanto, anche nel governo si levavano voci che invocavano una decelerazione; ma Serrano aveva l'appoggio del presidente José Lopez Portillo, e Portino vedeva nel petrolio lo strumento più rapido del successo economico e politico. Il petrolio, però, é anche fonte d'inflazione che già nell'80 superava il 30 per cento, e che quest'anno, po trebbe toccare il 74. Si dissolveva simultaneamente la fiducia nel peso, la fuga di capitali diveniva un torrente. Tra l'ottobre '81 e il feb braio '82, prima della svalu fazione della moneta, quasi 9 miliardi di dollari hanno abbandonato il Messico. All'inizio di dicembre, finito il suo mandato, José Lopez Portillo cederà i poteri presidenziali a Miguel De La Madrid, un tecnocrate, già ministro della Programmazione. De La Madrid sa che il Messico ha bisogno di cure urgenti, che le febbri petrolifere e terzomondiste di Portillo non hanno giovato alla nazione: ma non gli sarà facile im porre e far rispettare una severa austerità. Il Messico viaggia da troppi anni all'insegna dello spreco, dello sperpero, il cosiddetto «der roche», l'economia invoca un'inversione di rotta, ma la politica ha esigenze diverse. Mario Ciriello

Persone citate: Jorge Diaz, José Lopez, José Lopez Portillo, Miguel De, Portillo, Serrano