La Gimac di Settimo chiude si vuol trasferire all'estero?

La Gimac di Settimo chiude si vuol trasferire all'estero? La Gimac di Settimo chiude si vuol trasferire all'estero? La denuncia è stata fatta dal consiglio di fabbrica - Preoccupazione per il futuro dei 570 dipendenti - Un convegno sui problemi del pubblico impiego La « Gimac » di Settimo, che produce trattori e macchine per il movimento terra, « fugge » all'estero? L'accusa parte dal consiglio di fabbrica, che da quasi due mesi si batte per impedire la chiusura dello stabilimento di Pomezia (350 operai) e di quello di Settimo, che occupa 570 dipendenti. Per il primo la sospensione della produzione è ormai un fatto compiuto, tant'è vero che il 27 aprile la direzione ha inviato a tutti le lettere di licenziamento; per la sede di Settimo, le prospettive non sono meno oscure. Buona parte degli operai sono in cassa integrazione. I tre proprietari — ing. Franco Torazzi, ing. Giovanni Bachetoni Vaccari, marchese Franco Pantauzzi — hanno ottenuto dal tribunale l'amministrazione controllata, ma esiste sempre il pericolo che uno dei molti oreditori (si parla di una quarantina tra banche e fornitori che pretendono sei miliardi) presenti istanza di fallimento. Questo in breve il quadro della situazione. « Di fronte a questi due fatti — dicono ai consiglio di fabbrica — è chiaro che la direzione Gimac continua nella sua politica dì progressiva riduzione degli investimenti in Italia, e arriva quasi alla smobilitazione. Di conseguenza, il numero degli occupati in pochi anni si è ridotto a un terzo. Ora chiude lo stabilimento di Pomezia e minaccia di fare altrettanto per quello di Settimo, ma nello stesso tempo progetta una nuova unità produttiva in Svizzera che entrerà in funzione a metà del prossimo anno. Questa scelta di disimpegno della proprietà si aggiunge agli errori dì gestione commessi in passato, quali la mancata diversificazione della produzione, la cattiva organizzazione del lavoro e il mancato rapporto e collegamento con i programmi della Fiat ». Per il consiglio di fabbrica il rilancio della Gimac può essere attuato affrontando con investimenti adeguati il rinnovo degli impianti, che comporta anche una maggiore qualificazione della produzione. La crisi della Gimac prò- voca ripercussioni negative per quanto riguarda l'occupazione su molte piccole imprese del settore metalmeccanico che lavorano quasi esclusivamente per la Gimac. « Purtroppo questa è una realtà che ogni giorno assume aspetti sempre più inquietanti — dice Benito Ferrante, del consiglio di fabbrica —, faccio un esempio: l'Ilfer, una carpenteria con quindici operai, che ha sede davanti al nostro stabilimento, è fallita proprio perché sono mancate completamente le nostre ordinazioni. Ma ce ne sono altre nell'area torinese che sono in difficoltà (Olma, Vab, Torasso, Omp, Ferioll). Sono almeno trecento gli operai di queste piccole aziende, che, come noi, temono di perdere il posto dì lavoro ». UIL POSTELEGRAFONICI — Si è tenuto ieri presso la Camera di Commercio un convegno su: « / problemi del pubblico impiego nell'attuale momento politico ». Dopo un'introduzione di Mario Schiavo, segretario nazionale, ha preso la parola Giorgio Benvenuto, segretario generale della UH. Nell'intervento ha esaminato la situazione del settore, la necessità di una maggiore sburocratizzazione, le prospettive immediate in relazione al rinnovo contrattuale. SILMA — Domani l'accordo raggiunto a Roma presso il Ministero sarà sottoposto alla ratifica dell'assemblea del lavoratori.

Persone citate: Benito Ferrante, Franco Pantauzzi, Franco Torazzi, Giorgio Benvenuto, Giovanni Bachetoni Vaccari, Mario Schiavo, Torasso

Luoghi citati: Italia, Pomezia, Roma, Svizzera