Liberata la figlia del re della seta prigioniera in un appartamento

Liberata la figlia del re della seta prigioniera in un appartamento Dai carabinieri di Milano, dopo 46 giorni di sequestro Liberata la figlia del re della seta prigioniera in un appartamento MILANO — Sequestrata a scopo di estorsione il 4 aprile scorso, Erika Ratti, 25 anni, figlia del titolare di una industria della seta fra le più prestigiose sul piano internazionale, è stata liberata, all'alba di ieri, dai carabinieri. Cinque presunti responsabili del rapimento sono stati arrestati: si tratta di sospetti rappresentanti della mafia calabrese e siciliana. Sono: Antonino Scopellitti, 35 anni, presunto boss in ascesa della «'ndrangheta»; Onofrio Jenna, 34 anni, originario di Gibellina (Trapani); Luigi Clerici, 58 anni, calabrese; Francesco Fontana, 35 anni, pure nativo di Gibellina; e una quinta persona che era priva di documenti e che dice di chiamarsi Nicola Criscemi, di avere 35 anni e di essere proveniente da Trapani. Le sue generalità saranno controllate nei prossimi giorni. Gli ultimi due erano i carcerieri della ragazza. Altre due persone, gli affittuari dell'appartamento, sono state arrestate. Erika è tornata libera senza che la famiglia versasse alcun riscatto: le trattative, condotte dall'avvocato Valerio Mazzola, rappresentante e legale di fiducia della famiglia, avrebbero dovuto concludersi in questi giorni con il versamento di una cifra ingente il cui ammontare, però, non è stato indicato. Tutta l'operazione si è svolta in non più di dieci minuti: al comando del colonnello Francesco Delfino centoquaranta carabinieri hanno circondato all'ai- ba l'edificio di via Ovada 23 dove, in un apparramento del terzo piano, Erika veniva tenuta prigioniera: «Aprite subito» , hanno intimato alcuni militi picchiando sulla porta blindata con il calcio dei moschetti. Dopo alcuni minuti, dall'interno, la risposta: «Non sparate, ci vestiamo e apriamo». «Non importa — hanno ribattuto i carabinieri — , siamo tutti uomini e non ci scanda¬ lizziamo. Aprite questa porta così la facciamo finita subito». I due carcerieri li hanno fatti entrare; non è stato sparato un solo colpo né sono state trovate armi nell'abitazione: solo poche cartucce calibro 22 sono state sequestrate nei box dello stabile. Erika Ratti stava dormendo e si è resa conto solo in parte di quanto stava succedendo. Poi ha visto i militi e il sostituto procuratore, dot- e o e r a a l o toressa Carmen Manfredda, la quale le ha sorriso e l'ha tranquillizzata. L'alloggio di via Ovada fa parte di un complesso di tre edifici di recente costruzione. Sette mesi or sono il precedente inquilino l'aveva lasciato per trasferirsi altrove: «Da allora, quasi per miracolo — ha detto un abitante del palazzo — non si erano più registrati furti nei nostri appartamenti». Nessuno aveva però sospettato che quell'appartamento — tre stanze più cucina e servizi — fosse stato adibito a prigione. La ragazza viveva in una cella ricavata nel salotto, una specie di box costruito in legno con le pareti rivestite di polistirolo espanso. «E adesso cosa ci farete?» , ha chiesto uno dei carcerieri mentre i carabinieri li stavano trasportando in caserma. «Noi nulla, deciderà il giudice». «Quanto rischio». «Vent'anni come minimo». «Ma io la ragazza l'ho trattata bene», ha commentato il bandito. Alla liberazione di Erika Ratti i carabinieri sono giunti dopo essere riusciti ad ottenere informazioni «giuste» e aver eseguito una serie di pedinamenti. Le prime consistevano principalmente in questo: la giovane era in mano alla «'ndrangheta» e il cervello di questa banda doveva essere considerato Scopellitti, una vecchia «conoscenza». Antonino Scopellitti ha alle spalle una lunga serie di reati di cui deve rispondere. Nel 1973 venne fermato in Lombardia mentre era alla guida di un camion con a bordo numerose casse di sigarette estere. Da contrabbandiere fece ben presto un «salto di qualità». Venne sospettato per il sequestro del presidente calabrese Giuseppe Cali. Nel corso dell'interrogatorio il pregiudicato confermò dì aver organizzato il rapimento e fece anche il nome dei suoi complici. Nel '75 lo Scopellitti riuscì ad evadere dalla casa circondariale di Palmi (Reggio Calabria). Nel '77 fu colpito da mandato di cattura emesso dal giudice istruttore di Catanzaro in relazione all'omicidio dell'avvocato dello Stato Francesco Ferlaino, avvenuto il 3 febbraio di due anni prima. Più o meno contemporaneamente all'arresto dello Scopellitti anche Onofrio Jenna e Luigi Clerici cadevano nelle mani dei carabinieri. La «carriera» di Onofrio Jenna cominciò nel 1960 con una denuncia per furto aggravato; il 22 marzo dello stesso anno venne accusato del duplice omicidio di Giacomo Palmieri e Pasquale Prima, di S. Ninfa. Sempre nel '60 fu denunciato per un furto di trenta pecore e porto abusivo d'arma. Il 3 aprile di quattro anni dopo fu nuovamente denunciato e arrestato in relazione ad una rapina pluriaggravata compiuta a Vercelli. Di tutte queste accuse Onofrio Jenna è stato chiamato a rispondere in diversi tribunali e sempre se l'è cavata con un'assoluzione «per insufficienza di prove» (una unica eccezione: il 29 marzo '65 gli furono inflitti di.e mesi di reclusione per una tentata evasione). La sentenza di assolu zìone per insufficienza di prove è caratteristica nei proces si a presunti mafiosi. Luigi Clerici risulta impli cato in tre sequestri di persona: quelli di Agrati, Stucchi e Mazzotti. «Quando i militi sono entrato io stavo dormendo e ho capito poco o niente...» , ha detto Erika Ratti. «Poi ho visto le divise, il magistrato e ho capito che la mia detenzione stava per finire nel miglio re dei modi». La ragazza ha aggiunto di essere sempre stata trattata molto umana mente: «I pasti erano caldi, leggevo ritagli di giornali e sentivo musica; non mi hanno mai minacciata ». Delle trattative — se e a che punto erano — non sapeva nulla. «Ogni tanto mi ordinavano di scrivere delle lettere, nient'altro». Subito dopo l'incontro con i cronisti la ragazza, insieme con i genitori, è partita per Como diretta alla casa di famiglia dove l'aspettava anche la sorella Donata, 23 anni, che al momento del sequestro si trovava negli Stati Uniti. La terza figlia del cavaliere del lavoro Ratti ha 22 anni e abita a Parigi. Lo scorso anno le cronache si occuparono di lei quando nel suo appartamento della capitale francese diede ospitalità a Francesco Berardi, insegnante bolognese noto come «Bifo», allora ricercato per gli incidenti avvenuti in marzo a Bologna e culminati con la morte dello studente Francesco Lo Russo, Erika Ratti riprenderà presto il suo lavoro di pubblicitaria. A Valderice, un comune del Trapanese di poco più di diecimila abitanti a una decina di chilometri dal capoluogo e a 250 metri di altitudine, so no stati arrestati dai carabinieri, Giovan Battista Lazzarino dì 40 anni, rappresentante di commercio trapanese, e la moglie Rita Enrica. I coniugi abitavano a Milano in via Ovada 33, nello stesso appartamento in cui era tenuta prigioniera Erika Ratti, e si erano trasferiti a Valderice da pochi giorni. Ornella Rota Milano. Erika Ratti, 25 anni, liberata ieri