Kurt Goedel e la crisi del mito della certezza

Kurt Goedel e la crisi del mito della certezza Kurt Goedel e la crisi del mito della certezza La recente scomparsa negli Stati Uniti del logico e matematico Kurt Godei non ha avuto molta risonanza fuori dall'ambito strettamente specialistico. Laureatosi a Vienna in matematica, Godei fece parte giovanissimo (era nato nel 1906) di quel Circolo viennese in cui alla fine degli Anni Venti si originò, attorno a Moritz Schlick, il neo positivismo; ma già nel '33 egli emigrava negli Stati Uniti, ove fu accolto all'Istituto di studi superiori di Princeton, il centro famoso che ospitò anche Einstein e von Neumann. Uomo schivo, con una assai scarsa produzione di lavori di eccezionale importanza ma estremamente tecnici, Godei non attrasse certo l'attenzione del gran pubblico. Eppure a lui si deve una delle svolte più rivoluzionarie nei modi di pensare e nelle abitudini intellettuali del nostro secolo. E' a tale svolta che qui voglio accennare, senza addentrarmi — com'è ovvio — nell'esposizione particolareggiata sia dei risultati ottenuti da Godei sia delle tecniche da lui genialmente escogitate per raggiungerli. Solo una conoscenza non superficiale della moderna logica formale e dei problemi connessi con i fondamenti della matematica permette infatti di afferrare gli sviluppi particolareggiati dei teoremi dimostrati da Godei e riguardanti la completezza semantica nella logica dei predicati del primo ordine, l'incompletezza sintattica dell'aritmetica, l'indimostrabilità (con metodi aritmetizzabili) della non-contraddittorietà di essa, la compatibilità dell'assioma di scelta e dell'ipotesi del continuo con gli assiomi della teoria degli insiemi. E lo stesso si può dire anche per le tecniche da lui usate: dall'aritmetizzazione della sintassi ai modelli « interni » nella teoria degli insiemi. Tuttavia, anche il non specialista può, con un po' di buona volontà, cogliere il significato di ciò che Godei dimostrò nel 1931 e che è stato poi chiamato, per antonomasia, il « teorema di Godei ». Egli riuscì a mostrare, in primo luogo che le proposizioni di base (o assiomi) di una teoria matematica come l'aritmetica non ci permettono di provare o confutare qualsiasi proposizione che faccia parte della teoria stessa. Ci sono proposizioni vere della aritmetica che gli assiomi di questa teoria non ci permettono di dimostrare. Una conseguenza di ciò è che l'aritmetica elementare (così ogni altro sistema deduttivo che sia in grado di formularla) non può contenere in sé la prova della propria non-contraddittorietà. Tale prova sarebbe possibile, paradossalmente, solo se il sistema fosse contraddittorio e quindi manifestamente inutilizzabile ai fini della deduzione. Fu agevole scorgere, dopo la dimostrazione di Godei, la portata generale del risultato da lui ottenuto: ogni teoria matematica più complessa dall'aritmetica si imbatte nella stessa impossibilità di provare con i propri mezzi la sua non-contraddittorietà. Ad esempio, nel caso dell'aritmetica elementare si riuscì, in seguito, a provarne la non-contraddittorietà facendo ricorso a mezzi più « forti », come quelli forniti dall'aritmetica transfinita; ma questa, a sua volta, non può autoprovare la propria consistenza, rinviando così alla ricerca di ulteriori teorie. Non c'è quindi un unico sistema che contenga tutti i concetti matematici e le prove di tutte le proposizioni matematiche valide: « La matematica richiede una serie infinita di lingue sempre più ricche ». *★ Questa situazione segnò un completo sconvolgimento del modo di procedere dei matematici e dei logici nella ricerca dei « fondamenti » delle teorie deduttive. Nel corso dell'Ottocento, con la costituzione, ad esempio, delle geometrie non-euclidee, accanto alla tradizionale geometria euclidea, ci si era resi sempre più conto che la consistenza di una teoria non dipende dalla « evidenza » dei suoi assiomi, come a lungo si era ritenuto. L'evidenza è qualcosa di troppo relativo e psicologico; si andò quindi affermando sempre più la tendenza a fondare le teorie deduttive mostrandone la non-contraddittorietà, cioè l'impossibilità di ricavare da esse tanto una proposizione data quanto la sua negazione. Tale tendenza si esplicò in una serie di tentativi in cui la noncontraddittorietà delle teorie matematiche più complesse veniva fondata sulla non-contraddittorietà delle teorie via via più « elementari »: così la non-contraddittorietà delle geometrie non-euclidee poggiava su quella della geometria euclidea, la consistenza di questa sulla non-contraddittorietà dell'analisi reale e via di seguito sino a giungere ad una base (l'aritmetica elementare o la logica) che garantisse la solidità di tutta la costruzione. L'edificio della matematica, cioè della scienza rigorosa per eccellenza, appariva così come qualcosa di ben saldo: l'orientamento nella ricerca dei fondamenti era di garantirne la solidità trovando una prima incrollabile base su cui tutto poggiasse. Si può immaginare tale edificio come una piramide tronca rovesciata, slanciantesi verso l'alto a partire dalla base minore: tutto dipende dalla saldezza del terreno su cui questa si trova, ★ * Dopo il « teorema di Godei » questa immagine perde di credibilità. Esso ha infatti mostrato che le teorie più « elementari », lungi dal potere servire di base alle teorie più ricche, non possono nemmeno provare con i loro mezzi la propria non-contraddittorietà. La prova, quando si riesca a trovarla, la si può dare soltanto servendosi di una teoria più ricca. L'orientamento fino ad allora dominante nel campo dei fondamenti della matematica è del tutto rovesciato. Ci si trova, incredibilmente, a dover far dipendere la consistenza Jei piani inferiori dalla costruzione di quelli superiori, con un processo, tuttavia, che non ha mai termine. L'immagine della piramide può essere efficacemente sostituita da quella di una spirale lanciata verso l'alto, con volute sempre più ampie, alla ricerca di un punto di aggancio, che è, tuttavia, spostato di continuo. Si può subito cogliere l'importanza che ha questo mutamento nei modi di pensare. E' qualcosa che non concerne soltanto i problemi tecnici della matematica, ma che incide a fondo sulla rappresentazione che per secoli si ebbe di tale disciplina e della funzione da essa esercitata nel nostro conoscere. Il detto popolare « la matematica non è un'opinione » esprime assai bene la convinzione tanto radicata nella nostra cultura che la matematica sia il modello per eccellenza del conoscere. E quando la si assume per modello, non è soltanto il rigore dei suoi procedimenti ciò che viene apprezzato: si crede piuttosto che essa offra garanzie assolute di certezza, perché è una costruzione graduale che procede combinando elementi certi secondo regole altrettanto certe. Non è un caso che tante volte la filosofia, come aspirazione al sapere totale, abbia tentato di far proprio il « metodo matematico »: si cercava in tal modo di estendere al conoscere in generale quel carattere di completa sicurezza che una tradizione di pensiero risalente sino ai Greci aveva costantemente attribuito alla matematica. Anche quando si cominciò a dubitare della assoluta evidenza dei principi matematici, questa tendenza sopravvisse ancora attraverso la ricerca dei « fondamenti », secondo l'immagine della costruzione piramidale di questa scienza. La possibilità di pervenire ad una costruzione sicuramente salda era, per l'uomo, una j risposta consolante al suo bisogno di certezza. Il fatto che questa si potesse raggiungere, come sembrava, almeno in un campo, era motivo di speranza per il sapere in generale. Il « teorema di Godei » è un contributo decisivo alla crisi del « mito della certezza ». Nella cultura del nostro secolo, altri elementi — anche nel campo della conoscenza scientifica — hanno sgretolato tale mito, inducendoci a riflettere sul rischio che comporta la confusione tra il nostro bisogno di certezza e l'illusione che spesso coltiviamo di poter acquisire delle « certezze » una volta per sempre. Ha tuttavia una efficacia senza pari l'aver indicato, come Godei ha fatto, che anche nella conoscenza più rigorosa, qual è quella matematica, noi procediamo sempre tentativamente e con rischio. La ricerca della certezza, anziché giungere ad acquisizioni sicure, ci spinge in un cammino che non ha fine. Francesco Barone

Persone citate: Einstein, Francesco Barone, Greci, Kurt Goedel, Moritz Schlick

Luoghi citati: Stati Uniti, Vienna