Il P.M. chiede 25 anni per il vecchio Candiani

Il P.M. chiede 25 anni per il vecchio Candiani REQUISITORIA AL PROCESSO DI MILANO Il P.M. chiede 25 anni per il vecchio Candiani La tesi della Pubblica Accasa: Silvia Da Pont non si è uccisa; si tratta di omicidio doloso - "Delinquente occasionale che messosi sulla china del delitto, non ha saputo più frenarsi,, - Le otto confessioni dell'imputato e le varie contraddizioni - Parlano i patroni di P. C. - Uscita la Corte il pubblico applaude (Dal nostro inviato spedale) Milano, 28 aprile. — Sento di compiere un dovere chiedendo per Carlo Candiani la pena di venticinque anni di reclusione. Cosi il Pubblico Ministero De Matteo ha concluso oggi la sua serena e minuziosa requisitoria, nel corso della quale sì è soffermato ad esaminare in modo particolare la confessione, approfondendo i vari indizi che ne avvalorano la validità. L'accusato piange Cario Candiani aveva ascoltato attento l'inizio della requisitoria. Nella seconda parte di essa, quando le argomentazioni sono divenute più incalzanti, il suo fazzoletto è corso ripetutamente agli occhi. Il vecchio irritato, quale era apparso nei giorni scorsi, aveva fatto posto a "eccnio sfiduciato e com. . .ói j. Il magistrato affermava che nella valutazione degli episodi egli non avrebbe fatto tacere la voce7 della pietà per un uomo travolto da un perfido istinto. Quando il rappresentante della Pubblica Accusa ha formulato l'entità della pena, il fazzoletto non si è più staccato dagli occhi di Candiani, un tremito scuoteva quel misero corpo ripiegato su se stesso. Per qualche minuto egli rimase intontito sulla panca mentre la Corte si ritirava. I carabinieri gli si sono avvicinati, lo hanno aiutato ad alzarsi e ad uscire dall'aula. Così è terminata l'udienza di oggi, iniziatasi stamattina con due arringhe di Parte Civile. Ha preso per primo la parola l'avv Doglioni in nome della madre dì Silvia. — Si è parlato di tutto in questo dibattito — egli ha detto — fuorché di Carlo Candiani. E' l'uomo dallo sguardo nascosto che a tratti manda lampi; è l'uomo dalla voce fredda da cui mai esce un palpito di umanità. Il patrono di Parte Civile si è particolarmente soffermato nell'analisi della figura di Can diani e del suo comportamento prima e dopo la scoperta del cadavere di Silvia. La sua cura di fornire dati sulla ragazza e la sua apparente col laborazione non hanno altro iicopo che di fuorviare le ricerche e di costituirgli degli alibi in caso di sospetto. Ma quel sao accalorato interessamento costituirà una prova contro di lui, quando le noti zie che egli ha dato risulteranno sbagliate. Costretto dalla logica degli eventi, Candiani infine confessa; ma poi si pente e ritratta. Che valore può avere la ritrattazione? r fatti hanno una loro eloquen za che nessuna smentita può demolire. — La Difesa stritolerà la confessione, è stato detto. E' una sfida. Ma è una sfida alla verità, alla giustizia. Non si riuscirà mai a staccare Carlo Candiani da Silvia Da Pont. Noi siamo qui a chiedere giù stizia nel nome della società e dellp verità, nel nome di una madre straziata. Voi condannerete Candiani. Soltanto allora le ossa di Silvia avranno finalmente pace nella tomba. Dal pubblico è partito un applauso, e il Presidente, so spendendo per qualche minuto l'udienza, ha dato ordine che l'aula venisse sgomberata Alla ripresa, il pubblico i stato riammesso. — Avverto solennemente — ha ammonito il Presidente — che se verranno fatti comroen ti, farò espellere tutti, e così avrete perduto il vostro spet tacolo. L'aula di giustizia < come una chiesa. In un silenzio assorto ha preso la parola l'avv. Camillo Tosi, secondo patrono di Parte Civile, a nome di Maria Da Pont — Chi può essere — si chiesto l'oratore — l'artefice della scomparsa e della fine di Silvia, se non Candiani? Egli insinua che la ragazza è fuggita con un giovanotto; ma fugge in grembiule e pantofole chi corre verso l'amore? Assurda anche l'ipotesi del sui cidio. Dove si nasconderebbe questa pervicace suicida du rante le ricerche che vengono fatte dopo la sua scomparsa, dove si nasconde quando la sorella va a cercarla in cantina e in solaio? Quella mat tina del 7 settembre è stata vista salire in solaio, e da allora nessuno l'ha più rivista Nessuno, se non Candiani. E scluso che possa essere stata sequestrata da quel Vittorio Tosi, socio di Candiani, esclu so che possa essere stata sequestrata dai Nimmo, i quali partono il 13 settembre per tornare il 27. Se Silvia non avesse la papaverina in corpo lasciata sola griderebbe. E po trebbe vivere senza bere? Il perito ha detto che senza be re non si può vivere più di quattro, cinque giorni. Dun qne non resta che Candiani quale artefice del sequestro della fine di Silvia. Egli si acceso di lei, e per averla, sia pure alla sua maniera, non ha esitato a ricorrere alla frode • e al delitto. Viene sospettato confessa ai carabinieri, con ferma la confessione chiac chierando in camera di sicu rezza, e quindici giorni dopo ritratta. Tre frasi che condannano Il patrono di Parte Civile ha esaminato gli altri punti dell'accusa, asserendo che Can diani ha fornito tali elementi da rendere inattaccabile la confessione. — Io penso, egli ha detto, che come suppone il capitano Mongelli, Silvia sia stata sempre tenuta chiusa nella cassa legata e imbavagliata. E il bavaglio fu trovato, ma non se ne tenne conto. — E aveva le mutandine o era senza? — ha interrotto l'avv Gonzales. tmespsz o a i a o e o o — Senza, senza — ha ribattuto l'avv. Tosi. — Le furono messe dopo, tanto è vero che erano pulite. Ha continuato soffermandosi sulla stranezza di quella pantofola trovata lontana dal cadavere, sulla nessuna attendibilità del teste Tuzzolino, sull'assoluta mancanza di mctivl che potrebbero avere Indotto Silvia a sopprimerai. Candiani ha ucciso — conclude l'oratore — e la sua colpa è confermata da tre frasi. Una è del perito Cavallazzi: « Sarebbe bastato nutrirla mtpzdzqductmpv4dsadeguatamente poche ore pri- ' ma della morte, per salvare Silvia » Le altre due sono queste: «Perchè non avete chiamato un medico quando Silvia svenne? » fu chiesto a Candiani. Ed egli rispose: «Questo è stato il mio errore ». Tre frasi che uniscono Silvia alla condanna di Candiani. Vivace incidente Alla fine della sua arringa è scoppiato in aula un incidente. L'avvocato Arrigoni ha chiesto d) produrre una lettera arrivatagli da Torino. In essa, a firma Marina Chiesa, ma senza indicazione d'indirizzo, è detto che quando Silvia era occupata a Torino in qualità di domestica presso la famiglia di Angelo Tealdi, corso Peschiera 2, si comportava da pazza; nei suoi accessi le capitava di mordere i propri abiti e quelli dei padroni e di farli a pezzi, cessata la crisi, non si ricordava più del fatto. Il Presidente ha rifiutato di accettare la lettera agli atti. con. siderandola anonima per la mancanza dell'indirizzo, e si e ritirato; ma fra gli avvocati avversi sono corse parole grosse, quelli di Parte Civile parlavano di frode processuale. L'incidente ha avuto un piccolo seguito alla ripresa pomeridiana. Il Presidente ha chiesto all'avvocato Arrigoni se intendeva produrre la lettera, e questi ha dichiarato di rinunziarvi. Allora — dice 11 Presidente — la parola è al Pubblico Ministero. Il giovane magistrato si alza, e per tre ore dipana la sua logica serena e scarna, in un argomentare che mai lascia trascinare nelle lusinghe e nelle insidie dell'eloquenza. — Per arrivare a una richiesta di affermazione di responsabilità nei confronti di Carlo Candiani — egli comincia — devo ripercorrere In gran parte il cammino già percorso dai due patroni di Parte Civile che mi hanno preceduto. Qualcuno ha definito questo il processo del dubbio, altri hanno parlato di giudizio di Dio. Questo è il processo della certezza. Non nego che vi siano angoli bui, ma essi non adombrano il giudizio. E non è il caso di scomodare il marchese di Sade, perchè non c'è sadismo in questo processo. Nè dovrete lasciarvi influenzare dal fatto che dovrete giudicare un vecchio settantaduenne, affranto; non pensate che possa sembrare incredibile il fatto che gli si addebita. Il Candiani di oggi non è quello dell'autunno '51. L'età avanzata gioca brutti scherzi quando si sopporta il peso di un'accusa così grave. Candiani ascolta impassibile, quasi indifferente, con la testa appoggiata ad una mano, mentre il Pubblico Ministero fa la storia della vicenda. — Candiani si tnrtuiò di desiderio per ia ragazza giovane e carina. Questo impossibile desiderio gli fece perdere il controllo e lo condusse alla rovina. L'oratore ricorda le varie congetture fatte dopo II ritrovamento del cadavere. Si parlò anzitutto di morte naturale. Esclusa. Di disgrazia. Esclusa anche quella. Si parlò infine di suicidio. Ma quale la causa del suicidio? Silvia non aveva drammi. La stessa posizione del cadavere esclude l'ipotesi. Una donna che si uccide non si fa trovare con le vesti sollevate sino all'addome, nemmeno dopo la morte ella rinuncia al pudore. Il racconto di Tuzzolino, come non è credibile circa I suoi rapporti amorosi con Silvia, così non è credibile nell'accenno di un tentativo di suicidio della ragazza. Analizzando la consulenza a difesa fatta dal prof. Cazzaniga, il Pubblico Ministero nega che Silvia fosse stata « prigioniera del suo delirio >, come il consulente l'ha definito. — Il delirio è alterazione ams mentale, e Silvia poteva essere tarda di mente ma non era pazza. Non era nemmeno schizofrenica: la schizofrenia vuol dire anticamera della demenza, e Silvia non si trovava in quell'anticamera. Si è parlato di sitofpbia; ma la sitofobia è una forma degenerativa di eccezionale gravità, si conta soltanto un caso su cinquemila. Il male consiste nell'avversione per 11 cibo e per l'acqua. E invece Silvia ha bevuto almeno 48 ore prima di morire, come dimostra 1' orina trovata nella sua vescica. E non bevve di inl2iativa> non ne avrebbe avuto la forza, due giorni prima di morire. L'acqua le fu somministrata da altra mano. Silvia è morta per fame, conseguente a uno stato di prigionia Questo lo si ricava dalle stesse confessioni di Candiani. Il P. M. legge le otto confessioni rese da Candiani, rilevandone la minuzia di particolari; e mette in evidenza le varie contraddizioni nelle quali egli cadde prima di confessare. — Candiani disse di avere detto alla signora Nlmmo che una notte vide Silvia scavalcare il muretto del giardino, s affermò di averlo detto prima della scomparsa della ragazza; la Nimmo invece dichiarò che glielo disse dopo il ritrovamento del cadavere. Candiani affermò di aver visto la ragazza la mattina del 7 settembre uscire di casa con II grembiule nero; il lattaio invece è venuto a testimoniare che indossava un abito a fiori. Candiani disse di aver saputo del ritrovamento di Silvia due giorni dopo; e il signor Nimmo è venuto ad affermare che glielo annunciò la stessa sera. Quando si cercarono le chiavi sparite con Silvia, in un cassetto di casa Candiani ne furono trovate due. Egli disse che erano di un altro suo alloggio. Ma le chiavi furono provate nella serratura del cancello e una di esse apriva perfettamente. All'apertura della stanza del EOlaio, quella dell'impronta, Candiani trema e suda. E trema quando il capitano Mongelli trova l'impronta e gli dice: «Qui è caduta Silvia » L'oratore afferma che la confessione di Candiani è attendibile perchè è stata spontanea Egli diede della cassa le stesse misure che aveva dato Tosi. Disse che Silvia era morta il 20 ottobre e lo. disse prima che 11 perito constatasse che Silvia era morta Intorno al 20 ottobre. — SI — continua 11 P. M. — Candiani poi ha ritrattato, ma molti colpevoli ritrattano quando si accorgono della gravità di ciò che hanno confessato. Si è fatto appello alla testimonianza di don Caldiroli, ma II reverendo è stato vago, non hcgdOdalbmndtoolèscncvvIIIIIMllMIIIlllllilUIIIIMItlIllllilIfllirilIII IMlt ha risolto nulla. Tra quello che dichiara il capitano Mongelli e quello che dichiara Candiani come si può esitare? Oggi Candiani e prigioniero del suo delirio negativista, e accusa di falso tutti coloro che lo accusano. Egli narcotizzò la bella Silvia per godersela à modo suo, con lo sguardo se non proprio con 1 sensi. Egli, dunque, deve rispondere di ratto compiuto mediante narcotici e a scopo di libidine, di occultamento di cadavere, di omicidio. Il ratto è provato; l'occultamento di cadavere non è provato e per questo vi chiederò una assoluzione per in sufficienza di prove. Ha compiuto atti di libidine? Egli dì ce di no. ed lo che ho creduto nella sua confessione, gli dò credito anche in questo: assolvetelo per insufficienza di prò ve. Ma l'omicidio? Egli, è ve ro, non lo ha mai ammesso; ma la cattura e la somministrazione di sostanze ipnotiche sono mezzi atti a conse¬ cthvrdQeaqFdsecptttlpccsstmmllllll IHIKillMtllll illlltlllll IMI ili M IMI II IM guire 11 suo scopo. Se si ignora il mezzo adoperato, non sì può ignorare il fatto obiettivo della morte di Silvia. Egli non fece nulla per salvarla. Non si può parlare di omicidio colposo. Non si può parlare di omicidio preterintenzionale. Il suo è un omicidio doloso, il quale si ha quando si compie un atto secondo la propria volontà e anche quando l'evento va oltre la volontà. Candiani è un delinquente occasionale che, messosi sulla china del delitto, non ha più saputo frenarsi. Manchevolezze nelle indagini L'oratore si avvia alla fine: — Ritiro — egli dice — le aggravanti del motivi abbietti e della crudeltà. La libidine non può essere più grave in un vecchio piuttosto che In un giovane e ammetto che Silvia sia morta senza accorgersi di quanto accadeva. Dopo un breve accenno a Tosi, per il quale prospetta una assoluzione per insufficienza di prove, il P. M. così conclude: — Candiani, oppresso dalla vecchiezza e dal peso della espiazione, può anche meritare una certa considerazione. Certo da parte sua sarebbe stata preferibile la lealtà. Consentitemi di rilevare le manchevolezze di quel commissario di polizia che ricevette la denuncia della scomparsa. Se avesse cercato nel solalo, noi oggi non ci occuperemmo di Silvia. Pietà, dunque, sì per Candiani, ma ho un dovere da compiere che va oltre la pietà. In lui si è risvegliato il belluino istinto della preda, della violenza, Quest'uomo dal mezzo toscano e dal bicchiere di vino bianco al seltz, ha violato le leggi. Per questo dovrete condannarlo Forse è doloroso 11 computo del suol anni. Ma la pena bl sogna infliggerla nonostante la età. E' mio dovere, dunque chiedervi di condannarlo alla pena di 25 anni dì reclusione Sinché la Corte non si è allontanata, il pubblico se n'è stato tranquillo. Ma appena l'ultimo giudice è scomparso oltre la porticina sono scoppiati ap plausi e commenti mentre i colpevolisti sbaragliavano i po chi che dopo la limpida dimostrazione del P. M. non si mostravano del tutto convinti. In tanto Candiani usciva In lacri me dalla gabbia, silenziosa mente, quasi Inebetito. Giuseppe Fataci IMIMIIIllilM IMI il li 111 M [IMI KM I1MIMMIM11 11 Ml Il Pubblico Ministero De Matteo (a destra) e l'avv, Doglioni di Parte Civile. (Telefoto)

Luoghi citati: Milano, Torino