I br insultano Seria d'Argentine che depone sul dissidio con Sogno

I br insultano Seria d'Argentine che depone sul dissidio con Sogno Un'altra tempestosa udienza al processo di Torino I br insultano Seria d'Argentine che depone sul dissidio con Sogno Il magistrato milanese si è presentato spontaneamente alla corte per chiarire i propri rapporti con l'ambasciatore accusato per il "golpe bianco - "L'ho considerato un dio quando combatteva i nazisti — ha detto — poi non ho più condiviso le sue posizioni" TORINO — Il magistrato Beria d'Argentine ha chiarito ieri al processo contro le Brigate rosse i suoi rapporti con Edgardo Sogno: amicizia, stima, ammirazione («a venti anni quando si combatteva insieme contro i nazisti, lo consideravo un dio »), ma anche «fermo dissenso» nei confronti delle posizioni politiche che l'ambasciatore, al ritorno da Rangoon, nella primavera del 1970, andava assumendo. In sintesi: un no reciso alle nascenti vocazioni di Sogno per una repubblica presidenziale di tipo autoritario, le quali sarebbero sfociate poi, secondo le accuse della magistratura (il procedimento è anoora in fase istruttoria), nel progetto di cospirazione politica dello stesso Sogno, e un sì, altrettanto convinto e appassionato, ai valori e ai principi della Costituzione, che per Beria d'Argentine è il punto di riferimento costante, inamovibile di ogni proposta di riforma e « rifondazione » dello Stato. Una posizione dignitosa quella del magistrato milanese, posizione che naturalmente non è piaciuta ai brigatisti in gabbia i quali hanno reagito prima con le accuse di Semeria a Beria, poi con gli insulti e le minacce di Ferrari, Curcio e Ognibene, espulsi gli ultimi due dal pm. Moschella. Beria d'Argentine era venuto al processo volontariamente, per dissipare dubbi, allontanare sospetti dopo le pesanti insinuazioni degli imputati. La questione è nota. Curcio e Pranceschini affermarono che al momento dell'arresto, avvenuto a Pinerolo, l'8 settembre 1974, fu sequestrata loro una cartellina verde, proveniente da una «perquisizione» dei brigatisti nella sede milanese del Centro di resistenza democratica (Crd), presieduto da Sogno. Nella cartellina, essi sosten- Le ingiurie durante il processo nero, c'era anche una lettera di Beria d'Argentine indirizzata all' ambasciatore. Essa proverebbe, secondo i brigatisti, i legami del magistrato con il Crd e il suo consenso ai progetti di Sogno. La lettera non fu mai rinvenuta e non figura nel minuzioso verbale di sequestro redatto dai carabinieri dopo l'arresto dei due « capi storici » delle Br. Fu scritta? Che cosa diceva? Il magistrato, vestito con un completo grigio, sorseggiando ogni tanto un po' d'acqua, rende la sua deposizione partendo di lontano: gli anni '39-'40 quando conobbe un Sogno orientato in modo inequivocabile verso posizioni antifasciste. Il racconto di Beria d'Argentine può essere diviso in due parti. La prima è la commossa rievocazione di una lotta combattuta nel segno d'ideali comuni; la seconda scandisce il crescente distacco dalle posizioni dell'ambasciatore, pur nel permanere dell'amicizia. Beria d'Argentine dice che Sogno vagheggiava una sorta di seconda Repubblica, per la nascita della quale avrebbero dovuto dare il loro apporto i partiti dal pli al psi. Ripete che non condivideva e non condivide questo progetto, poiché la riforma dello Stato, che pure è necessaria, ha bisogno di meditati approfondimenti teorici, richiede tempi lunghi e ha bisogno del sostegno di tutte le forze costituzionali, mentre Sogno rimaneva fermo nelle sue pregiudiziali anticomuniste e insisteva sulla necessità di azioni politiche da realizzarsi in tempi brevi. Beria d'Argentine: «Parlammo della questione a Biumo vicino a Varese nel giugno del 1970, al ritorno di Sogno da Rangoon, durante un ricevimento nella villa Mozzoni e chiarii in modo preciso, con toni accalorati qual era il mio punto di vista. Poi per parecchio tempo non vidi più l'ambasciatore. Nel 1971 ricevetti una sua lettera. In essa Sogno mi esprimeva solidarietà. Io uscivo infatti da una serie di furibonde polemiche a proposito del processo per diffamazione contro l'allora direttore di Lotta continua e riguardante la morte dell'anarchico Pinelli. Mi si accusò di avere fatto pressioni sulla corte perché desse torto ai poliziotti. Chiesi di essere sottoposto a inchiesta, mi allontanai dal Consiglio superiore della magistratura. Poi tutto si chiarì, ma il singolare è questo: nelle polemiche fui coinvolto proprio da quegli uomini che avrebbero dovuto costituire il mio supporto, se avessi aderito a certi progetti». Una pausa, poi il magistrato riprende: «Dunque dicevo che Sogno mi espresse solidarietà ed io gli indirizzai una lettera per ringraziarlo, ma anche per ribadire ancora una volta il punto di vista che avevo già espresso a Biumo. Io mi ricordo di quella lettera». Moschella: «Gli imputati parlano di un'altra lettera in cui lei affermava di non poter partecipare a un convegno indetto da Sogno, pur aderendo all'iniziativa». Beria: «Il Cdr organizzò 3 convegni. Il dott. Violante, che condusse l'inchiesta contro Sogno mi disse di aver acquisito gli atti di quelle riunioni e precisò che il mio nome non figurava nell'elenco degli invitati». Attacca il brigatista Semeria: «No, lei fu invitato, a un convegno del novembre '73, ma rispose di non partecipare per motivi d'opportunità». Beria: «Il mìo dissenso politico nei confronti di Sogno già l'avevo espresso in modo fermo. Comunque non mi risulta di aver declinato personalmente un invito di Sogno. Può anche darsi che una lettera sia stata scritta dalla mia segretaria, ma certamente non in quei termini». Semeria: «Dunque lei partecipò alla riunione di Biumo dove si fondò il Crd». Beria: «Non fu fondato il Crd, non si parlò di nessun comitato». Semeria: «A Biumo c'era anche Zamberletti?». Moschella: «La domanda non è pertinente». Semeria: «C'erano quattro americani?». Beria: «io escludo». Semeria: «Comunque tra lei e Sogno ci fu una divisione di ruoli. Lei era il teorico». Moschella: «Semeria vuol coinvolgere un alto magistrato con affermazioni gratuite». Beria: «Ho sempre detto che la Costituzione è l'unica garanzia della democrazìa in Italia». Semeria: «Lei è il teorico dei carceri speciali, dei tribunali speciali, dei reparti speciali». Moschella: «L'imputato vuol processare il teste». Brigatista Ferrari: «Taci, giannizzero da procura». Tumulti. Intervengono Curcio e Buonavita con riferimento al sequestro Moro. Udienza sospesa da Barbaro. Beria d'Argentine se ne va. Ognibene al suo indirizzo: «Ci ricorderemo di te, Beria». E' espulso da Moschella. Curcio a Moschella: «Tu ci rubi i documenti». Moschella: «Io non rubo niente». Espulso anche Curcio. Si riprende e Beria d'Argentine, richiamato in aula, chiarisce la sua posizione su carceri ed efficienza dell'apparato statale. Ed ancora una volta si richiama alla Costituzione. C'è ancora il tempo di sapere che Curcio e Franceschini hanno appellato la sentenza del tribunale che li condanna per apologia di reato. Poi Barbaro dichiara chiuso il dibattimento. Clemente Granata Depone Adolfo Beria d'Argentine (Foto "La Stampa")

Luoghi citati: Biumo, Italia, Pinerolo, Rangoon, Torino, Varese