Le nozze di Napoleone III con Eugenia di Montijo

Le nozze di Napoleone III con Eugenia di Montijo CENTENARIO DI UN MATRIMONIO Le nozze di Napoleone III con Eugenia di Montijo Lui aveva 46 anni, lei 26 - Eugenia aveva una maestà naturale che la distingueva dalle altre donne - Bellissima, era una fanciulla ardita e impulsiva, tirava di scherma, cavalcava senza sella - Fuggita ragazzina, dal collegio, amò sempre le grandi avventure La notizia cominciò a diffondersi nel dicembre 'SS. Il popolo non ne sapeva ancora niente, ma nei salotti si facevano molte chiacchiere. ■ — Credete che la sposerà? — Perchè no ? Ne è innamorato pazzo. Lo dice a tutti. — Questo, poi! — Se non a tutti, a qualcuno si. Je suis bien amoureux: queste sono le sue testuali parole. — Un imperatore! — Un parvenu, volete dire. — Comunque, adesso è il nostro imperatore. E si chiama Napoleone III, nientemeno. Un imperatore deve sposarsi per dare un erede alla oorona. Si parlava di Carolina De Vasa e di Adelaide di Hohenlohe, parente della regina Vittoria... Evidentemente gli approcci non sono riusciti. Più che bella — E lui intanto si è innamorato di questa damigella di Montijo. — Ma chi è poi precisamente costeit Un'avventuriera? Una nobile? Una ragazza per benet Giovane t Vecchia? Qualcuno &era sempre che conosceva esattamente le cose. Madamigella Eugenia di Montijo aveva ventisei anni. Suo madre era una scozzese di piccola nobiltà, ma suo padre, don Cipriano de Guzman, conte di Teba, conte di Montijo, discendeva dalla più antica aristocrazia spagnola. Era morto presto e la sud vedova, con le due figlie, rimaste immensamente ricche, se la spassava correndo per l'Europa, da una capitale all'altra. Pacca, la figlia maggiore, si era sposata diventando la duchéssa d'Alba, ma Eugenia non intendeva rinunciare cosi presto alla libertà dello stato nubile. — Bella? Oh, più che bella, bellissima; senza essere molto alta apeva una maestà naturale che la distingueva dalle altre donne: spalle magnifiche, un décolleté veramente impressionante, con quel collo di cigno dalle inclinazioni graziose. In quanto al viso, era di tratti puri, delicati, che fanno pensare a un cammeo e oon una pelle madreperlacea che faceva un meraviglioso contrasto coi capelli di un biondo ardente, quasi rosso e gli occhi color del mare fra il verde e l'azzurro. In quanto al resto era una fanciulla impulsiva, ardita, dai gusti virili, tirava di scherma, cavalcava senza sella, guidava, nuotava, scalava montagne; nelle passeggiate, con quelle caviglie sottili e quei piedi di bambola, lasciava indietro tutti e ballava il fandango come una ballerina. Insomma, una salute di ferro, una vitalità implacabile. In più una testa un po' pazza dove turbina- vano la passione delle grandi avventure, il culto degli eroi e delle grandi idee. Da ragazzina,, educanda a Bristol era fuggita dal collegio ed era stata ritrovata non la sorella e due piccole indiane rifugiate nella stiva di una nave. «Salirete su un trono» Adolescente si era infatuata di socialismo, era diventata discepola di Fournier. Poi s'era creduta innamorata di un marchese spagnolo che fingeva di fare la corte a lei, giovinetta, per avvicinarsi alla sorella. Nella delusione aveva tentato di avvelenarsi con capocchie di fiammiferi sciolte nel latte. Appena guarita voleva entrare in convento... Ma una vecchia sue .vi che se ne intendeva, pare le dicesse: « Non cercate U riposo nei conventi, figliuola, voi siete chiamata a salire su di un trono ». Insomma, giovane, bellissima, ricca e di grande nobiltà, e, nonostante tante e tante eccentricità, di costumi puri, osservante in religione quasi fino al bigottismo, di una riputazione inattaccabile, aveva, ai suoi piedi, i più bei partiti d'Europa. Qualcuno diceva: — E per l'appunto vuol sposare un uomo che ha vent'anni più di lei, corto di gambe, con una gran fronte giallastra già sguarnita di capelli, un lungo naso spiovente sui baffi e quegli occhi dolci, ma trasognati dietro il velo delle sigarette incessantemente fumate. Ma, diceva qualcuno, bisognava tener conto che la religione napoleonica scorreva nelle vene di Eugenia fin da quando stava sulle ginocchia del padre U quale aveva perduto un occhio al servizio dell'Imperatore Napoleone I e le raccontava la storia dell'Aquila Imperiale come si racconta una fiaba. Era naturale, ora, che il discendente il quale viveva la.sua gloriosa vicenda, invitasse le due Montijo, madre e figlia, a Compiègne alle feste e alle cacce. Sul suo bel cavallo, in una lunga veste verde e con un tricorno sui suoi capelli d'oro rosso, Eugenia sorrideva raggiante e spavalda come un'eroina della Fronda e l'imperatore non poteva saziarsi di guardarla, giacché, pur sapendo di non essere contraccambiato, egli subiva, senza scampo, il potere misterioso e fatale della bellezza femminile... — Ambiziosa, dunque? Fredda? Calcolatrice? Questo diceva la gente, soprattutto gli amici, le amiche della principessa Matilde, la figlia di Gerolamo Bonaparte ex-re di Westfalia e di Caterina di Wurtemberg. Da fanciulla ella aveva disdegnato le galanterie timide, l'amore appena espresso del cunino Luigi Napoleone, ora, troppo tardi, avrebbe voluto rimediare e diventare lei l'imperatrice. Era certo amica sua quella signora Fortoul, moglie del ministro degli Interni la quale, al gran ricevimento di Capodanno, quel primo gennaio del 185S, alle Tuileries, aveva tagliato la strada ad Eugenia che, al braccio di un ufficiale, stava varcando la soglia del salone dei Marescialli, dicendo: — Non cederò certo il passo 'a un'avventuriera. Pallida, ma padrona di sè, Eugenia si ritrasse. — Passate, signora. Ma dopo, quando l'imperatore, vedendola turbata, voleva sapere la causa di quel turbamento, ella disse, gelida: — Sono stata insultata, ma noti lo sarò una seconda volta. Domani lascio Parigi. — No, questo mai! Inizio di un sogno Cosi Napoleone III si decise e la notizia del < matrimonio d'amore > dell'imperatore di Francia si sparse nel mondo. Molti brontolavano: — Un ricatto, è stato un ricatto! Alcune donne piansero. Prima fra tutte miss Howard, la bionda bellissima Lizzy, quella graziosa e un po' sciocca mantenuta inglese, che aveva creduto di poter seguire Luigi fin sul trono. E più ancora miss Gordon, la contatrice ingenua, generosa, la giunonica povera miss Gordon, che aveva dato tutta se stessa alla causa napoleonica e doveva finire abbandonata e senza un soldo. La gratitudine non è una virtù dei re... La memorialista contessa d'Armatile, pure essendo figlia del conte di Ségur, lo storico della Campagna di Russia, non era tuttavia napoleonica e non prese parte alle feste grandiose che accompagnarono quel matrimonio di cent'anni fa. Suo marito era legittimista con un fervore che teneva della religione. In quella casa il conte di Chambord era il vero re. Il suo ritratto era appeso a una parete, come un'immagine sacra e in quella devozione, dice la contessa, non c'entrava nulla di amaro, nulla di astioso, al contrario, una calma e una contentezza profonda. Un po' più giovane di Eugenia, Celestina d'Armaillé-Ségur, uscì a fare una passeggiata in carrozza quel pomeriggio di gennaio del 1853. Vivendo così appartata la sua dolce vita familiare, nella rigorosa società dei legittimisti, ella non sapeva neppure che quel mattino il matrimonio dell'imperatore e di Eugenia era stato celebrato a Notre-Dame con indicibile sfarzo. Mentre la sua carrozza andava tranquillamente per un viale dei Campi Elisi, un gran rumore di cavalli lanciati al galoppo spaventò il suo cocchiere che in gran fretta si gettò da un lato del viale per dare passaggio a un corteo sfolgorante. Prima una staffetta, poi un equipaggio tirato da quattro cavalli. Attraverso i cristalli si scorgeva perfettamente la radiosa coppia che l'occupava. La sposa, in una gran pelliccia d'ermellino, scintillante di gioielli, abbagliante di beltà e di freschezza e l'imperatore, assai meno fresco, ma forse anche Din felice della sposa. < Il tempo era rigido — scrive Celestina — freddissimo, ma il sole splendeva, il giorno era luminoso e il cielo azzurro e rosa. La visione paisò e qualche raro grido di « Viva l'imperatrice ! > si perdette nell'aria, mentre pochi curiosi, ai lati del viale, seguivano con lo sguardo gli sposi che andavano a SaintCloud a passare i primi giorni delle loro nozze >. Cominciava un bel sogno, ma Celestina, che sorrideva senza invidia, non sapeva che diciott'anni dopo tutto sarebbe finito nella sconfitta, nelle lacrime, nell'esilio. Cat'ola Prosperi d 1 tii Nl III Eugenia due anni dopo 11 matrimonio con Napoleone III

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