La ricostruzione del dramma di Silvia nella tragica villetta di Candiani

La ricostruzione del dramma di Silvia nella tragica villetta di Candiani SOPUALUOGO DELLA CORTE A BUSTO ARSMXIO La ricostruzione del dramma di Silvia nella tragica villetta di Candiani «Assassino! A morfei» grida la gente all'apparire del furgone cellulare - Le tappe dell'agonia della vilfima - A colloquio con l'imputato: il vecchio si moslra indifferente a quanto succede intorno a lui - Si attende una deposizione del cappellano delle carceri in favore dell'accusato (Dal nostro inviato speciale) Busto Arsizto, 22 aprile. < Assassino! A morte! >. Carlo Candiani è tornato questa mattina nella sua villetta di via Galilei 3, e i suoi concittadini l'hanno accolto con fischi e con quelle grida di condanna. La folla ha già giudicato. Alle 9,25, il furgone cellulare grigio con la scritta < Servizi di Stato > varca gli sbarramenti di polizia oltre i quali, dai due lati, si accalca una massa vociante di alcune centinaia di persone. Il furgone si ferma nello spiazzo lasciato libero, davanti al cancelletto di ferro. Candiani scende sorretto dai carabinieri, e la folla grida. Egli sembra non sentire, ma sotto il passamontagna il suo volto impallidisce. Abbassa lo 6guardo, attraversa il marciapiede, varca la soglia del cancello. Percorre i pochi passi di cortile, infila l'androne, sale i quattro scalini ed è nell'atrio. Si rompono i sigilli Qui si rinfranca un poco, solleva lo sguardo. Attorno, un'altra folla, silenziosa, serena. Il Presidente Maccone, il giudice a latere Vitone, il Pubblico Ministero De Matteo, il cancelliere Raciti; i giudici popolari; i patroni di difesa Gonzales e Arrigoni, gli avvocati di Parte Civile Camillo Tosi, Della Bernardina e Doglioni, l'avv. Ferulano difensore del contumace Vittorio Tosi. C'è suo genero Montalbetti. C'è anche il capitano Mongelli. E giornalisti, e fotografi. E c'è Maria Da Pont, nel suo . impermeabile nero a risvolti gialli, col viso roseo che si sforza disperatamente di conservare impassibile. Il sopralluogo ha inizio dal eolaiu. Candiani sale lentamente la scala. Nel corridoio il Presidente spiega ai giudici popolari la disposizione dei locali: — Questa è la cameretta dove Silvia dormiva, e che non ha nessun riferimento col dramma. Queste due stanzette di fronte appartenevano a Candiani. Qui, secondo la nota confessione, si svolsero i primi due tempi del dramma. Vengono rotti i sigilli. Un ripostiglio. Il solito vecchiume, i soliti oggetti inutili che vanno a rifugiarsi in solaio. Questa è la stanza dell'impronta. Qui Silvia, subito dopo lo svenimento, fu adagiata per terra e lasciò sulla polvere una terribile impronta, secondo la Interpretazione del capitano Mongelli. Il segno di un corpo strascinato sul pavimento, la cui sagoma è delimitata dal gesso: lunghezza due metri e dieci, larghezza 58 centimetri. Interviene 11 genero di Can- dianl: — Devo fare una segnalazione, per quello che può servire. Pochissimi giorni dopo la scomparsa di Silvia, la signora Nimmo lamentò una infiltrazione d'acqua nel lucernario. Insieme con mio suocero e altre persone sono entrato proprio in questa stanza per mettere a posto alcuni Vetri. Abbiamo calpestato in ogni senso 11 pavimento. L'impronta non è stata notata da nessuno. E comunque, se vi fosse stata, sarebbe stata cancellata dai nostri passi. E' possibile quindi che siamo stati noi stessi a lasciarla, spostando un qualsiasi oggetto. / Si passa nell'altra stanza, in quella del divano. Un vecchio divano verde e rosa, logoro e stinto. E' appoggiato alla parete di destra. Qui Silvia sa- MeslptdaeIouIapsarebbe stata trasportata due ore ; rdopo lo svenimento, e, stesa su di esso, trascorse i suoi primi quindici giorni di sonno. Finché il 25 settembre, chiusa nel amddla cassa, non fu trasferita in fcantina. La cassa non c'è più. ItCe n'è una riproduzione fatta'dcostruire dai carabinieri sulle \fvsfhzvfsdCsgindicazioni date da Tosi e Can diani. Lunga un paio di metri, larga e alta circa sessanta centimetri. E i carabinieri vi misero dentro un loro collega, • sollevatala in due fecero le scale sino in cantina. Queste scale così strette fra le cui pareti passava appena, con mille precauzioni. Ma dalla porta della cantina non passò; per farla entrare dovettero staccare il battente dai cardini. Oggi questo esperimento non è stato ripetuto, la riproduzione della cassa è rimasta in solaio. La Corte e gli avvocati sono discesi in cantina, e Candiani con loro, passivo, indifferente. Nessuna domanda gli è stata rivolta, non gli è stato chiesto nessun schiarimento. Perfettamente inutile, date le sue affermazioni di esser del tutto estraneo al fatto. Nè il Presidente ha tentato di coglierlo di sorpresa, di sfruttare un possibile stato emotivo suscitato dalla presenza dell'accusato nei luoghi che sarebbero stati teatro del dramma. Metodi inquisitori che giustamente ripugnano alla rettitudine e al buon gusto di un magistrato. Ed ecco la cantina dei Mimmo. Qui, in una specie di atrio, la stufa del termosifone; a si nistra. sulla parete, il rubinet to dell'acqua da cui, secondo l'ipotesi della tesi difensiva, la sitofoba e suicida Silvia si sarebbe dissetata. E in questo buio e umido bugigattolo, il suo corpo venne trovato la sera del 28 ottobre, dietro una fila di cassette, col viso coperto da una pianta di pino. Il locale è vuoto, le cassette e il pino non ci sono più. Il Presidente fa notare ai giudici il posto dove, presso un tombino, il 15 ottobre fu riscontrata una chiazza d'orina. Secondo la confessione di Candiani il liquido sarebbe sfuggito a Silvia quando egli, constatatane la morte, ne trasportò il cadavere dalla propria cantina in quella dei Nimmo. Poiché la perizia fa risalire la morte al 20 ottobre, non si spiega come la chiazza sia stata notata cinque giorni prima. Allora sarebbe stata lasciata da una Silvia viva e libera dei suoi movimenti. E' questo uno dei particolari che fanno battere la testa ad accusatori e difensori. Sulla parte destra c'è la cantina di Candiani. Sono due vani divisi da una porta, il secondo è adibito a carbonaia. Nel primo, appena entrati a sinistra, si nota sulla parete un finestrino che si apre sul cortile. Al termine del finestrino c'è una tramezza di legno. Fra la tramezza, la parete col finestrino e il tratto di parete sulla quale si apre la porta, in questo angusto rettangolo di circa un metro e mezzo per cinquanta centimetri, sarebbe stata collocata la sedia a sdraio. Su di essa Silvia continuò nella sua agonia dal 25 settembre al 20 ottobre, e infine fu raggiunta dalla morte. 7 settembre-20 ottobre: quelle sue allucinanti mille ore di agonia. Cassette vuote, bottiglie, cartaccia, ragnatele. Il Presidente continua nella sua spiegazione ai giudici, Candiani segue le parole e i movimenti con aria un po' svagata. Dei presenti è il meno incuriosito. Me lo trovo accanto. E' così elementare chiedergli qualcosa. E gli faccio naturalmente la domanda più ingenua che potesse essergli rivolta: — Che cosa ne pensa di tutto questo, Candiani? — gli dico. Mi guarda tranquillo, come avrebbe potuto guardarmi un estraneo. •— Cosa vuole che ne pensi? Io non so niente. — Ma è di lei che si stanno occupando i giudici. — Lo so. Ma stanno facendo una cosa che non mi riguarda. Io non so niente. — Come crede — gli chiedo ancora — che vada a finire 11 processo? — Il processo non m'interes-sa. Sono in carcere da dueanni, ingiustamente. Forse mi ; rimarranno ancora un paio di anni di vita. Cosa vuole che m'importi di ciò che faranno di me? Ho sentito cose incredibili, menzogne inaudite. Quel fotografo della polizia scien Itlflca che 1 altf° lerl «a «letto 'd' avermi sentito raccontare il \fBto' chl 1 ha mai visto?. Mai visto 10 quel tipo, e non e assolutamente vero che io abbia fatto il racconto che egli mi ha attribuito. « In carcere mangio poco » Parlava con serenità, con distacco. Con una certa amarezza anche. Un uomo simile può essere innocente. Se è colpevole, è di quelli che non confessano un delitto nemmeno sotto la tortura. In quel momento 11 Presidente si sposta vicino a noi. Candiani lo chiama: — Scusi, signor presidente. Vorrei pregarla di fare aprire — e ir di¬ ca un piccolo ripiano del muro — quella cassetta. Non è mai stata aperta. Era qui anche all'epoca di Silvia. Non so che cosa contenga. Chi sa. può darsi che possa esserci qualcosa d'interessante. Il Presidente lo accontenta immediatamente. Dentro non c'è affatto il colpo di scena, lalrivelazione dell'enigma, come I alcuni forse si erano illusi, i Nella cassetta non ci sono che pezzetti di ferro di nessun significato. Interviene l'avv. Tosi: —Qui — egli dice — qualcuno è entrato dopo l'apposizione dei sigilli. Su questa parete c'era una lampadina, ora non c'è! più Chi l'ha tolta? ; Si fa ricorso alle fotografie ' eseguite a suo tempo, e si ri- scontra che infatti la lampa- dina c'era. La spiegazione lamfornisce il genero di Candiani: — Ricordo che dopo avere fat- i ta la fotografia, la lampadina si bruciò, e fu tolta. II sopralluogo finisce con .una visita al cortiletto inter-jno. Ora Candiani è stato fatto; sedere su una sedia; la signora Cappio (la quale occupa lo appartamento che fu già suo) gli offre una tazza di caffè. Egli la ringrazia con calore. — Il caffè è una mia ghiottoneria: e un po' anche il vino In carcere mangio poco, non ho denti e non posso ma- lsticare; prendo soltanto la I minestra e un po' di burro. i Per questo sono dimagrito. E mi inzuppo un po' di pane nel vino. Sì, per mangiarlo devo renderlo molle, e lo inzuppo nel vino Urla di folla ! Si guarda attorno in questo ; cortiletto con un finto pozzo ' in mezzo, in questo cortiletto dove è tornato fra i carabi nien, fra gente che dovrà giùmicarlo di una così tremenda accusa. i — Mi pare di essere torna to da un lungo viaggio — dice, Poco dopo gli vien fatto ri- .prendere il viaggio. Il furgone jè entrato nel cortile, egli vi ;sale e va a sedersi in fondo. Quando il cellulare riappare sulla strada ecco di nuovo le urla della folla: <Abbasso Candiani! Assassino! A morte! >. La Corte ora fa una pas seggiata di mezzo chilometro. Da via Galilei va in via San Giovanni Bosco, una strada breve fiancheggiata di muri alti e un paio di stabilimenti. In fondo si allarga in uno spiazzo incolto. Qui il teste Tuzzolino asserì di avere avuto rapporti con Silvia. Domattina, in udienza, si avrà l'escussione di un ultimo teste a difesa: don Giulio Caldiroli, cappellano del carcere di Busto. E' stato richiesto questa mattina dall'avv. Gonzales al quale fu suggerito da una giovane giornalista torinese. Don Caldiroli deporrà su' questa circostanza: quando Candiani dalla caserma dei carabinieri fu trasferito al carcere, ai lamentò con lui: c I carabinieri mi hanno costretto a confessare un fatto che non ho commesso > affermò al sacerdote. Giuseppe Faraci Il presidente della Corte, dr. Maccone, durante il sopraluogo