Le fiabesche nozze Crespi ^Paravicini di Giovanni Titta Rosa

Le fiabesche nozze Crespi ^Paravicini Le fiabesche nozze Crespi ^Paravicini L'aristocrazia milanese radunata in San Babila - Spalliere di rose tra le navate della chiesa - La curiosità della folla Milano, 8 aprile. Davanti alla piccola basilica di San Babila nel centro di Milano sì era radunata ieri mattina dopo le 10 una folla insolita. Dieci robusti vigili cercavano di contenerla, e tenevano sgombero l'esiguo spazio fra il sagrato, corso Venezia e via Monforte. Vietato entrare in chiesa. Arrivavano, intanto, lussuose macchine, ne uscivano elegantissime signore e uomini in tight, e sparivano dentro il portale. Un giovanotto in giacca sportiva, come arrivavano, pronunciava ad alta voce 1 nomi degl'Invitati, eccitando così sempre di più la curiosità della folla. Erano i nomi più noti di quella specie di almanacco di Gotha, formato dall'aristocrazia e dall'alta borghesia milanese e lombarda, che era stata invitata alle nozze della signorina Giulia Maria Crespi, figlia unica di Aldo e Donna Giuseppina Crespi, col giovine conte architetto Marco Paravicini. La chiesa, di solito piuttosto buia, era illuminata a giorno da potentissimi riflettori e da centinaia di lampadine nascoste dappertutto. La luce faceva splendere 1 rari broccati che coprivano le colonne e i non meno preziosi tappeti stesi sul pavimento, e due spalliere di rose «Ofelia» — mezzo milione di rose — che dividevano la navata centrale da quelle laterali. Nella prima prendevano posto, via via che arrivavano, gl'invitati, selezionati secondo una graduatoria rigorosamente elaborata in precedenza; le due navate laterali erano invece assiepate da gente di campagna e operai: in una, rappresentanze di contadini di Merate e di altri tenimenti agricoli di proprietà Crespi, nell'altra, rappresentanze di operai delle fabbriche Crespi. All'arrivo della sposa, la folla ha tentato più volte di rom- pere 1 cordoni. Vestita con un abito dì faille bianca, corpetto attillato, brevi guanti dì camoscio, collo alto sul davanti, sottana ricchissima con leggero bombe ai fianchi, e con uno strascico di alcuni metri, la graziosa fanciulla è apparsa avvolta in un immenso velo di tulle bianco — chilometri di tulle — tenuto fermo da una coiffe de Sophie; ed è stata una rapida, quasi eterea apparizione. All'ingresso in chiesa degli sposi la cerimonia ha avuto inizio con l'« Arioso » di Haendel. Prima di raggiungere l'inginocchiatoio, tronegglante in mezzo al presbiterio, il lungo velo della sposa si è impigliato in un fascio dì rose, ma le agili mani d'una delle damigelle sono prontamente accorse a disincagliarlo; e questo è stato l'unico lievissimo imprevisto d'una cerimonia, studiata nei minimi particolari e svoltasi con una precisione perfetta, degna d'una incoronazione regale. Ha officiato Mons. Orombelli, cugino dello sposo, che, oltre ai due testimoni, lo zio conte Luchino Dal Verme e il fratello conte Giulio, aveva ai fianchi quattro giovanissimi garcon d'honneur. Testimoni della sposa, gli zii Mario Crespi e Tullio Fossati Bellani; le damigelle d'onore, in abito rosa, erano tre sue cuginette. Il «sì» è stato pronun- ciato a voce alta e decisa, sicché l'hanno potuto sentir tutti; ma gli sposi erano pallidissimi: un lieve sorriso ha sfiorato per un attimo solo il volto della sposa. All'« Arioso > di Haendel è seguito, all'inizio della Messa, un «adagio» di Vivaldi; un concerto di violini ha poi eseguito un'aria del Porpora e all'elevazione e alla comunione l'aria «Tira giù il Paradiso», e un « adagio » di Bach. Quando si sono spalancate le porte del tempio, l'organo suonava l'Inno dei Cavalieri del Santo Sepolcro di Pick Mangiagalli, « non troppo mosso, non troppo allegro ». Una Aurelia lussuosissima, colore blu Savola, ha accolto gli sposi all'uscita. I genitori hanno preso posto su una Rolls Royce e su una 1400. La lunga teoria delle macchine, preceduta da quella degli sposi, ha portato gl'invitati in casa Crespi a metà di coreo Venezia. E anche qui, folla sul marciepledi e traffico fermo. L'atrio, lo scalone, il giardino di Casa Crespi erano tutta una magnifica serra. Il pranzo — centoquaranta coperti — è stato servito nel salone da ballo di stile «Impero»; la torta era una colossale composizione architettonica. Sulla tavola d'onore, due cigni di porcellana bianca, emblema tradizionale di Casa Paravicini. Le tovaglie erano di crespo di Cina celeste pallido, sparse di rose «Ofelia»; i servitori erano in calze bianche; nel menù figuravano sogliole, pollo ed asparagi, e solo Champagne. Si dice che il valore dei doni tocchi il miliardo; ed altrettanto la dote. Il Comune avrebbe ricevuto cinque milioni per i poveri. « Un matrimonio come questo a Milano non ha precedenti » — ha concluso un vecchio nobiluomo della superstite aristocrazia lombarda, raccontando stasera le fasi della fastosa cerimonia, in casa di amici. «E — ha soggiunto uno scrittore — Carlo Porta si è perso una bella occasione ». Giovanni Titta Rosa 4*.. Lo scambio degli anelli fra 1 due giovani sposi re 1 cordoni Vestita con un della fastosa cerimonia in ca

Luoghi citati: Cina, Merate, Milano, Venezia