Le Antinomie e il Linguaggio

Le Antinomie e il Linguaggio Le Antinomie e il Linguaggio La nostra nota sulla «Prova di Goedel» (La Stampa, 15 febbraio 1978), comparsa quando venne a morte quel matematico, ci ha procurato, da parte del professor Italo Aimonetto, uno studio di lui su quel celebre teorema, studio pubblicato sulla torinese rivista Filosofia (Ottobre 1977), nonché una diffusa trattazione dello stesso Autore sulle Antinomie logiche e matematiche (ed. Filosofia, Torino). Il quale Autore, studioso di logica, giudica esatto il teorema di Goedel; ma mette in guardia i lettori contro le antinomie implicite in esso, intendendo per antinomie quelle proposizioni che portano in sé ambiguità o contraddizione. Le antinomie possono essere giochetti divertenti, come quella del mentitore. Un uomo dice «sto mentendo»; se egli mente, il suo enunciato è vero e perciò egli non mente; se egli non mente, allora, dicendo che mente, mente. E' questo bisticcio, imparentato con la storiella del candidato a un impiego, che viene interrogato dal datore di lavoro; «Bevete?». «Oh, no». «Gioca¬ te?». «Nemmeno». «Droga?». «Dio me ne guardi». «Allora, donne». «Nossignore». «Ma qualche vizio pure l'avete». «Sì, dico bugie». Le antinomie, abbiamo detto, sono scherzi, i quali ci ammoniscono però delle trappole logiche nascoste in quel linguaggio, che noi adoperiamo come principale strumento del pensiero. Esse, quando trascorrono dai temi correnti (dove il buon senso può correggere deduzioni strambe) alla matematica, possono essere portatrici di risultati errati, non tanto facili a discoprire. In realtà l'attenzione che, nei nostri tempi, si dà al linguaggio, alla logica come scienza del discorso dimostrativo, alla possibilità di fare rampollare da un insieme di proposizioni, vere o supposte vere, conseguenze valide, può portare alla domanda: è possibile, col raziocinio, cioè adoprando il linguaggio, la logica, anche espressa in simboli quasi matematici, è possibile discoprire se il linguaggio, il discorso, siano strumenti logicamente validi? Ci sembra, questo, un circolo vizioso. E' dubitevole se si possa dimostrare la validità del linguaggio, appunto, con l'uso di esso, la cui validità non è ancora stata dimostrata. Il quale linguaggio, facoltà e invenzione dell'umanità, da cui discendono innumerevoli altre, non è in sé uno strumento logico: il che viene dimostrato non soltanto dalle antinomie, ma anche risulta da un'altra considerazione. I vocaboli sono elementi di cui è fatto il discorso. Orbene, si sa che ogni vocabolo ha una storia, ch'esso muta di significato non soltanto nel tempo, ma altresì nei vari contesti; tanto che, sfogliando un vocabolario, si vede che ci sono termini, ciascuno dei quali significa cose diversissime. Per condurre un ragionamento rigoroso, bisognerebbe sfuggire a possibili ambiguità; premettendo ad esso una definizione di quel che va inteso per ciascuna parola. E', in parte, quel che ha fatto Euclide, quando all'inizio dei suoi Elementi premette le definizioni (come: punto è ciò che non ha parti; linea è una lunghezza senza larghezza, eccetera). Noi in realtà dovremmo defi¬ nire tutte le parole che entrano nel discorso. Potremmo supporre di trarre queste definizioni da un buon vocabolario; ma, se si esaminano i vocabolari, noi troviamo che ciascuna parola vi è definita in funzione delle altre; nell'insieme le definizioni fanno circolo; non è possibile, anche disfacendo l'ordine alfabetico, riordinarle secondo un principio e un fine, secondo una linea logica. Perciò un ragionamento, fatto di parole, sarà approssimativo, piuttosto che logicamente esatto; sarà anche giusto, credibile, convincente; ma in esso convergono sentimento, passione, istinto, volontà. In questo circolo, il bimbo che apprende a parlare si inserisce da sé via via. Un giorno domanderà a un genitore: «Che cos'è un albero?»; gli si risponderà che è una pianta. Il giorno appresso domanderà che cosa sia una pianta. Gli si risponderà che è un albero. Così fanno i dizionari (vedasi Dizionario Garzanti della Lingua Italiana) e nessuno protesta. Neanche il bimbo protesta. Didimo

Persone citate: Goedel, Italo Aimonetto

Luoghi citati: Torino