Allen Hynek: vi spiego perché mi sono convertito agli Ufo di Ernesto Gagliano

Allen Hynek: vi spiego perché mi sono convertito agli Ufo L'astronomo che studia gli "oggetti non identificati,, Allen Hynek: vi spiego perché mi sono convertito agli Ufo Ha l'aria di un tranquillo | professore in pensione: barba bianca, occhiali, lo sguardo brillante e un po' stanco dello studioso. Joseph Alien Hynek, 68 anni, di Chicago, è arrivato in questi giorni a Firenze per un convegno dei gruppi di ricerca de «Il giornale dei misteri» come un personaggio circondato da un alone romanzesco. Affronta cineprese e giornalisti aggrappandosi alla sua pipa. Risponde a tutte le domande sugli Ufo senza lasciarsi trascinare da fantasiose ipotesi, non evoca torme di ominidi verdi o astronavi che ci svolazzano attorbo. Si limita a dire che se c'è qualcosa di strano nel nostro cielo è giusto che venga studiato correttamente. Pacato, non facile agli entusiasmi, avrebbe potuto concludere nell'ombra la sua carriera. E' stato assistente all'Università dell'Ohio, ha lavorato in un laboratorio di fisica, ora è preside della Facoltà di astronomia della Northwestern University e direttore di quell'osservatorio. Ha collaborato ai progetti Gemini, Apollo e Skylab, si è occupato di spettroscopia stellare e di supernove. Un'attività apprezzata, ma niente di cosi clamoroso da portarlo alla ribalta internazionale. Eppure è accaduto qualcosa ad un certo punto della sua vita che ne ha fatto un personaggio popolare e discusso. Molti ne sorridono, altri lo considerano addirittura un simbolo. Ha sfidato l'opinione corrente delle autorità militari e scientifiche americane pro¬ nunciandosi, lui astronomo e] membro del mondo accademico, a favore di un'indagine seria sugli oggetti volanti non identificati. «Newsweek» lo ha definito il «Galileo dell'ufologia» forse perché noi si è piegato alla scienza costituita; ha avuto anche la notorietà di un divo comparendo come consulente tecnico di Spielberg per il film «Incontri ravvicinati del terzo tipo», quella vicenda che culmina nell'apparizione fantastica di figure extraterrestri sbucate dalle luci di un'astronave. La storia di Hynek è la conversione di un addetto ai lavori. La racconta lui stesso in un libro dal titolo «Rapporto sugli Ufo» che sta per uscire anche in Italia pubblicato da Mondadori. «Prima ero scettico — dice —, la mia trasformazione è stata graduale. Oggi non dedicherei un minuto di più alla questione degli Ufo se non fossi convinto che il problema è reale e che gli sforzi per investigarlo e comprenderlo potrebbero avere conseguenze di grande portata: magari rwoluzionare la visione che l'uomo ha di se stesso e del suo posto nell'universo». Lo avevano chiamato come esperto a collaborare al progetto Blue Book, l'incarico affidato alla Air Force statunitense per far luce una volta per tutte sulla faccenda degli Ufo. Ma lì, racconta Hynek, dominava una mentalità tipicamente militare per cui se non si riusciva a mettere le mani su un pezzo di astronave, ciò voleva dire che erano tutte fandonie. E poi, a voler prendere sul serio certe segnalazioni, c'era il rischio di mettere le forze armate in stato di allarme con l'intasamento delle comunicazioni e altre conseguenze immagina- bili. «Non può essere, dunque non è» era il motto sottinteso. E alla fine il progetto Blue Book fu soppresso poiché — si sentenziava — quel programma di ricerche non aveva nessuna ragione d'essere né dal punto di vista della sicurezza nazionale né da quello della scienza. «La scienza aveva parlato — commenta Hynek con ironia — ma gli Ufo non lessero quel rapporto e continuarono ad apparire». Anche lui, ammette, s'era impegnato a dissipare le fantasie dei patiti dei «dischi volanti». Dapprima le sue spiegazioni si ispiravano sempre alle nozioni correnti. C'era un avvistamento di un oggetto misterioso nel cielo? Era un pallone sonda, una meteora, un aereo visto in una strana luce, un effetto meteorologico. Al massimo, quando proprio non affiorava una sia pur fragile interpretazione del fenomeno, parlava di allucinazione dell'osservatore. Poi, lentamente, perplessità e dubbi sono aumentati. Su tante segnalazioni assurde, una parte appariva attendibile anche se non trovava spiegazione. Alla fine degli Anni Sessanta la conversione di Hynek era completa. Adesso accusa l'Air Force di essere stata troppo sbrigativa nel liquidare certi episo di, nel tacere su segnalazioni registrate anche al radar. «Allora — confessa — ero troppo debole. Ero soltanto un piccolo professore di astronomia. Quando scienziati di grido sostengono che gli Ufo sono un "nonsenso" che cosa può fare un modesto docente? Andare dai generali e dire: ascoltate me invece di loro? Per essere sincero allora mi interessava soprattutto la mia carriera...». La sua rivincita sta in un dossier che è una requisitoria contro le spiegazioni di comodo. Riferisce nomi, date, luoghi, testimonianze; getta uno sguardo indiscreto nell'archivio del Blue Book. Ecco un esempio, fra i tanti. L'equipaggio di un DC-4 della United Airlines in volo da Jacksonville a Washington avvista una luce bianco-azzurra che volteggia a ovest dell'aereo. Il comandante accende tutti i segnali di coda, di posizione e così via. Allora Soggetto sfreccia via in salita». Che cosa dice l'Air Force? « Una probabile meteorite ». Ma — ribatte Hynek — questi corpi celesti non volteggiano, non si muovono a fianco di un aereo e non sfrecciano via in salita. I casi di questo genere, alcuni registrati al radar (e fino a qualche tempo fa top secret), sono parecchi. C'è poi un episodio che sembra aver contribuito in modo decisivo alla conversione dell'astronomo. Accadde a Socorro, nel Nuovo Messico. Hynek fu inviato come investigatore ufficiale. Aveva un grande desiderio di trovare una spiegazione naturale, ma non gli riuscì e «la cosa» fu classificata come oggetto o fenomeno non identificato. Il testimone era un poliziotto dal carattere e dal curriculum «impeccabile». Raccontò di aver visto a poca distanza, accanto alla strada, una sagoma ovale, con un suono che passava da una frequenza alta ad una bassa. Precisò che c'erano fiamme azzurro-arancione e «due persone di forma normale e di statura bassa, forse adulti piccoli o bambini alti». Avvertì dall'auto, via radio, lo sceriffo. Poi l'oggetto salì lento e diritto e scomparve verso le montagne. Hynek dice di aver esaminato con cura il luogo e trovato tracce sul terreno e alcune piante grasse carbonizzate. Aggiunge che si tentò di dimostrare che si era trattato di qualche apparecchio spaziale, forse un modulo di atterraggio lunare. Ma non si riuscì a trovare nessuna prova «che un velivolo di fabbricazione umana fosse atterrato a Socorro nel pomeriggio in questione ;/. Conclusione? L'astronomo non cede alle tentazioni della fantascienza, ma neppure agli sbrigativi rifiuti dell'esiabZishment. Esorta a non essere troppo « antropocentrici »: non offre delle risposte, pone degli interrogativi. «Si direbbe che tutto ciò sia opera di qualche "intelligenza". Ma da dove viene? Giunge veramente dalle profondità dello spazio oppure è molto più vicina a noi di quanto si creda? E' extraterrestre o metaterrestre? O ancora, come sosteneva lo psicologo Jung, è una strana manifestazione della psiche umana?». Noi non conosciamo gli Ufo, aggiunge, ma i rapporti sugli Ufo. C'è qualcosa di strano che dobbiamo studiare con rigore e non sbarazzarcene con un sorriso scettico. Domandarsi se questi oggetti sono astronavi che vengono dallo spazio è porre il problema in modo sbagliato: occorre vedere che cos'è questo fenomeno, indipendentemente dalla sua origine. «Ordiniamo i fatti prima di tentare una teoria». Lui è convinto che sia una realtà, per quanto inspiegabile. E magari l'inizio di una nuova avventura nell'ignoto. Ernesto Gagliano ] e e

Luoghi citati: Chicago, Firenze, Italia, Messico, Mondadori, Ohio, Washington