Orlov e i riguardi del pci di Paolo Garimberti

Orlov e i riguardi del pci Orlov e i riguardi del pci Ci sono voluti sei giorni prima che l'organo del pei commentasse la sentenza del tribunale di Mosca, che ha condannato a sette anni di carcere e cinque dì confino il « dissidente » Jurij Orlov. Un tempo così lungo può avere due spiegazioni, del resto complementari l'una dell'altra. Possono esservi state, al vertice stesso del pei, valutazioni divergenti sui caso Orlov, uno dei più gravi esempi di repressione del « dissenso » e di disprezzo degli accordi di Helsinki da parte del potere sovietico. La riflessione «critica e autocritica», che il pei si è imposta dopo i deludenti risultati delle ultime «amministrative » parziali, ha investito forse anche la « questione sovietica », che ha un'incidenza non secondaria sui rapporto tra il vertice e la base del partito e tra il pei e l'elettorato. Secondariamente, lasciando trascorrere sei giorni tra il fatto e il commento, il partito e il suo giornale hanno forse voluto mostrare un certo distacco critico, appunto per sdrammatizzare la « questione sovietica » eternamente incombente sul pei e marcare, al tempo stesso, una volta di più la differenza con i comunisti francesi, che hanno invece reagito con una rapidità almeno pari alla durezza negativa del commento de l'Humanité. Questa seconda spiegazione trova sostegno in tre considerazioni. Il commento de l'Unità è apparso ieri in prima pagina, con un titolo assai vistoso, ad indicare che il tema merita molta attenzione. Però l'articolo è firmato, anziché da un editorialista del giornale o da un dirigente del partito, da uno storico, Giuliano Procacci, che è sì comunista, ma non è neppure membro del comitato centrale. Le due spiegazioni, abbiamo detto, sono complementari. Divergenze di valutazioni al vertice possono aver richiesto tempi lunghi alla ricerca di un compromesso. Affidare la stesura dell'articolo ad uno storico, sia pure di prestigio, come Procacci, e non ad un funzionario significa dare alla presa di posizione un carattere meno ufficiale e impegnativo per il partito. Inoltre, passare dalle considerazioni specifiche sul caso Orlov a riflessioni più generali sull'immagine internazionale dell'Urss evita giudizi troppo duri e sgradevoli per Mosca del tipo di quelli emessi da l'Humanité (che, invece, ha parlato di «offesa alla gius tizia» ). L'attenta ricerca di tanti compromessi non ha giovato, però, al prodotto finale: il commento de l'Unità (o di Procacci?) al caso Orlov, timoroso come appare e pieno di riguardi per l'Urss, rappresenta un passo indietro rispetto a precedenti analisi comuniste del sistema sovietico e del rapporto tra potere e «dissenso». Basta confrontare l'articolo di ieri con il saggio di Giuseppe Boffa sullo stalinismo gl'Unità, 5 marzo: i metodi staliniani sono stati liquidati, ma le concezioni sopravvìvono tutt'oggi) e con il rapporto di Adriano Guerra al convegno di gennaio a Frattocchie (la «società del Gulag» è una realtà della quale dobbiamo tenere conto nelle nostre analisi e nelle nostre risposte). Ora, invece. Procacci, dopo aver « ribadito », quasi con un bisticcio di parole, il «dissenso» e la «condanna» del pei rispetto alla condanna del «dissidente» Orlov, afferma, al termine di una lunga digressione storica, che « il verdetto di Mosca contro Orlov non contribuisce certo a migliorare l'immagine attuale dell'Unione Sovietica nell'opinione pubblica mondiale (...) esso non contribuisce neppure alla causa della distensione». Ma limitarsi a inquadrare e valutare il caso Orlov nel contesto internazionale significa eludere il problema fondamentale posto dalla sentenza di Mosca, cioè, per usare le parole di Rinascita, quello dei « grandi nodi irrisolti della democrazia socialista ». La condanna di Orlov conferma che nell'Urss, che si pretende socialista, ma nega ogni dialettica politica interna, non c'è democrazia reale, per non parlare di pluralismo. Invece il modello socialista preconizzato dal pei è, per autodefinizione, democratico e pluralista. Questa contraddizione (che per i comunisti italiani è soltanto apparente, ma per noi tale non è) non meriterebbe forse di essere analizzata e risolta? Paolo Garimberti

Luoghi citati: Frattocchie, Helsinki, Mosca, Unione Sovietica, Urss